di Alessandro Mortarino.
La Commissione Urbanistica del Comune di Asti sta provvedendo a completare l'esame delle 133 osservazioni a suo tempo pervenute all'ormai "vecchia" variante del Piano Frazionale, alla luce dei nuovi criteri definiti dalla nuova amministrazione. Le osservazioni vengono così catalogate come "respinte", "accolte" o "parzialmente accolte" ed è presumibile che al termine determineranno un quadro decisamente meno impattante rispetto all'origine, ma pur sempre con una percentuale di nuovo consumo di suolo libero ...
Attendiamo la conclusione della disamina prima di esprimere un nostro giudizio definitivo, anche se abbiamo già formulato una nostra opinione coerente con i principi che ispirano tutto il nostro lavoro di rete sociale: questo è il momento di completare il censimento del patrimonio edilizio esistente e attualmente sfitto e, a seguire, rivedere l'intero Piano Regolatore, non continuare nel procedere all'adeguamento del solo assetto urbanistico delle ventine.
Nei giorni scorsi qualcuno ha commentato che il nuovo Piano Frazionale ha ora una sua coerenza, evita le pure speculazioni immobiliari, stimola l'iniziativa edilizia di piccole dimensioni famigliari che potrà dare nuova linfa residenziale al territorio. Vero. Ma, di fondo, a noi pare stridente un messaggio che l'assessore Davide Arri ha ribadito tra i principi basilari dei criteri di nuova adozione: "dobbiamo tenere ben presente che, prima o poi, questa crisi finirà e i nostri strumenti urbanistici devono essere pronti per la ripresa del comparto edile" ...
Lo dico senza alcun intento polemico: perchè mai "questa" crisi dovrà finire ? E perchè mai il "sistema" dovrà ritornare - tout court - come prima ?
Se non capiamo che il modello di società che abbiamo costruito e finora conosciuto potrebbe essere giunto al capolinea, e se le amministrazioni non si decidono ad orientare il futuro facendo sì che tutti gli strumenti di regolazione, controllo e pianificazione evitino di aggiungere nuove macerie, ci ritroveremo con strumenti deboli, sbagliati, false promesse.
Che il futuro dell'edilizia (ad Asti come ovunque) sia nel recupero e nel riuso dell'esistente lo dicono oramai le imprese, il maggior sindacato dei lavoratori del comparto, urbanisti, architetti, geometri e (naturalmente) i cittadini. Per non parlare delle direttive europee, che indicano il consumo di suolo zero entro il 2050 in tutta la comunità.
Cos'altro occorre per capire che non dobbiamo guardare indietro ma alzare la testa e osservare il domani, assai nitido per chi vuole vederlo ?