di Mauro Ferro (ACLI e Rete Welcoming Asti).
“Trasformiamo il futuro”. Sarebbe piaciuto molto ad Aldo Capitini, lo slogan mostrato dallo striscione alla testa della “Marcia della Pace e della Fraternità” di domenica 21 maggio scorso, tra Perugia ed Assisi.
Capitini fu, nel 1961, l’ideatore di questa marcia, ripresa poi qualche anno dopo e continuata, con cadenza biennale e con edizioni straordinarie, fino a questo 2023, carico di venti di guerra, in molti luoghi del mondo. Una marcia, quest’anno, con protagonisti i ragazzi delle scuole e delle Università, accorsi in moltissimi ad Assisi, consapevoli di essere, anche attraverso la lunga camminata, protagonisti di un antico e nuovo pensiero di pace...
La pace che si costruisce essendo ancor prima che pacifisti, dei pacificatori, dei volontari attenti alle fragilità, all’ambiente, alle mille diversità della nostra società, alle derive dei diritti nel mondo, e anche nel nostro paese. Testimoni di una politica possibile, quella del dialogo, della cura, del rifiuto, prima di tutto, delle logiche della corsa sempre più decisa agli armamenti, inscenata come l’unica possibilità di raffreddare i conflitti e, al contrario, la vera molla che, i conflitti, li alimenta.
Da Asti, grazie all’attività in questi mesi della rete Welcoming e con l’organizzazione delle ACLI, siamo partiti in 41 alla volta di Perugia. Molti altri sono rimasti a casa ma hanno idealmente camminato e cantato e pensato e discusso lungo la strada, in cammino con noi, vicini. La partenza, come sempre, dai giardini del Frontone di Perugia, da dove, appena terminati i discorsi ufficiali, ci siamo messi in cammino insieme a don Ciotti, Pagliarulo, padre Zanotelli, Bergonzoni... Un lungo corteo colorato con il cuore rivolto alla Romagna (eravamo oltre 10.000 persone, meno delle edizioni passate anche a causa della frattura provocate dalle alluvioni in Emilia, dove molti volontari e molti pacifisti hanno raccolto l’invito a prestare aiuto alle popolazioni).
Una bella, come sempre, teoria di bandieroni e cartelli portati da ragazzi e adulti. Striscioni provati dagli anni, bandiere arcobaleno nuove, portate da associazioni, reti, di scuole e poi tantissimi gonfaloni dei Comuni che aderiscono alla rete dei comuni per la pace. Mancava, dobbiamo sussurrarlo, il labaro del Comune di Asti che pure, qualche anno fa aderiva alla marcia ed era sempre presente ... un peccato, un rammarico, non essere tra i Comuni della rete (80 solo in Piemonte).
Dopo la lunga discesa la prima tappa (in realtà non ci si ferma mai) a Ponte San Giovanni, tradizionale, in altri tempi, ritrovo dei politici vicini alle posizioni degli organizzatori. Quest’anno, e anche questo occorre segnalarlo, i politici erano pochissimi, presenti in maniera non ufficiale, quasi a testimonianza che, soprattutto ora, con la guerra in Ucraina che ha sparigliato le carte anche della politica, le posizioni dentro e fuori la maggioranza di Governo a favore degli aiuti militari hanno forse suggerito a molti di girare appena gli occhi da un’altra parte…
Poi il lungo tratto di strada verso Bastia Umbra e Santa Maria degli Angeli, prima di arrivare ad Assisi dove, prima degli interventi conclusivi, è stato firmato il “Patto di Assisi”, un patto educativo con il quale scuole, università e enti locali hanno deciso di unire i loro sforzi per educarci ed educare alla pace con la cura.
Il sole prima e un vento leggero hanno aiutato i camminatori. Passi e idee, strada e relazione che diventano protagoniste. La marcia Perugia Assisi è il “luogo” ideale dove si uniscono, nel cammino, persone anche con idee e provenienze molto diverse, una marcia trasversale, come la pensò Capitini. Cattolici, laici, credenti di altre religioni, non credenti, persone e gruppi impegnati nella società, nelle scuole, nei luoghi di lavoro, a testimoniare che la pace non è una utopia per sognatori, ma una possibilità concreta, l’unica strada per provare a regalare alle generazioni future un mondo abitabile, un buon posto dove stare, dove crescere, dove creare futuro.