di Domenico Massano.
Il 24 febbraio 2023, la stessa data in cui si commemorava il tragico anniversario dell’invasione russa in Ucraina e migliaia di persone manifestavano per la Pace e contro le guerre, per una strana coincidenza si concludeva la grande fiera internazionale delle armi IDEX - NAVDEX (International Defence Exhibition & Conference – Naval Defence & Maritime Security Exhibition), che si è svolta ad Abu Dhabi negli Emirati Arabi Uniti. Gli organizzatori hanno affermato con “orgoglio” che, probabilmente grazie anche all’eco del conflitto in Ucraina, “l'edizione di quest'anno è stata la più grande nei 30 anni di storia dell'evento"...
Per le oltre 1.350 aziende espositrici provenienti da 65 nazioni, le guerre rappresentano una ghiotta occasione di profitti, tanto più che quella in Ucraina ha dato ulteriore spinta alla progressiva, ormai da anni, e folle corsa al riarmo. Aziende americane, ucraine, italiane, turche, iraniane, arabe, israeliane e tante altre esponevano, confrontavano e, soprattutto, vendevano armi gomito a gomito (o quasi).
C’erano anche i Russi nonostante le “sanzioni” e le (timide) richieste, in particolare statunitensi, di escluderli. Alla fine tutti si sono piegati al “preminente interesse economico”, accettando la posizione di “ambiguità strategica” degli Stati organizzatori della fiera e membri del Consiglio di cooperazione del Golfo (Arabia Saudita, Oman, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Qatar e Bahrain), che stanno beneficiando dell’incremento degli accordi commerciali con la Russia e dell'aumento dei prezzi portato dalla guerra in Ucraina: "Finora, è molto chiaro per loro (gli stati del Medio Oriente) un anno dopo l'isolamento della Russia che schierarsi non sarebbe nel loro interesse e quindi si rifiutano ancora di farlo", ha detto Cinzia Bianco, ricercatrice al Consiglio europeo per le relazioni estere (Reuters e CNN).
E così otto società russe, tra cui Kalashnikov e Rosoboronexport, riunite all’interno di un grande padiglione su cui campeggiava la scritta “Russia”, hanno avuto la possibilità di mostrare ad un folto pubblico fucili d'assalto, missili e droni, mentre Denis Manturov, ministro russo del Commercio e dell'Industria, descriveva la guerra in corso come una pubblicità: "Qualsiasi azione militare è ulteriormente accompagnata dall'interesse per quei prodotti, quelle armi che sono richieste in un dato conflitto militare" (TASS).
Paradossalmente poco fuori dal padiglione russo, in cui scorreva un video che esaltava la potenza dei sistemi missilistici terra-aria utilizzati per colpire le città in Ucraina, si trovava un gigantesco drone armato della compagnia turca Baykar, di quelli che svolgono un ruolo importante nella contrapposta campagna di Kiev contro la Russia.
Alcuni metri più in là si poteva poi incontrare una postazione degli Americani, presenti alla fiera delle armi con i principali conglomerati della difesa statunitense come Raytheon Technologies (RTX.N), Lockheed Martin (LMT.N) e Boeing (BA.N), che mostravano il modello di missile anticarro Javelin, mentre il sergente dell'esercito Evan Williams, raccontava di aver parlato anche con visitatori russi interessati all'arma che l'Ucraina usa con effetti letali contro i veicoli corazzati di Mosca. Nessuno stupore, nessuna inquietudine nel vedere diversi set di equipaggiamento, usati direttamente l'uno contro l'altro sul campo di battaglia, incontrarsi a pochi metri di distanza, a un anno dall'inizio del tragico conflitto in Ucraina (AP News).
Ucraina che era presente in un altro padiglione, un po' più distante, con almeno sette società sotto l'egida dell'Associazione nazionale delle industrie della difesa ucraine, o NAUDI, che mostravano al pubblico internazionale alcune delle attrezzature militari di produzione nazionale che il paese sta utilizzando: "Tutto ciò che si vede qui è collaudato nel combattimento in questo momento ed al servizio dell'esercito [ucraino]", ha detto Oleg Skliar, project manager per l'Ucraina State Kyiv Design Bureau Luch. "Vogliamo dimostrare che siamo qui e che siamo nel mercato", ha affermato Ihor Maslov, responsabile dello sviluppo aziendale presso Ukr Spec Systems, un produttore ucraino di droni fondato nel 2014, “Vorremmo condividere la nostra tecnologia ed esperienza per mostrare a tutti che abbiamo le nostre armi che usiamo in Ucraina. Dopo che avremo vinto la guerra, questo prodotto sarà popolare”.
Anche l’industria italiana era presente in grande spolvero con svariate aziende tra cui i colossi Fincantieri, Leonardo, Elettronica e Beretta nei cui stand la sottosegretaria alla Difesa Isabella Rauti si è attardata ad imbracciare e provare mitra ed altre armi portatili, dichiarando a conclusione della visita: “Quando l'Italia fornisce un prodotto ad un'altra nazione, esportiamo in tutto il mondo il potenziale della nostra industria che è ovunque apprezzata e riconosciuta". Se si pensa che le armi italiane sono usate in diversi conflitti, soprattutto in quello nel vicino Yemen, ci sarebbe da vergognarsi di queste affermazioni, mentre bisognerebbe ricordare le parole di Gino Strada, che ha esportato nel mondo cure e solidarietà, qualcosa di cui essere veramente orgogliosi: “Bisogna smettere di produrre armi, di venderle, di finanziare le guerre in tutto il mondo come fa l’Italia con lo Yemen. Abbiamo le mani sporche di sangue di migliaia di bambini morti”.
Il giornalista Gianluca Di Feo, vicedirettore di Repubblica, parlando della Fiera degli armamenti IDEX ha affermato: "Mentre nelle trincee ucraine si muore tra attacchi e contrattacchi qualcuno fa non pochi affari […] espositori russi e ucraini cercano acquirenti con un vantaggio: possono garantire, come testimonia il campo di battaglia, l'efficacia dei prodotti in vendita".
Torna in mente l’evidenza (che era stata contestata da più parti) di quanto dichiarava Papa Francesco in un’intervista rilasciata pochi mesi dopo l’inizio dell’invasione russa: “La cosa chiara è che in quella terra si stanno provando le armi. Le guerre si fanno per questo: per provare le armi che abbiamo prodotto […] Il commercio degli armamenti è uno scandalo, pochi lo contrastano”.
IDEX ha ancora una volta dimostrato che quando si tratta di fare affari (anche sulla vita delle persone) le tante difficoltà e resistenze che si incontrano a sedersi attorno ad un tavolo per negoziare la pace o, almeno, il cessate il fuoco, come d’incanto svaniscano. È evidente come i tanto sbandierati diritti umani e la presunta volontà di por fine al conflitto in Ucraina, passino in secondo piano di fronte ai vantaggi economici che, per alcuni, derivano dalle guerre. Forse bisognerebbe guardare con maggior attenzione e capacità critica a questi interessi e a queste scelte, di una malcelata e contradditoria disumanità, per comprendere meglio le origini e le motivazioni dei continui attacchi e delle censure che accompagnano chi continua a contrastare le guerre ed il commercio di armi, ed a lottare per la pace, unica strada per mantenere viva la speranza per il futuro dell’umanità.