di Giampiero Monaca.
È avvenuto ... Il 27 gennaio la giornata inizia come niente fosse, ad un certo punto la nostra bidella ci porta in classe una circolare ministeriale che emana un decreto urgente che riportava (fittiziamente) in vigore le disposizioni che nel 1938 il governo italiano impose alla scuola: espulsi insegnanti e studenti di origine ebraica o gitana.
Ho scelto di modificare il testo originale attualizzandolo nei termini più obsoleti e scegliendo nuove categorie: perché il razzismo non ha buonsenso né ragion d'essere; mai. Allora, furono deportati ebrei e zingari, in altri tempi è toccato ai neri o i curdi, ai nativi americani o ai palestinesi …
Secondo le disposizioni recapitateci, l'espulsione sarebbe toccata a tutti coloro che non avevano origini nel comune di Asti da almeno due generazioni.
Secondo le indicazioni delle leggi razziali che avevamo ricevuto, in 18 avrebbero dovuto lasciare la classe, anche la maestra. Sarebbero rimasti in 7 con il maestro.
Stupore ed amarezza nello scoprire quanti sono gli "stranieri" insospettabili, se a definire la loro diversità è il razzismo ottuso e cattivo.
Qualche lacrima e brividi (anche per noi adulti) dettata dalla scoperta dell'intensità di rapporti che ci legano.
Scoprire che le ingiustizie e le cattiverie si basano anche sull'omertá dei semplici: quando chi potrebbe intervenire e denunciare, rinuncia per timore o disinteresse o noia.
Ecco alcuni loro pensieri e riflessioni raccolte a caldo.
Avevo paura di dover andare via.
Non volevo perdere i miei compagni.
Non capivo perché il maestro non si opponeva ad obbedire a un ordine cattivo: lui ci dice sempre che bisogna opporsi alle ingiustizie.
Io rimanevo, ma la mia migliore amica se ne doveva andare via.
Io non mi sento in pace se anche i miei compagni non sono felici.
Libertà è stare bene tutti.
Per noi è stato triste all'inizio, ma alla fine ci è sembrato giusto vivere questa esperienza perché per tantissime persone è stata la realtà e lo è ancora oggi.
Ci siamo scoperti indispensabili gli uni agli altri.
Siamo noi a dover fare in modo che non succeda mai più.
Alla fine, per liberarsi del peso dell'ansia, ascoltando la canzone "Il mio nome è Mai più" e cantando" Il mondo che vorrei ", abbiamo ridotto quelle orribili disposizioni razziste in piccoli coriandoli riducendole in cenere in un catartico rogo per celebrare la voglia di sentire gli altri, di essere insieme a loro, uniti come le dita di una mano.
Ecco la nostra giornata della memoria ... futura.
La storia ci insegna (ed impegna) a rendere migliore il futuro.