A cura del Movimento Nonviolento.
Il dibattito estivo sull'obbligatorietà del Servizio Civile, aperto da una forza politica che dell'egoismo ha fatto la propria bandiera politica (secessione, xenofobia, frontiere, espulsioni, ecc.), è stato accolto persino da esponenti del governo e da sedicenti maître-à-penser della sinistra, come se si trattasse di una cosa seria.
Conviene, dunque, mettere le cose a posto, per quel che sono nella realtà ...
Gli obiettori di coscienza, pionieri e fautori dell'idea stessa di “servizio civile”, come servizio reso alla Patria in alternativa al servizio militare, si sono sempre battuti contro la coscrizione obbligatoria, la leva, la naja, viste come moderne forme di schiavitù, che obbligavano il cittadino a trasformarsi in “soldato” (al soldo dello Stato, etimologicamente: chi opera per denaro). In tutti i paesi del mondo gli obiettori si sono sempre rifiutati di apprendere il mestiere della guerra, ma si sono anche opposti all'idea stessa di obbligatorietà del servizio armato.
Quando, nel 2000, in Italia venne approvata la legge di sospensione del servizio militare obbligatorio, la considerammo anche una nostra vittoria, coronata dalla sentenza della Corte Costituzionale nel 2004 su alcune questioni di legittimità costituzionali riguardo al servizio civile, rimarcando ulteriormente che il dovere, sancito dalla carta costituzionale, dei cittadini alla difesa della patria potesse essere assolto in maniera equivalente con modalità diverse e/o estranee alla difesa militare. La differenza tra obbligo (ad es. pagare le tasse) e dovere (ad es. difendere la patria) è sottile ma giuridicamente sostanziale.
“Noi siamo quindi favorevoli ad un servizio civile come dovere di difesa della patria e siamo contrari all'arruolamento obbligatorio. E non sarà un caso se ormai tutti i legislatori europei si sono espressi in questo modo” - dice Mao Valpiana, presidente del Movimento Nonviolento.
Parlare oggi di servizio civile obbligatorio è una contraddizione rispetto all'evoluzione normativa attuale. Più realistico sarebbe immaginare un servizio civile universale (termine forse inadeguato, ma che nell'accezione comune della politica significa “aperto a tutti coloro che desiderano accedervi”); questa sarebbe certamente l'opzione da prediligere e che il governo dice di voler perseguire, salvo poi smentirsi nei fatti, con finanziamenti messi a disposizione che limitano le posizioni di servizio civile a meno di 50.000 (compresa garanzia giovani, che poco ha a che fare con il servizio civile), cioè alla metà del prevedibile bacino d'utenza dei giovani desiderosi di impegnarsi in quest'esperienza, che sono circa 100.000 all'anno.
Il vero dibattito serio da svolgere, sarebbe quello sulla qualità attuale del servizio civile. “Lo dice la stessa Legge istitutiva: il servizio civile è finalizzato a concorrere alla difesa della Patria con mezzi ed attività non militari. Non può essere, dunque, un generico servizio di solidarietà o assistenziale, ma deve essere riferito esplicitamente alla difesa del territorio e della comunità dai pericoli che oggi ci minacciano – aggiunge Pasquale Pugliese, segretario del Movimento Nonviolento.
In questo senso va la Legge di iniziativa popolare per l'istituzione di un Dipartimento della difesa civile, non armata e nonviolenta, promossa dalle principali reti pacifiste, nonviolente, disarmiste, sostenuta dalle firme di oltre 50.000 elettori e depositata alla Camera dei Deputati.
Il servizio civile viene organizzato in convenzione tra lo Stato (che ne determina i finanziamenti, i tempi, le modalità di controllo) e gli Enti accreditati (che ne determinano i progetti, la formazione, il monitoraggio). Dunque lo stato promuove e gli Enti organizzano questa forma di difesa della patria, mettendo a disposizione le loro strutture che ospitano i giovani volontari. Se c'è una novità da introdurre nell'organizzazione del servizio civile nazionale sarebbe proprio quella di riconoscere pienamente agli Enti il loro ruolo attivo nella difesa nazionale e formatore dei giovani difensori.
L'unica obbligatorietà che riconosciamo è quella di rispettare pienamente la Costituzione italiana.
Movimento Nonviolento