di Edoardo Romito, Coordinatore Giovani Comunisti Asti.
Anche quest'anno è giunta la ricorrenza del 25 Aprile e come spesso succede, diventa prima di tutto un momento di riflessione personale su ciò che è e su ciò che è stato. Sentir parlare chi quel periodo l'ha vissuto non può che aiutare e stimolare questo processo. E così è stato, le parole rivolte a noi giovani riguardo alla libertà fanno pensare a questo: il fascismo è stato anche e soprattutto un regime dove le violazioni delle libertà facevano crescere i ragazzi soggiogati ad un solo modo di pensare, quello del regime, o meglio spinti a non pensare ...
Tutto questo non solo facendoli crescere in scuole controllate, ma soprattutto attraverso i media, che trasmettevano slogan che facevano scaturire dall'animo umano i più bassi istinti di egoismo. E questo mi fa pensare come oggi le cose non siano del tutto diverse: naturalmente le forme di espressione sono cambiate e probabilmente si sono evolute; anche l'attacco alla scuola in che altro modo può essere classificato, se non un attacco alla libera formazione di menti autonome ed indipendenti?
Per questo non mi trovo d'accordo quando si dice che il 25 Aprile non deve essere un giorno “politicizzato”: cosa c'è di più politico della Liberazione dal Regime Fascista? Certo non deve essere strumentalizzato, ma questo non impedisce un attacco ad istituzioni che non pensano ad altro, se non a difendere lo status quo.
Credo per tutte queste ragioni che non si possa più ignorare che il revisionismo su quello che è stato sia ormai diffuso e largamente accettato. Non possiamo accettare il troppo frequente accostamento tra Fascisti e Partigiani, come se l'unica cosa che li differenziasse fosse lo schieramento a cui avevano deciso di appartenere, dimenticando che dietro a certe scelte ci sono dei valori e degli ideali e che, quindi, si accostano valori incompatibili.
Dobbiamo perciò iniziare un lavoro che metta di nuovo al centro le differenze di campo, raccontando storie che troppo spesso i libri di Storia dimenticano, perché troppo occupati a rispettare un programma dettato da certe Istituzioni.
Approfittiamo della testimonianza di chi l'ha vissuto, di modo che anche quando non ci sarà più chi può raccontare esperienze dirette, noi sapremo tramandarle in modo corretto ed esaustivo.
Propongo, quindi in prima battuta all'Anpi e all'Istituto Storico della Resistenza e poi a tutti quelli che come associazioni o singoli volessero unirsi, a progettare e proporre alle scuole una serie di incontri, seminari, conferenze, che vadano a riportare al centro della discussione il ruolo fondamentale che i Partigiani hanno avuto nella Liberazione.