Lavoro nero, caporalato, nuove schiavitù

A cura di Libera Asti.

Si è svolto mercoledì 13 novembre nel salone dei Congressi della fondazione Goria il secondo incontro del corso di formazione organizzato da Libera Asti “Dalla parte della Costituzione. Educare alla giustizia sociale per prevenire mafie e corruzione”. Titolo dell’incontro “Lavoro nero, caporalato, nuove schiavitù”...

Intenso e seguitissimo l’intervento di Marco Omizzolo, sociologo Eurispes e docente di Sociologia delle migrazioni all’Università Sapienza di Roma, che da anni approfondisce le questioni dello sfruttamento lavorativo, della tratta, delle agromafie.
Ci ricorda che il fenomeno del caporalato non è circoscrivibile al mercato del lavoro ma definisce la qualità della nostra stessa democrazia, in quanto va a ledere un diritto costituzionale. E la tutela del diritto al lavoro deve implicare un processo di inclusione, crescita ed emancipazione.

La sua testimonianza è  resa ancora più potente dal racconto dell’esperienza immersiva di oltre un anno e mezzo all’interno della comunità Sikh di Latina, che lo ha portato a condividere le condizioni di questi moderni schiavi. Lavoratori che trascorrono sui campi 14 ore al giorno, per qualche euro all’ora, senza tutele e dignità, costretti a “chinare il capo e fare tre passi indietro ogni volta che si rivolgono al ‘padrone. È lo stesso linguaggio a definire i rapporti di forza, lo stato  di subordinazione e vulnerabilità in cui sono tenuti. Nel momento in cui i lavoratori acquisiscono strumenti espressivi e cominciano a prendere coscienza della loro individualità cambia anche il loro modo di indicare se stessi e le persone che li sfruttano. Per aiutare le vittime dello sfruttamento bisogna condividere con loro spazi e tempi, fornire strumenti interpretativi, aiutarli a prendere coscienza dei loro diritti affinché possano decidere autonomamente la direzione del loro cammino.

Grazie a questo percorso di emancipazione gli indiani Sikh di Latina il 18 aprile 2016 hanno organizzato il più grande sciopero di immigrati impiegati in agricoltura, un punto di svolta che ha determinato una risposta a livello legislativo, la legge 199/16. Buona legge che ha portato a un aumento delle denunce e dei processi che però spesso non si concludono con sanzioni significative.  
Servirebbe lavorare di più sulla prevenzione, occorrerebbe un cambio di prospettiva a livello civile ed etico. La Costituzione dovrebbe ridiventare l’albero motore della nostra società.
Invece negli ultimi 20 anni assistiamo all’emergere di una sorta di revisionismo culturale e storico, all’affermarsi di una logica segregazionista. D’altra parte è evidente che una norma da sola non può fermare in modo definitivo pratiche, comportamenti, interessi, modalità di reclutamento di manodopera e di loro impiego, radicalmente inseriti nel sistema economico nazionale.

Il carattere sistemico dello sfruttamento del lavoro è dimostrato dalla diffusione del caporalato in zone in cui le aziende fatturano milioni di euro. Ce lo spiega Luca Rondi, autore di un'inchiesta per Altreconomia su “Il sistema Langhe e il lavoro nero tra i vigneti più ricchi d’Italia”. Le grandi aziende riescono a mascherare lo sfruttamento attraverso un meccanismo sofisticato che richiede l’intervento di professionisti capaci di nascondere il “nero” nelle pieghe della legalità.

Restando al Piemonte del caporalato, l’attivista Antonio Olivieri e il ricercatore Boris Pesce ci portano a Castelnuovo Scrivia, in provincia di Alessandria, dove il lavoro di raccolta nelle campagne è affidato da anni a lavoratori stagionali provenienti soprattutto dal Nord Africa. Nel loro libro “Schiavi mai” ci raccontano la storia della clamorosa rivolta bracciantile del 2012 quando quaranta braccianti marocchini si erano ribellati alle pesanti condizioni imposte da un terribile ingranaggio economico fondato sullo sfruttamento. Ma dopo 10 anni i braccianti  aspettano ancora che sia fatta giustizia.

Natalie Sclippa, giornalista de la vialibera moderatrice dell’incontro, ha chiuso i lavori presentando brevemente la sua inchiesta sulla mafia dei pascoli in Abruzzo. Organizzazioni mafiose, imprenditori e colletti bianchi truffano l’Unione Europea per milioni di euro e a farne le spese sono l’ambiente e i piccoli pastori.

Il terzo e ultimo incontro del corso dal titolo “Ecomafie e crimini d’impresa”, basato sull’articolo 9 della Costituzione, si terrà il 20 novembre nella stessa sede.

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