Intervento di Marco Omizzolo alla manifestazione pubblica tenutasi a Latina in memoria di Satnam Singh, morto per schiavitù.
Non è la prima volta che ci troviamo qui, per fatti, uomini, storie, donne che in questa provincia e non solo, da vent’anni non “lavorano” ma vengono sfruttati, ridotti in schiavitù, umiliati come persone, obbligati a chiamare “padrone” il datore di lavoro, ad assumere sostanze dopanti per reggere lo sfruttamento, obbligati a subire violenze di diversa natura, non è questa l’Italia democratica fondata sul lavoro recitata dalla nostra carta costituzionale. Dobbiamo ribellarci insieme: qui c’è una comunità di donne e di uomini, di persone, che stanno organizzando una nuova resistenza, con loro dobbiamo cambiare questo paese. Ci sono persone che si sono costituite parte civile nei processi, c’è un’attività di denuncia quotidiana. Vanno sostenute perché ciò che è accaduto a Satnam Singh, a sua moglie e alla sua famiglia, non abbia più a ripetersi, qui e ovunque...
Dobbiamo ribellarci, ce lo ha insegnato Pietro Ingrao, indignarci non basta. Vorrei invitare l’attuale ministro dell’agricoltura a incontrare Balbir Singh, che ha lavorato per sei anni, a pochi chilometri da qui, come uno schiavo, retribuito cento-centocinquanta euro al mese, picchiato e minacciato con una pistola. Il ministro che dice che i poveri mangiano meglio dei ricchi sappia che Balbir si nutriva con gli avanzi che il padrone buttava ai maiali e alle galline. Vorrei che il ministro avesse il coraggio di incontrare queste persone e queste storie, e poi chiedere scusa. Il nostro compito è di non mollare questa battaglia, di continuare, di accelerare, di chiedere la cancellazione della Bossi-Fini, delle logiche che hanno ispirato i decreti sicurezza, il decreto Cutro, i decreti flussi.
Bisogna cambiare la legge sulla cittadinanza, è un elemento centrale: Satnam Singh non votava, il padrone di Satnam Singh votava, esprimeva il suo voto. E lo esprimeva ai soliti e alle solite note che stanno al potere, che dichiarano poi che chi produce non deve essere disturbato, che dichiarano che i controlli non si devono fare.
Qualcuno che si è permesso addirittura di dire che lo sfruttamento è un’invenzione e che il caporalato non esiste, anche questi non solo si devono vergognare ma non devono essere più votati. Insieme, con la massima determinazione possibile, proprio da questa piazza, che si chiama Piazza della libertà, della nostra libertà e della nostra resistenza, continuiamo questo cammino di lotta insieme. Vinceremo ne sono sicuro, vinceremo, perché è più forte la democrazia di questo fascismo, è più forte la nostra democrazia di questo sistema padronale.
L’ultima fondamentale proposta: la costituzione di una Procura nazionale contro lo sfruttamento, contro la tratta, contro il caporalato, dobbiamo avere il coraggio di dare una lettura univoca per uscire dal localismo, perché più nessuno e nessuna possa essere sfruttato, nel nostro Paese e nel mondo intero.
Marco Omizzolo è sociologo, scrittore, esperto di migrazioni, di integrazione, di religioni, di diritti umani. Nel 2010 si infiltra come bracciante nelle campagne pontine al seguito di varie squadre di lavoratori, sotto caporale indiano e padrone italiano, allo scopo di vivere e studiare l’esperienza del caporalato e del grave sfruttamento lavorativo.