di Paolo X Viarengo.
In questi giorni mi è giunta notizia che nel Saluzzese ci saranno seri problemi per la raccolta della frutta. Anche la vendemmia, dalle nostre parti avrà serie problematiche per il reperimento di mano d’opera. Ho chiesto in giro il perché ed ho provato a capire. Errore che spesso faccio e che mi costerà, prima o poi, il fegato. La risposta più comune è stata che, a causa del covid19, gli extracomunitari non calano più ad invadere il nostro paese e a rubare il lavoro agli italiani ma stanno chiusi a casa loro, causa restrizioni imposte o prudenza personale. E, vista l’attuale situazione italiana e piemontese in particolare, non si può dar loro torto...
Quindi, niente più macedoni a lavorare nei nostri campi. Al posto degli italiani, come dice qualcuno. Niente più mau-mau che vanno in bicicletta per le nostre strade, palestrati e con telefonino. Niente più negri, e riscrivo negri, che vanno con giubbotti ad alta visibilità su biciclette fornite loro da associazioni che sanno di cosa si sta parlando, per proporsi a lavorare nelle aziende agricole. Palestrati, perché la loro palestra è stato l’attraversamento del deserto. I campi di concentramento libici. I barconi. I chilometri fatti a piedi, prima delle biciclette, per cercare un lavoro. In nero, come loro. Sottopagato. Perché loro non esistono. Perché loro non vengono regolarizzati. Perché nessuno, che ragiona sulla base degli slogan di Facebook, voterà mai chi dovesse chiedere di regolarizzarli per poi dover loro fare un contratto. Pagargli i contributi. Dargli sicurezza sul lavoro. Orari giusti. Paga giusta. Diritti e dignità.
E quel poco che guadagnano, in base a quanto lavorano, serve loro per mangiare e vestirsi e il di più lo mandano alla famiglia in Africa. Come lo mandano? Col telefonino. Per questo tutti ce l’hanno. Le transazioni monetarie Europa-Africa si fanno con i telefonini. Altri extracomunitari, invece, esistono ma non godono certo di maggiori diritti.
In agricoltura, si sono inventati i voucher per questo. Un tempo si compravano in tabaccheria e venivano dati al lavoratore in base alle ore lavorate. Prima o dopo la giornata lavorativa, non importa. Se poi, al termine della giornata, non erano arrivati controlli e ci si dimenticava, pazienza: l’extracomunitario che viene in Italia a rubare il lavoro agli italiani verrà regolarizzato la prossima volta. Pagato il giusto la prossima volta. Usufruirà dei suoi diritti di uomo, persona e lavoratore, la prossima volta.
Ora questo tipo di voucher non c’è più. Ce n’è un altro un tantino più complesso che prevede l’invio informatico dei dati del lavoratore prima della sua giornata lavorativa e, quindi, non molto ben visto.
Una cosa, però c’è sempre stata: i Contratti Collettivi Nazionali. Ridiscussi alla scadenza dalle parti sociali. Applicabili a tutti i lavoratori del comparto agricolo. Così’ come di quello alimentare, servizi, industria, artigianato e quant’altro. Perché i voucher allora? Un “aiutino” al nostro comparto agricolo così massacrato ed impoverito? Un “aiutino” sulla pelle delle lavoratrici, dei lavoratori e degli extracomunitari?
Ma davvero?
Ma ci siamo bevuti il cervello sul serio tutti quanti? L’agricoltura va aiutata. Sostenuta. E’ il settore primario, quello che ci dà da mangiare ed è indispensabile. In questi giorni abbiamo fatto a meno di ingegneri, commercialisti, notai, avvocati che meritano tutto il rispetto di tutti ma, si è visto, non sono indispensabili.
Se lo studio notarile è chiuso, ci vado un’altra volta e posso aspettare. Se al supermercato non trovo la farina, dopo un po’ muoio. Questa è l’agricoltura. Tutti quelli che ci lavorano sono eroi, al pari di medici ed infermieri: ci salvano la vita anche loro. Il personale sanitario ce la sta salvando ora, rischiando la propria, sfruttato e gettato in trincea senza armi. I lavoratori dell’agricoltura ce la stanno salvando da sempre. Gettati in trincea senz’armi. A rischiare la vita su un trattore. Su un tamagnone. Con una sega elettrica. Tutti i giorni.
Vanno aiutati e sostenuti, non istigati a delinquere con sotterfugi burocratici per sfruttare il prossimo. Nella classica guerra dei poveri che tanto piacere fa a chi povero non è. Vanno formati e finanziati. Gli si devono fornire gli strumenti per lavorare in armonia con la Natura, senza propinargli prodotti che se da un lato fanno crescere le piante grasse e senza erbacce, dall’altro impestano tutto e noi ce li mangiamo. I loro prodotti vanno comprati ad un giusto prezzo e non vanno costretti a trovare escamotage o sotterfugi, il più delle volte dannosi per la salute, al fine di abbassare i prezzi e riuscire così anche loro a sopravvivere. I loro prodotti non vanno distrutti quando ce ne sono troppi e il loro prezzo cala. Latte versato per strada o arance distrutte in quanto non valevano più nemmeno il costo di produzione, in base all’idiozia della domanda e dell’offerta. L’unica legge non scritta e l’unica a cui ci atteniamo sempre alla lettera senza trovare scorciatoie. Come buoi. L’ho già scritto: se una cosa la vogliono tutti se la devono dividere e non se la prende il più ricco e prepotente.
Se di una cosa c’è’ abbondanza, meglio per tutti: è cretino distruggerne un po’ per fare aumentare il prezzo. Anche l’agricoltura va ripensata e sottratta alle logiche di un mercato che ha già fatto fin troppi danni. All’uomo. All’ambiente. Alla Madre Terra. A tutti noi.
Va ripensata in un'ottica di sostenibilità e giusto prezzo ai prodotti. In un'ottica di colture diversificate e non di monocolture. In un ottica di diritti umani e sociali non calpestati per produrre di più. Guadagnare di più. E poi?
Una volta che hai tutto tu cosa farai?
Mi viene in mente il verso della canzone “Stranamore” di Roberto Vecchioni: “ed il più grande conquistò nazioni dopo nazioni, e quando fu di fronte al mare si sentì un coglione, perché più un là non c’era da conquistare niente. Solo un sole disperato.”