L’ instancabile ministro Brunetta, che una ne fa e cento ne pensa, ha scoperto che in Italia le donne non godono, quanto al sistema pensionistico, di condizioni di parità. Solo in questo campo ?
I sindacati denunciano da anni e avanzano proposte e richieste, per rimuovere ogni possibile ostacolo al conseguimento pratico di tutti i diritti di parità, a partire dalle condizioni di lavoro.
Appare dunque stravagante l’idea geniale della nostra novella Sibilla veneziana, dotata di preveggenza e di saggezza senza pari: alzare l'età pensionabile di tutte le donne lavoratrici, a 65 anni ! ...
In presenza di reazioni contrarie, anche dalla sua parte politica, corregge il tiro e propone di innalzare l’età della pensione SOLO ALLE LAVORATRICI DEL PUBBLICO IMPIEGO: TANTE GRAZIE PER LA PREFERENZA, SIGNOR MINISTRO !
Il Ministro sembra non voler concedere tregua alle dipendenti pubbliche. Dopo la restrizione dell’utilizzo del par-time, la proposta di modificare restrittivamente l’utilizzo della legge 104, la riduzione degli stipendi e la relativa “reclusione” in caso di malattia, il rinnovo contrattuale con aumenti ben al di sotto dell’inflazione, egli si propone ora di innalzare l’età pensionabile. Eppure egli dovrebbe sapere che la stragrande maggioranza delle donne che lavorano sono occupate nell’impiego pubblico e, in molti casi, in settori socialmente rilevanti quali: assistenza agli anziani, quella ospedaliera, negli asili nido, nella scuola e così via
I lavoratori della Pubblica Amministrazione italiana sono tra i più vecchi nella Unione Europea. Solo l’8% dei lavoratori pubblici ha meno di 35 anni, erano ben il 30% nel 1990. Se una necessità emerge con forza è quella di svecchiare, anche anagraficamente e non solo nelle procedure, nelle norme, nella tecnica e così via, la Pubblica Amministrazione.
Il problema dell’Italia è quello di rimuovere gli ostacoli che impediscono ad una vasto numero di donne di poter accedere al lavoro, in primo luogo nel settore privato.
In secondo luogo, è indispensabile favorire, anche attraverso norme contrattuali proprie, la parità di trattamento economico, di sviluppo di carriera, di ogni altro aspetto nella vita lavorativa e sociale.
In terzo luogo occorre, oltre alla riforma del welfare, favorire investimenti in strutture sociali che siano in grado di promuovere insieme ad una crescita della società, la “liberazione” della donna da tanti vincoli familiari e sociali che ne impediscono la piena realizzazione: asili nido, tempo pieno nella scuola, assistenza domiciliare agli anziani ed ai portatori di handicap, ecc..
Quanto alla proposta del ministro relativa al sistema pensionistico, va da se che essa deve essere discussa con i sindacati dei lavoratori e con il sistema delle imprese. Il sistema pensionistico è forse la più importante conquista sociale del XX secolo. Minacciarne continuamente la sua efficacia di protezione sociale e di garanzia per tutti i lavoratori, è miope e controproducente: aggiunge ulteriore insicurezza alle tante che già operano in un periodo di grave crisi.
Sappia, il ministro, che noi “qui siamo e qui restiamo”. I sindacati non accetteranno provvedimenti unilaterali e, nel caso malaugurato ciò avvenisse, la risposta sarà particolarmente dura e determinata.
Grato per l’attenzione.