Commento di Thomas Antoniotto (diciottenne al quinto anno della Scuola Superiore di Alba) al nostro articolo "Ora o mai più...".
È da quasi 70 anni che la scienza ha scoperto quali sono le cause e le conseguenze dei cambiamenti climatici, e nonostante ciò siamo arrivati alla difficile situazione attuale… se davvero in soli 8 anni si riuscirà ad arrivare ad una società “green”, sarà un vero e proprio miracolo.
Certamente la transizione dai combustibili fossili alle energie rinnovabili è una grande opportunità per ridurre le disuguaglianze, ma siamo sicuri che la società desideri DAVVERO eliminare le disuguaglianze? Oppure è uno degli obiettivi che tutti vogliono ma per i quali nessuno è disposto a darsi da fare con il risultato che in fondo, segretamente, le disuguaglianze ci fanno “comodo”, ci piacciono (finché siamo noi i “superiori” a qualcun altro ovviamente)?...
A parole siamo tutti a favore dei poveri, a favore di un mondo più giusto, ma purtroppo la stragrande maggioranza delle persone dona ai bisognosi soltanto ciò di cui vuole sbarazzarsi (ammesso che lo faccia) e sono veramente pochi coloro che rinunciano a qualcosa per un mondo migliore.
In una società più giusta tutti staremmo meglio, ma a quanto pare è un concetto troppo difficile da capire. Teniamo conto che abbiamo a che fare con persone che non riescono nemmeno a tenere in mano un proprio rifiuto in attesa di trovare un cestino ma lo gettano immediatamente per terra (che non è ambientalismo, ma buona educazione), che non riescono a fare l’immenso sforzo di girare la chiave della macchina per spegnere il motore durante le soste, e che fanno in macchina spostamenti inferiori ai 500 metri salvo poi spendere un capitale in palestre e cure dimagranti… in parole povere: abbiamo a che fare con la creatura più stupida mai comparsa sulla faccia della terra, quindi non ci si può aspettare molta intelligenza da parte della popolazione.
In questo senso un contributo significativo potrebbe darlo una buona istruzione/educazione all’ambiente e al vivere civile: al momento l’istruzione pubblica non prevede programmi di questo tipo (a quanto pare imparare poesie a memoria e studiare i popoli della Mesopotamia per ben 3 volte durante la scuola dell’obbligo è ritenuto più importante per istruire i cittadini del futuro…) ma per fortuna ci sono molte associazioni che si dedicano con impegno alla sensibilizzazione delle nuove generazioni. E’ questo l’unico modo per creare una società più giusta, non ci sono alternative valide.
Negli ultimi anni il dibattito sul clima è diventato una cosa di tutti i giorni: tutti ormai sanno di che cosa si tratta e i pochi negazionisti rimasti o hanno interesse a negare l’evidenza oppure sono ignoranti all’inverosimile. Tuttavia non vedo notevoli cambiamenti negli stili di vita, nessuno è disposto a fare qualche piccola rinuncia o modificare qualcosa nelle proprie abitudini, neanche nei casi in cui questo cambiamento porti importanti benefici (basti pensare ai fumatori: sanno che fa male a loro stessi, le sigarette hanno un costo non indifferente eppure fumano, il concetto è questo). Tutti sappiamo ma nessuno agisce, poiché siamo sempre pronti ad incolpare qualcun altro. In un classico dialogo tra due persone comuni sul clima si giunge sempre alla conclusione che i due interlocutori siano santi e il resto dell’umanità colpevole (i politici/le industrie dovrebbero… il mio vicino di casa/il mio collega inquina molto più di me, lui sì che dovrebbe cambiare qualcosa).
Analizzando attentamente questa situazione, si giunge alla conclusione che quasi nessuno si impegna per il clima poiché i comportamenti virtuosi vengono visti come una fastidiosa imposizione “dall’alto”, una perdita, una rottura di scatole, una privazione a cui sottrarsi quanto possibile. Questo è causato soprattutto da una grande ignoranza e in queste circostanze appare assolutamente utopistico, ad esempio, abolire l’ereditarietà della proprietà.
A parer mio c’è un solo modo per ridurre la disuguaglianza della società e costruire un mondo più giusto: come suggerito nell’articolo:
1) RENDERSI CONTO DELLA PROPRIA INFELICITA’;
2) VIVERE PIU’ FELICEMENTE, E SOPRATTUTTO PIU’ TRANQUILLAMENTE;
3) EDUCARE LE NUOVE GENERAZIONI ALLA VERA FELICITA’.
Quasi tutti i sogni dei nostri nonni si sono realizzati (elettrodomestici, automobile, istruzione gratuita, vacanze, aspettativa di vita elevata…) eppure attualmente, nel benessere, siamo molto più infelici di 60 anni fa. Abbiamo tutte le comodità, eppure siamo sempre di fretta.
Immaginiamo di dover fare a meno tutto ciò che ora fanno gli elettrodomestici: lavare i vestiti a mano, muoversi senza automobile, non avere l’acqua corrente in casa. Gli elettrodomestici fanno tutto questo per noi quindi in teoria dovremmo avere ore e ore di tempo libero, eppure il tempo non basta mai, siamo perennemente di corsa e insoddisfatti. Dove finisce tutto questo tempo? Viviamo nell’abbondanza, eppure non possiamo dirci felici. Ecco, quando ci renderemo conto che avere l’ultimo modello di cellulare, la macchina nuova, gli armadi strapieni di vestiti non ci hanno resi felici come aveva promesso la pubblicità, allora questo sarà il primo passo per un mondo migliore. Non mi soffermo neanche sui modi più assurdi di cercare la felicità quali possono essere fumo, droghe e alcol, poiché gli effetti nefasti di questi comportamenti sono noti a tutti.
In fondo l’inquinamento, l’accumulo di denaro fine a sé stesso sono solamente modi con cui le persone tentano di raggiungere la felicità, perché alla fine è quello l’obiettivo vero di ciascuno di noi.
Cos’è la causa della mia infelicità? Quali sono i comportamenti con cui cerco di essere felice, ma senza successo?
Nel momento in cui ci renderemo conto che molti degli impegni che occupano le nostre giornate in realtà sono inutili, e che molte delle attività che intraprendiamo di nostra volontà per renderci felici alla fine ottengono l’effetto opposto, allora ci accorgeremo che in realtà per essere felici basta molto meno, l’inquinamento e le disuguaglianze si ridurranno e riusciremo a trovare un po' di tempo per fare ciò desideriamo davvero. Faccio alcuni esempi.
E’ davvero necessario trascorrere le vacanze in costose crociere nei mari tropicali o in frettolosi viaggi “mordi e fuggi” correndo in pochi giorni da una città d’arte all’altra? Oppure la qualità della vacanza andrebbe misurata piuttosto dal rapporto che si ha con le persone e dalla giusta combinazione tra riposo e attività? Entrando in quest’ottica, una settimana trascorsa a casa può essere più divertente e rilassante di un viaggio dall’altra parte del mondo.
Nella società di oggi possedere di più è considerato sinonimo di una vita felice e realizzata. Avere molte case grandi e lussuose, molte macchine sempre dell’ultimo modello, cellulari e dispositivi elettronici moderni, armadi pieni di vestiti può sembrare bello, ma in realtà c’è un aspetto negativo da valutare: tutte queste cose vanno mantenute e “amministrate”. A che serve avere una piscina privata, se poi è più il tempo dedicato a pulirla, dosare il cloro, disinfestarla da alghe e insetti rispetto al tempo in cui possiamo veramente godercela? O avere numerose case al mare e in montagna, che però ben presto si trasformano da piacere in obbligo (bisogna andare sempre nello stesso posto, bisogna pulirle e mantenerle regolarmente…)?
Un altro dei maggiori “mangiatempo” della nostra epoca sono internet e i social network. Occorre darsi una regolata: non si può passare la propria giornata a seguire e osservare costantemente che cosa fanno i nostri conoscenti e far sapere loro che cosa stiamo facendo, seguire celebrità che non ci degneranno mai di uno sguardo o comunicare con sconosciuti sempre in cerca di “like” e approvazione. Internet deve essere un mezzo, non una finalità.
Anche il lavoro sotto questo aspetto merita una riflessione. Lavorare è necessario per vivere, ma il problema insorge quando si “vive per lavorare, per guadagnare”. Molto spesso infatti trascorriamo le giornate a lavorare sempre di più, il che è una cosa giusta, tuttavia il denaro guadagnato lo spendiamo in oggetti inutili e in assolute stupidaggini, rendendo così “inutile” anche il tempo dedicato a guadagnare questo denaro. Il lavoro ottiene significato quando si lavora per soddisfare i propri bisogni elementari, per mettere da parte soldi da utilizzare per ragioni valide, o anche per soddisfare i propri desideri, stando però molto attenti a distinguere bene i desideri “veri” da ciò che invece desideriamo soltanto per apparire, per essere come gli altri, per seguire le mode.
Quando una persona si rende conto di che cosa ha veramente senso nella vita, riduce l’inutile e il superfluo e dà un significato autentico al proprio lavoro, allora troverà sicuramente del tempo libero. Tempo libero che non significa noia da occupare con passatempi stupidi e insensati, ma tempo da dedicare agli amici, ai figli, ad attività utili per la società o anche semplicemente al riposo. In parole semplici, tempo da dedicare a ciò che rende la vita “degna di essere vissuta”.
E’ di fondamentale importanza educare le giovani generazioni a questa mentalità più libera dalle preoccupazioni materiali. I bambini oggi intorno a sé vedono solamente i genitori sempre di corsa per mantenere uno stile di vita insostenibile, la TV e internet trasmettono l’idea che per sentirsi realizzati occorra guadagnare sempre di più, che la felicità si trovi nell’acquisto e nel consumo di oggetti. Non potendo influenzare la TV e internet, e vista la difficoltà ad inserite percorsi di questo tipo nelle scuole, l’unico modo è agire tramite i genitori.
La stragrande maggioranza dei genitori di oggi sembra non abbia più tempo da dedicare ai propri figli. Oltre agli impegni consueti, quali sono lavoro e gestione della casa, si sono aggiunti i social network e la gestione, accumulo e consumo di beni inutili e insignificanti. Inoltre molti genitori cercano di dedicarsi ai figli soddisfacendo ogni loro capriccio: si fanno in quattro per acquistare tutto ciò che desiderano e portandoli al maggior numero possibile di improbabili corsi di sport, musica, pittura e qualsiasi altra cosa. In realtà basterebbe molto meno. Dedicare del tempo ai figli significa trascorrere del tempo INSIEME ai figli, facendo cose che talvolta possono apparire inutili come giocare, stare all’aria aperta, conoscere il mondo e la natura. Da adulti, i figli non si ricorderanno del corso di equitazione o del nuovo videogioco, ma conserveranno ricordi dei giochi con amici e genitori. Non si ricorderanno delle domeniche trascorse al centro commerciale ad acquistare nuovi vestiti, scarpe e cellulari, ma piuttosto si ricorderanno con piacere di qualche gita interessante o delle esperienze che li hanno incuriositi e soddisfatti.
Ammesso che le abbiano vissute, ovviamente.