A volte, di notte, sento abbaiare il cane di via Eusebio Garizio.
Lo sento fin da quando sono nata e sicuramente abbaiava già prima che io nascessi.
Non so bene che aspetto abbia: mi fa pensare ad un meticcio di mezza taglia con le orecchie e il muso a punta, il pelo più rosso che marrone, non particolarmente ben riuscito.
Abbaia perché è a guardia di una casetta fine ‘800 o inizi ‘900, con un piccolo giardino seminascosto dalla cancellata e dalla siepe. Lo fa perché è suo dovere.
O almeno questo è lo scopo manifesto. Perché poi c’è dell’altro nel suo abbaiare, da sempre ...
Me ne stavo e me ne sto nel mio letto ad ascoltarlo ed ecco che la notte si dilata: come se avessi il fiuto del cane, posso annusare tutte le vie della grande città e anche le strade che ne escono; improvvisamente in me si disegna la mappa immensa, calda di marciapiedi, umida di viuzze, concava di portici, fetida di scarichi lungo le tangenziali sfreccianti di auto ringhiose, pronte a fare d’ogni canino un’ombra. Oltre la città, la mappa si apre ancora e le strade si perdono tra le coltivazioni, corrono verso le montagne o le colline.
E poi, tutt’intorno alle strade, e cariche d’odori ben più affascinanti, ecco le mille porte e i portoni, le recinzioni, le saracinesche abbassate e le finestre socchiuse su le mille storie nascoste che ognuno vede e che nessuno conosce: le sento tutte, mentre il cane di via Eusebio Garizio abbaia, apparentemente a custodia della sua casetta. Tutte confuse in un pandemonio di sentimenti e d’odori da inebriare e confondere un lupo.
E anche quando sono più stanca e ho avuto la più pesante di tutte le giornate, quella che m’aveva annegato l’anima, se il meticcio rosso abbaia nella notte da via Eusebio Garizio, da un quartiere e da una città in cui non abito più da tanti anni ( ma questo cosa conta? ), ecco che devo rispondere, perché tutta la mappa delle storie è in me e in quella confusione di sensazioni esaltanti, devo sceglierne una e seguire la traccia e seguirla, seguirla, fino a quando la storia non viene fuori.
E adesso che l’anno si chiude e ogni ciclo si rinnova, una di queste storie voglio donarla a tutti. E’ minuscola come un seme: potete tenerla in tasca, deporla in soffice terra, farla volare nel vento. Come tutte le storie del cane di via Eusebio Garizio è aperta a molteplici destini.
Che sia d’augurio per un anno in cui ci sia concesso di riprendere in mano la nostra esistenza in modo nuovo e di rivelarne l’anima: per noi, per i nostri simili, per ciò che ci circonda e che noi stessi siamo.
Auguri!
BOULE DE NEIGE
Ho sognato d’avere capito tutto d’un tratto, di poter aprire la sfera del mio destino. Si trattava di una sfera color blu notte, in cui palpitavano miriadi di stelle magnificamente luminose e si scioglievano in una musica cosmica sinuose galassie, come splendenti nastri di seta e di latte.
La tenevo tra le mani ed ero felice, profondamente felice, invasa da una gioia infantile simile a quella che si prova da bambini entrando nella stanza dei doni, la mattina di Natale; e mi sentivo così proprio perché avevo improvvisa coscienza che questa magnifica sfera era il “mio” dono ed era lì in attesa del momento giusto per essere aperto.
Poi, ad un tratto, è stato come se qualcuno avesse dato un giro di manovella all’organetto, imprimendo un nuovo andamento alla musica, cambiando tempo.
Tutto si è velocemente ribaltato e rimesso in piedi e ora le stelle mi circondavano e mi circondavano danzando, spostandosi e roteando tutt’intorno a me, come se fossi seduta al centro di una boule de neige.
Ero una sagoma scura seduta sull’alto di una collina, una silouhette messa morbidamente in risalto dalla luce mutevole del cosmo. Capivo anche di non essere sola perché un’altra sagoma, più piccola e come me incantata da quello sfolgorio di bellezza, mi sedeva accanto. E quella piccola figura eri proprio tu, ancora bambina.