di Alessandro Mortarino.
Questa ve la racconto. Nelle ultime settimane ho ricevuto diverse telefonate da parte di persone di tutta Italia con le quali condivido, da anni, battaglie in difesa dei beni comuni e dei diritti primari. Ogni telefonata era all'insegna della domanda epocale: «con chi ti candidi ?». Lo ammetto, alla prima telefonata devo avere reagito come il bimbo colto un attimo prima di allungare le mani sul barattolo di marmellata (ma tutti sanno che la marmellata al bimbo non piace affatto). Alla seconda ero già navigato. Alla ennesima, devo essere apparso come il tarantolato in pieno plenilunio. Così vorrei provare a ricordare cos'è un "Movimento" ed eliminare qualche confusione di troppo ...
Perchè, ovviamente, non mi è passato per l'anticamera del cervello un minimo afflato a candidarmi. Come sempre. Non per preservare una virginea purezza e neppure per noblesse ostentata.
Semplicemente: faccio parte di quel mondo ("società civile", termine che ormai devo imparare ad eliminare dal mio lessico mentale) che crede che occorre "cambiare il mondo senza prendere il potere", come gli zapatisti ci insegnano e come i forum sociali mondiali da anni cercano di proporci come metodo di politica costruttiva e "dal basso".
"Cambiare il mondo senza prendere il potere" significa interiorizzare un fatto che dovrebbe essere ormai da tutti acquisito: anche se qualcuno "di noi" entra nella stanza dei bottoni del potere (politico) nazionale, il sistema non si modifica; al massimo puoi migliorarne qualche aspetto, puoi avere accesso a informazioni di prima mano, puoi provare a correggere la linea del treno in corsa verso lo sfacelo. Ma il sistema non lo cambi, nè da solo nè in minima compagnia.
La prova sta, restando in Italia, nei disastri registrati negli ultimi lustri dalla presenza di parlamentari (e ministri) vicini alle nostre istanze di base: non hanno cambiato il sistema. Anzi, ne sono stati stritolati.
E il riflusso ci ha stritolati tutti.
"Cambiare il mondo senza prendere il potere" significa avere il coraggio, la forza, l'ostinazione di stare nella polvere quotidiana e ascoltare e immaginare scenari nuovi, raccontarli, dare voce a chi non ce l'ha, catturare l'adesione di elite sempre più ampie e sempre meno elitarie. Se le masse condividono, allora sì che il salto verso il potere può avere un senso. Ma non prima.
E c'è un enorme lavoro ancora da fare. E in molti lo stiamo facendo.
E' molto faticoso, sembra sempre di non farcela.
Eppure qualche timido risultato lo vedi, lo senti, lo tocchi.
Poi arrivano le elezioni e ogni "nuovo che avanza" spara sulle caste e professa la vittoria della gente, del Movimento. Quale Movimento ?
Il Movimento. E basta.
Sufficiente la parola stessa perchè Lazzaro si alzi e torni a camminare.
Così tutti credono che il Movimento sia in lizza.
E le urne sentenzieranno: il Movimento ha perso.
Anche questa volta finirà così.
Ma noi sappiamo che non esiste un Movimento. Esistono i Movimenti. Che lavorano ogni giorno non per vincere le elezioni ma per stimolare il cambiamento. Sociale.
Culturale.
Ad ogni elezione i Movimenti li trovate pronti a dialogare con tutti (tranne i razzisti e i fascisti), a formulare proposte, a criticare posizioni inaccettabili, a delineare un orizzonte possibile.
Non li troverete mai disponibili a sostenere questo o quello.
Li troverete impegnati a far entrare le loro visioni, ovunque.
Questi sono i Movimenti.
Alla lista o al partito che vi dirà "potere al Movimento", rispondete che voi non ci cascherete più.
Immagino che queste riflessioni non piaceranno a tutti, ma le sento doverose per allontanare nebbie dense che confonderanno le nostre prossime strade.
Nebbie che già vedo rialzarsi: toh, ecco il barattolo della marmellata.
Laggiù, all'orizzonte ...