I debiti sono droghe, come l'alcool e la nicotina ...

ImageMa alla fine sono l’eredità peggiore per figli e nipoti … di Giulio Cesare Bertolucci. (Prima parte).                                

In tempi di boom economico, i consumatori del mondo occidentale hanno preso soldi a prestito per innalzare il loro stile di vita, le aziende si sono indebitate per espandere le loro attività, e gli investitori, piccoli e grandi, si sono finanziati senza garanzie per aumentare il rendimento degli investimenti. Le vecchie regole dei mercanti veneziani (“quando i zechini che van son più dei zechini che vien, va tuto mal”) sembrava non si applicassero più o fossero state smentite. Per molti anni, nel mondo occidentale, i debiti sono aumentati più dei redditi, e non sono stati solo i Governi a indebitarsi a dismisura: in America i debiti del settore privato sono aumentati da circa il 50% del PIL nel 1950 a quasi il 300 % al picco più recente ...

Le origini del boom vanno anche più indietro nella storia, riflettendo enormi cambiamenti nelle attitudini della gente: nel 1800 chi non pagava i propri debiti andava in prigione; la generazione che crebbe durante la Grande Depressione del 1929 imparò a stringere la cinghia e a risparmiare all’osso, ma il grande cambiamento di cultura venuto con i famosi anni 60 ha creato la generazione del “compra adesso e paga poi”, inclusi i funerali. Il non pagare era stato ridotto ad una scelta di vita: chi aveva prestato soldi senza coprirsi di adeguate garanzie era più colpevole del debitore insolvente.

I consumatori si indebitavano e altrettanto facevano le aziende: il rating medio sul totale delle Industrie e Servizi emesso dalle Agenzie come Standard & Poor e combriccola, sulle quali si dirà in seguito, era AAA nel 1981 ed è a BBB- oggi, quasi al livello spazzatura. La cultura era quella che derideva per troppa prudenza aziende che avevano contanti nei loro bilanci e le leggi sulla bancarotta, come ad es. il Chapter 11 in America e la legge Prodi in Italia, impedivano ai creditori di vendere le aziende fallite per rientrare almeno in parte dei loro investimenti. Questo regime, ottimo e desiderabile da molti punti di vista, incoraggiò tuttavia gli imprenditori a considerare un fallimento molto più alla leggera (nella Silicon Valley, dove le nuove aziende nascono e muoiono in pochi mesi, un fallimento è come una cicatrice sulla guancia in una mensa di ufficiali tedeschi, con la loro famosa “mensur”). Chiaramente, delle leggi che proteggono i falliti fanno restare sul mercato delle aziende “superdecotte e zombie”, (come ad es. le aerolinee; e non dimentichiamo la nostra Alitalia).

Ma nessuna classe di aziende era più intossicata dai debiti del settore finanziario: le Banche facevano bilanci con il rapporto Capitale/debiti sempre più basso: i fondi edge e le società a capitale privato (private equity) si indebitavano a più non posso creando miliardari dall’oggi al domani. La regola per arrivare alla ricchezza facile e sicura era semplice: compra titoli con denaro prestato e poi rilassati e fuma un sigaro aspettando che i prezzi aumentino.

E tutto questo era largamente incoraggiato dalle Autorità delle Banche Centrali,  Governative, Regionali, Comunali e chi più ne ha più ne metta; in particolare se di sinistra, perché finalmente il “Capitalismo” si apriva alle masse. Ma che ignoranti minchioni, e con tutti quei professori universitari - intellettuali di sinistra laureati chissà come e chissà da chi, a cantare in coro le più ignobili stupidaggini. Ogni volta che una crisi minacciava l’economia, le Banche Centrali tagliavano i tassi di interesse. E naturalmente, la prospettiva di questi interventi incoraggiava gli operatori a indebitarsi sempre di più. Molte “bolle di sapone” vennero generate così, prima nei mercati azionari e poi nel settore dell’edilizia residenziale. Era un circolo vizioso degno dei peggiori usurai, nel quale ad ogni giro i debiti aumentavano troppo a tassi di interesse sempre più bassi. E tutto questo finì nel 2007/2008 quando finalmente gli investitori si resero conto che una larghissima parte di questi debiti non sarebbe mai stata ripagata. E mentre si stringeva la cinghia del credito, Le Banche Centrali dovettero tagliare i tassi all’1% e anche meno.

 

E ora bisogna fare i conti

Le nazioni del mondo ricco hanno ora  di fronte due serie di problemi. La prima e più pressante è come pagare i propri debiti. Molta gente che ha ridotto anche di molto le spese fatte con le carte di credito e molte aziende che hanno visto ridursi drasticamente le proprie linee di credito, sarebbero meravigliate nel vedere quanto poco il totale dei debiti del mondo ricco è calato. E questo perchè molto del debito si è trasferito dal privato al pubblico, dato che i Governi, potendo fare altro, sono intervenuti in modo pesante per sorreggere le Banche e salvare l’economia da una caduta rovinosa nelle depressione. E nel futuro, anche più soldi dovranno essere trovati, per sostenere le pensioni degli anziani, ed in particolare quelle del Baby Boom (i nati dal 1945 al 1965, ca. 70 milioni solo negli Stati Uniti).

E tutto questo debito dovrà essere rifinanziato e protratto, dato il basso tasso di crescita del mondo occidentale (e così la possibilità dei debitori di onorare i loro impegni). E, anche peggio, molto del debito dei privati ha come collaterale dei beni mobili e immobili il cui valore è già calato e probabilmente, a seconda dei paesi, calerà ancora. E questo potrebbe innescare un circolo vizioso, con i debitori costretti a vendere facendo calare ulteriormente i prezzi.

Aumentare ancora i debiti non sembra essere un’opzione valida: non è possibile farne di più, con debitori e creditori in crisi. Tutti i Governi hanno di fronte il delicatissimo bilanciamento di tener buoni i mercati senza danneggiare la crescita. Ma vivere con meno debiti presenterà una seconda serie di sfide a più lungo termine.

 

La strada verso il Purgatorio

Un mondo ricco con meno debiti apparirebbe molto più diverso da quello attuale. Le Banche stanno già ricevendo pressanti richieste di aumentare i loro rapporti Capitale/Indebitamento (cioè di avere bilanci più “sicuri”). I consumatori occidentali, di fronte a tasse più alte (eh, sì, anche in Italia, malgrado le promesse di facciata) e minori benefici, non avranno più la libertà di spendere che avevano prima: invero, vorranno risparmiare di più per la vecchiaia, per i figli, i nipoti etc.  Le case diventeranno di nuovo luoghi dove vivere, e non più investimenti per speculazione. E la vita sarà più dura per gli imprenditori: più della metà delle nuove imprese nell’occidente si indebita per fare gli investimenti iniziali.

Per coloro con responsabilità politiche, siano esse pubbliche o private, le priorità sono chiare. Primo, devono generare crescita. L’America, con la sua popolazione relativamente giovane  ed in aumento, non avrà grossi problemi (a parte guerre strane da non dichiarare, da combattere e da perdere – per stimolare l’economia di guerra - (dal Vietnam in poi è così). L’Europa continentale, al contrario, corre il rischio di finire come il Giappone, che ha speso dieci anni a cercare di uscire – e ancora non vi è riuscito – da una situazione caratterizzata da una popolazione anziana ed elevati debiti. I migliori e i più brillanti giovani Europei (quindi esclusi i professori Universitari attualmente in servizio), vorranno emigrare in Paesi dove le occasioni non solo di lavoro ma di apertura alla ricerca sono migliori.  E se l’economia ristagna, la sola scelta che i Governi avranno sarà di tagliare il valore reale delle pensioni o dichiarare fallimento non pagando i debiti: lo hanno fatto non molti anni fa paesi con grandi risorse naturali come la Russia, l’Argentina e altri. E l’Europa ha bisogno di cambiare e di fare riforme strutturali, tutte centrate, in sostanza, con l’apertura ai giovani, con la facilità di fare impresa ad ogni livello di cultura e di studio, abolire non tanto gli ordini professionali, ma le camarille che vi stanno dietro etc.

Secondo, coloro con responsabilità politiche devono iniziare il lungo cammino di ribilanciare l’economia mondiale. E’ sensato per la Nazioni dell’Occidente, paragonabile a gente che ha passato la cinquantina, risparmiare per la vecchiaia piuttosto che aumentare le spese a credito. Ma nell’economia mondiale, se un gruppo di popolazioni risparmia, qualche altro gruppo deve indebitarsi. E attualmente, le popolazioni dei paesi emergenti, (Cina, Brasile, India ed altri), fanno quello che hanno sempre fatto da secoli: risparmiano, e noi, se non cambierà qualcosa nell’equilibrio mondiale, continuiamo a indebitarci, anche se a ritmi minori di prima.

Ridurre i debiti dei Paesi Occidentali, cosiddetti ricchi, sarà un processo lungo e doloroso, e le popolazioni, dovendo votare nelle elezioni di ogni tipo, se la prenderanno con il Governo ladro, con gli stipendi dei politici, con gli immigrati che rubano i posti di lavoro etc. Ma la regola dei mercanti veneziani rimane: quando in un anno la spesa è maggiore del reddito, “va tuto mal”, e all’orizzonte ci sono  miseria e sacrifici.

 

Bisogna pentirsi e rimediare, il più dolcemente possibile

Indebitarsi è stato il mezzo con cui uscire da ogni tipo di guai per   gli ultimi 25 anni.  Ora è il debito che è diventato il problema

L’uomo nasce libero, ma mentre cresce diventa sempre più schiavo dei debiti. Nel mondo ricco, possedere la prima carta di credito rappresenta una specie di rito di iniziazione alla vita reale, non meno che votare per la prima volta. Comprare una casa o un alloggio con un mutuo, significa indebitarsi per una cifra pari a varie volte l’ammontare del reddito annuo. E anche se una persona si comporta saggiamente non indebitandosi o facendolo con moderazione, è pur sempre schiava della sua parte del debito nazionale, sulla cui gestione non ha alcun controllo.

Per tutti gli ani ‘80 e ’90, l’aumento dei debiti ha accompagnato quella che gli economisti definiscono “la grande moderazione”, con la crescita economica costante e la disoccupazione e l’inflazione basse le Banche Centrali dell’Occidente non hanno dovuto aumentare il costo del denaro per rallentare l’inflazione. E all’inizio degli anni 2000 era stato creato un vasto sistema di finanziamento ai venditori. La Cina e i produttori di petrolio ammassavano somme favolose di surplus commerciale e poi le prestavano ai paesi occidentali perché continuassero a comprare i loro prodotti.

Coloro che mettevano i Governi in guardia contro i debiti eccessivi venivano accusati di disfattismo terroristico: dopo tutto, i valori di Borsa continuavano a crescere come non mai e i bilanci di Banche e società in apparenza scoppiavano di salute. E, con l’economia in pieno sviluppo, i debitori potevano onorare i propri impegni e indebitarsi ancora di più. In sostanza, conveniva sia prestare soldi che prenderli a prestito.

Come l’alcool, il debito crescente genera euforia: gli investitori vedevano i prezzi dei titoli in ascesa e compravano a più non posso con soldi prestati, soddisfatti che il mercato ricompensasse in modo così brillante la loro professionalità. E i Governi e la Banche Centrali vedevano aumentare il gettito fiscale e l’economia crescere, ed erano soddisfatti del successo delle loro politiche. Sembrava tutto facile: sei un po’ depresso ? Compra a credito ciò che vuoi, così ti passa. Vuoi diventare ricco in fretta ? Vai a lavorare per un fondo edge o a capitale privato, e compra a credito per aumentare i rendimenti. Vuoi che la tua azienda diventi più grande ?  Compra nuovi macchinari o l’azienda rivale con soldi prestati. E se l’economia va in recessione, aspetta che il Governo aumenti il suo deficit per far aumentare i consumi.

Quando le nazioni Europee si incontrarono un mese fa per aiutare la Grecia, proposero un programma di aiuti di 750 miliardi di € consistente largamente di denaro a credito.

I debiti crebbero enormemente, delle famiglie, delle aziende, delle Banche, delle autorità regionali e comunali  e di interi Governi. La situazione era diversa da paese a paese, ma una ricerca della McKinsey ha evidenziato che in dieci economie mature il debito totale (privato e pubblico), è aumentato dal 200% del PIL nel 1995 al 300 % nel 2008. Vi sono poi dei casi di pura incoscienza, come Irlanda e Islanda, dove il rapporto debito/PIL è 700% e 1200% rispettivamente. E il debito non è una malattia da cui si guarisce in poco tempo: occorrono anni, se non decenni.

Dall’inizio del 2007 in poi vi sono stati segni che il debito aveva perso il suo potenziale di far crescere tutto incluse le economie; negli Stati Uniti ogni dollaro addizionale di debito è stato associato con diminuzioni crescenti del PIL.

 

Come si ferma il superciclo del debito ?

I Grandi di questo mondo, tra l’altro occupatissimi in riunioni internazionali di G-8, G-20 e quant’altro, devono affrontare il problema di fermare il debito facendo nello stesso tempo crescere l’economia: ci sono turbolenze sociali e politiche in ogni paese: in Italia la CGIL, in Grecia, dove le sinistre vanno in piazza a protestare contro la “Junta dei mercati (e dagli!)”, in America, dove l’ estrema destra Repubblicana sta facendo lobby contro le grosse ingerenza del Governo nell’economia, e contro i deficit da 1000 miliardi di $, mentre  la sinistra democratica vuole posti di lavoro e aiuti ai disoccupati.

Per capire perché il debito è diventato un peso intollerabile anziché un motore di sviluppo, è necessario tornare ai principi fondamentali. Perché la Gente, le Aziende, le Banche e i Governi si indebitano ? Una risposta ovvia è che il debito è l’unico mezzo che hanno per mantenere il loro desiderato livello di spesa. Un’altra spiegazione è l’ottimismo e l’esperienza di arricchirsi con i soldi altrui: (Berlusconi, sia nel privato che nel pubblico, è un campione in quest’arte): credono che il rendimento del denaro preso a prestito sia maggiore dell’onere per onorare il debito. E, fatto cruciale, chi presta soldi deve “credere” che i redditi del debitore aumenteranno: altrimenti, come farebbe a pagare gli interessi e a restituire il capitale?

Ma per diverse nazioni del mondo ricco la fiducia, il credere che un debitore possa generare un reddito tale da pagare interessi e capitale è mal riposta. Molte popolazioni sono vecchie, sono nati e nascono pochi bambini, le forze lavoro si riducono, e pertanto le loro economie cresceranno più lentamente che in passato. Queste popolazioni si sono indebitate verso il futuro, impegnando figli e specialmente nipoti a restituire le enormi somme in gioco. La Grecia è un esempio fra i più tragici: la stima Standard & Poor calcola che il suo PIL non tornerà ai livelli del 2008 prima del 2017.

Inoltre la realtà dei debiti dei Governi è un sistema “a catena di sant’Antonio”,  in cui gli investitori di oggi vengono finanziati con i debiti degli investitori di ieri.  E si richiede pertanto che una popolazione sempre in crescita si assuma l’onere, senza saperlo, a meno che qualche Deus ex machina, come tecnologie veramente innovative, venga a salvare la baracca ? E la domanda dei migliori economisti (non che si meritino tanto: non hanno voluto o saputo prevedere la crisi in cui versiamo), e la seguente: “ l’Occidente, con la sua industria regolamentata, con un forza lavoro non competitiva, con un sistema pubblico costosissimo e rigido, può permettersi uno standard di vita basato sul debito e su sistemi pubblici sempre più costosi ?”

In caso di debiti estremi, di proporzioni gigantesche, (ad esempio Grecia), che richiedono sacrifici enormi da parte della popolazione (più tasse, meno sanità, scuole più care, etc.), può accadere che nei Governi si trovi più facile la soluzione di dichiarare bancarotta che di avere la rivoluzione in casa. E lo sforzo dei Governi oggi, in particolare dopo il G-20 a Toronto, dove tutti, America compresa, hanno accettato la posizione tedesca del “prima i conti a posto, poi il resto”, è di ridurre i deficit, cioè i conti, e di sviluppare la crescita. Speriamo, perché la vita diventerà più difficile. E dietro questa decisione c’anche l’intenzione di stimolare l’azione di imprenditori mini e medio industriali a far da sé. E’ uno spirito molto anglosassone, che è già stato applicato ad esempio dalle grandi industrie del Nord, al tempo delle grandi purghe: in men che non si dica fiorirono piccole e medie società di consulenza di servizi specialistici e tecnologici, che furono subito caricate di lavoro dalle stesse industrie che avevano licenziato i loro tecnici.

I Debiti hanno anche una loro storia religiosa: in Aramaico, la lingua di Gesù, una stessa parola traduce “debito” e “peccato”. Nel Padre Nostro chiediamo di essere rimessi dai nostri “debiti”, come noi li rimettiamo ai nostri debitori (ma quando mai!). Più recentemente, in sede Internazionale, v’è stato un tentativo di non perdonare i debiti di quelle Nazioni anche poverissime ma con capi dittatoriali, feroci e sanguinari (ad es. Zimbabwe). In più, gli interessi sul debito sono spesso paragonati ad un odioso onere sulle spalle dei poveri (il Vaticano non è secondo a nessuno per questo tipo di interventi politico- social-finanziari: chissà cosa fanno allo IOR). L’odiosità degli interessi, intesi come una rivoltante e schifosa ricompensa al capitale, cioè a chi è già ricco, è messa in luce dallo stesso Aristotele (ipse dixit!), e la religione cristiana, nella sua dottrina sociale, giustifica questa posizione. La religione islamica proibisce gli interessi tout court, ed esiste tutta una serie di regolamentazioni sul come fare finanza nei paesi islamici, dando un costo al denaro prestato ma non un interesse. Persino gli Ebrei, usurai millenari per definizione, nel loro Libro del Deuteronomio suggeriscono un’amnistia dai debiti ogni sette anni. Nel  1800 in Inghilterra, i debitori insolventi erano messi in carcere, ma Samuel Johnson, il famoso saggio e sociologo inglese, scrisse: “ora che abbiamo messo in galera una generazione di debitori dopo l’altra, vediamo il numero degli insolventi crescere anziché calare: dovremmo pertanto occuparci dell’avarizia e della frode perpetrata da chi dà soldi a prestito”. E così venne creata la Banca di stile moderno. Oddio, gli inglesi non hanno fatto altro che copiare di sana pianta quanto facevano i banchieri senesi e fiorentini. Addirittura, al tempo di Dante, le famiglie Bardi e Peruzzi di Firenze, che avevano prestato ingenti somme  al re d’Inghilterra Edoardo III°, (1'350'000 fiorini: negli stessi anni Obizzo d’Este comprò la città di Parma per 80'000 fiorini) avendo come collaterale la lana di migliaia di pecore inglesi, alla scadenza non videro né soldi né lana, e dovettero dichiarare fallimento (il Re d’Inghilterra li accusò di usura, e si tenne tutto). E ancora oggi si chiama “Lombard Street” la vecchia sede, a Londra, dei mercanti e banchieri lombardi, veneti ed emiliani, molti dei quali ebrei, che facevano banca e affari per tutta l’Europa, essendosi specializzati nel finanziare i coltivatori di cereali della pianura Lombardo – Emiliana.

 

La morale mobile

Negli ultimi 100 anni la battaglia morale si è mossa a favore dei debitori. La bancarotta, specie nei paesi anglosassoni, non è più uno stigma sociale ma solo cattiva fortuna. Quando i consumatori si indebitano al di là dei loro mezzi, la colpa viene data a chi ha prestato senza verifiche e non all’ irresponsabilità di chi si è indebitato. Del resto, i Governi hanno sempre incoraggiato i cittadini a comprare casa con i mutui, e quindi a indebitarsi sul lungo periodo.

Il debitore è un “creatore di lavoro e ricchezza”, e pertanto deve essere aiutato: e così in America, dove da anni la gente comprava case sempre più lussuose, il Governo e le Banche sono intervenute per aiutare in qualche modo i debitori senza più casa.  In effetti, se andiamo a vedere e ricordare gli anni dell’infanzia – per chi è anziano come chi scrive -, ci veniva detto e insegnato il risparmio: molte favole e leggende per bambini  parlavano di pentole di monete d’oro (quelle ci sono ancora in Europa, nelle cassette di sicurezza delle Banche) etc. e si imparava a risparmiare, inarcando le sopracciglia quando qualcuno dei parenti/conoscenti comprava qualcosa a rate. Ma l’accumulazione non creava ricchezza, mentre i debiti sì (beh, il nostro Berlusconi ha insegnato al mondo come si diventa ricchissimi partendo dai debiti, per proteggere i quali è anche entrato in politica, con straordinario successo).

Per le aziende in crisi, il famoso Chapter 11 in America (in Italia Legge Prodi, e in Francia la Sauvegarde), permette ad una ditta fallita di mantenere l’attività con i dirigenti e lavoratori in servizio, salvandone la capacità di lavorare e vendere, in barba ai creditori. Quindi, un Bilancio aziendale con molti debiti è più efficiente, anche perché gli interessi passivi sono deducibili dalle tasse. In effetti tali misure, intese a non distruggere industrie – fonte di lavoro e benessere - furono inventate, nella loro forma attuale, in America, dove verso la fine del 1800 le grandi ferrovie intercontinentali fallirono. Anche i creditori più incalliti capirono che il mezzo migliore per recuperare almeno parte dei loro soldi era di continuare a farle funzionare, anzichè vendere a pezzi binari, traversine, locomotive, vagoni e quant’altro. Le Ferrovie americane fecero accordi e misero a posto i loro conti aumentando il prezzo dei trasporti, in particolare dei cereali e del bestiame, col che gli agricoltori americani diventarono i migliori del mondo in quanto a quantità e qualità dei prodotti, ma anche i più indebitati per il costo dei trasporti. Pertanto, il Congresso approvò nel 1890 la famosa Legge Sherman (la prima legge antitrust del mondo), per proteggere i contadini delle grandi pianure e del medio Ovest dall’ingordigia dei Banchieri di New York che controllavano le Ferrovie. Oltre alla legge Sherman, venne perfezionato il “Chapter 11”, esteso a proteggere i coltivatori in fallimento, impedendo o ritardando l’appropriazione delle terre da parte dei creditori.

La crisi recente e che stiamo vivendo ha scosso la fiducia nella capacità di autocorrezione dei mercati: anzi ha mostrato che pochi manipolatori scaltri e/o incoscienti possono fare un sacco di soldi, ingannando tutti gli investitori dei cui risparmi si dichiaravano “responsabili”. Un ruolo centrale ha rivestito il Governatore della Banca Centrale Americana precedente all’attuale, Alan Greenspan, che non intervenne né sulla bolla speculativa sulle società High Tech cinque-sei anni fa, né sulla bolla sugli immobili che è iniziata ben prima dell’attuale crisi, e segnalata da molti indicatori finanziari. Se Greenspan, ebreo, fosse intervenuto, le Banche di Wall Street avrebbero avuto grossissime perdite, ed in particolare l’ebrea Goldman Sachs, avrebbero perduto miliardi e i loro alti direttori avrebbero visto sfumare compensi miliardari, ma i risparmiatori/investitori avrebbero goduto di una certa protezione. Ma così non è stato.

Anche per questo motivo, i rapporti sulle politiche finanziarie e sul controllo delle Borse, sono attualmente al centro di forti differenze fra Europa – Inghilterra esclusa – e America. Nella crisi finanziaria Europea, (es, Grecia, Spagna, Portogallo), gli americani considerano pienamente legittimo approfittare della situazione di debolezza dell’Euro e vendere tonnellate di titoli Europei allo scoperto, far crollare i valori, ricomprare a prezzi ben più bassi i titoli e  rivenderli, facendo un sacco di soldi a spese degli Europei.  In effetti l’Euro, da un cambio di circa 1,50 €/$, è sceso a poco più di 1,20 €/$ in pochissimo tempo, Ora sta risalendo, è a quasi 1,38 €/$) in particolare dopo i giudizi sui rating fatti dall’Americana Standard & Poor. Il vecchio Manzoni ci aiuta, dicendo che “l’è tutta una lega”, e questo si chiama speculare sulle disgrazie di altre nazioni, per di più “alleate”.  Ma mentre per gli americani questo va benissimo (gli affari sono affari),  per gli Europei, molto più sensibili al fatto sociale, no. E gli americani scherniscono la vecchia Europa, che ha abolito le vendite allo scoperto di obbligazioni pubbliche, dicendo: “le nazioni Europee vogliono che noi finanziamo il loro stile di vita, ma chiedono di  non obbligarle a rispettare le operazioni sui mercati”.

Queste vicende, in Europa, hanno suscitato una ricca serie di lamentele sul cinismo americano: si è parlato di  una “cospirazione anglo-sassone”, si è proposto di costituire un’agenzia di rating Europea, sono stare proibite le vendite allo scoperto etc. Ma l’Euro è calato e può ancora calare, mentre Berlusconi, con l’ottimismo di sempre quando parla dei soldi altrui, dice  che questo facilita gli esportatori: è vero, ma il petrolio, il gas e le altre materie prime di cui necessitiamo le paghiamo di più.

 

Perché è importante.

Se un marito prende dei soldi a prestito dalla moglie, la famiglia non ha nessun tipo di guaio. Estendendo il concetto, come ogni debito è un passivo per il debitore, è anche un attivo per il creditore. Ora, dato che il pianeta Terra non prende soldi a prestito dal Pianeta Marte, l’esplosione dei debiti che stiamo vivendo  è una cosa importante e seria, oppure è qualcosa di cui devono o dovrebbero occuparsi i ragionieri senza angosciare il resto del mondo?

Durante il boom dei crediti dei primi anni 1990 e primi 2000, il concetto sottostante ad ogni transazione era che in effetti i debiti erano qualcosa di ragionieristico che non doveva turbare gli affari della gente. Non solo i valori degli investimenti crescevano più dei debiti, ma l’uso di titoli derivati distribuiva il rischio su un numero sempre più grande di investitori in tutto il sistema finanziario mondiale, tenendo inoltre le Banche al riparo, protette da rapporti Capitale/debiti apparentemente soddisfacenti.

Il problema dei debiti, peraltro, è che devono essere pagati. Non per nulla la parola credito deriva dal Latino “credere”, aver fiducia. Il vecchio Laooconte, davanti al grande Cavallo di legno lasciato dai greci alle porte di Troia, disse “Equo ne credite: quidquid it est, timeo Danaos, et dona ferentes (Non credete nel cavallo: qualunque cosa sia, ho paura dei Greci, anche se portano doni) “. In effetti i Greci continuano a portare doni ingannevoli: per salvare la loro baracca, il resto dell’Europa deve assumersi una parte del loro carico.

Ora la situazione è analoga, con le Grandi Banche ebreo – americane nella parte dei Greci e con qualche economista inascoltato – ad esempio il nostro Tremonti - nella parte di Laooconte. (che venne ucciso dagli Dei perché i Troiani non ascoltassero la verità). E Troia, cioè i risparmi della gente, i loro mutui, le loro case, i loro posti di lavoro etc. venne distrutta per volere degli Dei, cioè in questo caso la Grande Finanza Anglosassone, che tra l’altro ha indebolito l’Euro rafforzando il Dollaro.

Ora, se il creditore perde la fiducia del debitore, chiederà la restituzione del debito e/o non rinnoverà il credito nel tempo. A questo punto il debitore dovrà realizzare in qualche modo, magari svendendo dei beni e quindi deprimendo i prezzi. Con i prezzi di qualunque tipo di beni (ad esempio case e alloggi) in depressione, i creditori avranno anche più paura e bloccheranno altri prestiti, mettendo i debitori sempre più nei guai e forzando le Banche a operazioni in perdita. E se il valore di un bene, come ad esempio una casa, scende al di sotto del valore del debito contratto per comprarlo, allora tutti perdono soldi, debitori e creditori.

Ciò è particolarmente fonte di guai se l’economia va in deflazione, come successe nel mondo nella Grande Depressione degli anni ‘30 e in Giappone negli anni 1990. I debiti sono in genere fissi e in termini nominali, ma se il valore degli investimenti cala, si entra in una spirale d’inferno in cui chi ha bisogno di pagare i debiti deve vendere spuntando prezzi sempre minori, generando ulteriori cadute dei prezzi e così via. L’economista Fisher, buonanima, che lavorò e scrisse – un po’ inutilmente, sembra – nella prima metà del 1900, definì la “trappola della deflazione dei debiti”.

Un’altra ragione sul perché i debiti sono importanti ha a che fare con il ruolo delle Banche. Per loro natura esse si indebitano a breve (con i soldi dei depositanti o sul mercato all’ingrosso), e prestano a lungo, con mutui, linee di credito rinnovabili etc. Il tutto dipende dalla fiducia: nessuna Banca può sopravvivere se i suoi depositanti (o i mercati all’ingrosso) vogliono il loro denaro indietro e subito. E’ il famoso “run on the Bank – La corsa alla Banca”, che è il peggiore incubo di ogni banchiere (è per questo che i bilanci delle Banche sono difficilissimi da leggere se non da parte di pochi). E se una banca ha difficoltà a pagare i suoi debiti, allora deve restringere i soldi che può prestare. E se questo succede su larga scala, come avvenne nella Grande Depressione degli anni ‘30, l’effetto totale è devastante, e la maggioranza della gente resta senza lavoro e si va alla fame.

Entrambi questi effetti si sono visti nella crisi 2007 – 2008. I prezzi delle case e dei valori mobiliari in diminuzione causarono l’impossibilità di pagare i debiti, oltre a una crisi di liquidità nelle Banche che fece temere la chiusura dei Bancomat. Possiamo immaginare cosa succederebbe se una tale eventualità accadesse ? Sarebbe peggio della chiusura delle pompe di benzina. Di qui la larghezza senza precedenti degli interventi Governativi e delle Banche Centrali a favore delle Banche: in buona sostanza, si è stampato denaro a più non posso.

Ora vale la pena di porre una domanda: se le Economie Occidentali sono di fronte ad un’era di austerità mentre si pagano i debiti, sia pubblici che privati, come dovrà modificarsi la vita di ogni giorno dei cittadini ? Chiaramente le Società cresciute nel consumismo dovranno fare molta più economia e risparmiare. Di fatto si può affermare che il modello di economia costruito sui debiti è giunto al suo termine (in effetti lo ha superato, grazie alla voluta cecità del Sig. Alan Greenspan, ebreo americano, ex Governatore della Banca Centrale Americana, la FED, e alla corruzione del sig. Hank Paulson, ex gran Capo della Goldman Sachs, ministro dell’economia nominato dal Presidente Bush).  E le generazioni future, quelle dei nostri figli che a relativamente breve termine andranno in pensione, e dei nostri nipoti, dovranno combattere in una battaglia fra il pagamento dei debiti che noi abbiamo caricato sulle loro spalle e la necessità di progredire indebitandosi il meno possibile.

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