Gli sfratti esecutivi rinviati si accumulano mentre altri se ne annunciano insieme alle scadenze dei rinvii. I volontari delle associazioni insieme ai componenti delle famiglie che hanno subito il peggio di questa situazione si prodigano in contrasti, in discussioni, in iniziative pubbliche come quella di ieri. L'intenzione è quella di trovare interlocutori istituzionali sensibili a questo gravissimo problema sociale, capaci di ascoltare richieste, proposte, argomenti. C'è l'emergenza di famiglie escluse dal mercato delle locazioni, impossibilitate a trovare soluzioni al loro problema abitativo, c'è il loro dramma e poi ci sono le cause di questa emergenza, in primo luogo l'irrisoria disponibilità di alloggi popolari, il buco nero da oggi al 2012 in cui si attarda la consegna al Comune di nuovi alloggi popolari ...
A completare lo scenario di questo bisogno abitativo negato, a sottolinearne il carattere di profonda ingiustizia, ci sono in città migliaia di alloggi privati sfitti, edifici di enti pubblici e privati vuoti e, a monumento di una cultura mercantile totalmente priva di tratti di umanità, c'è un edificio di edilizia abitativa (almeno dieci alloggi), in via Alliende 13, di proprietà del demanio militare e di recente costruzione, lasciato all'incuria, vuoto da almeno quattro anni, in attesa di essere “valorizzato”.
Sono ormai otto mesi che le Associazioni frequentano questo scenario con un numero sempre maggiore di famiglie, e sono otto mesi che si mettono alla prova di un dialogo che ormai sembra impossibile, con un assessore che si sottrae sistematicamente ad un esame della realtà dei problemi.
Un comportamento replicato la scorsa settimana, davanti al portone del 350 di corso Alfieri, in un confronto verbale con volontari e famiglie, conclusosi con l'annuncio della convocazione di un “tavolo delle emergenze”; un annuncio che, con queste premesse, rischia di essere privo di ogni interesse.
Ma cerchiamo di riassumere i termini di questo confronto verbale. Alla richiesta di requisire, o di ottenere in uso temporaneo dal demanio militare, l'edificio di via Alliende, la risposta dell'assessore è stata “si lo sappiamo”, le parole accompagnate da uno sguardo al cielo, dunque con il sottinteso “ma non possiamo farci niente”.
Comportamento replicato ogni volta che le associazioni hanno appuntato la stessa richiesta agli stabili dell'asl, agli alloggi vuoti degli enti, e così via.
Definire una procedura chiara e condivisa, per l'assegnazione degli alloggi disponibili alle famiglie in emergenza abitativa, è una delle richieste più volte argomentate dalle associazioni. Vale la pena di riproporla, in due passi.
Primo, la definizione: è una famiglia in emergenza quella già sfrattata o sgomberata, quella minacciata da sfratto e quella che alla minaccia dello sfratto assomma altri gravi problemi di salute o di relazione, che non ha altra alternativa, per ragioni di reddito o altro, alla casa popolare.
Secondo, l'azione: assegnare a queste famiglie, annotate in elenco e a prescindere dalla loro collocazione o meno in graduatoria, tutti gli alloggi via via disponibili, compresi ovviamente quelli eventualmente requisiti.
Che tipo si assegnazione fare, a tempo oppure definitiva ? Altra questione ogni volta discussa senza esito. Per le associazioni l'assegnazione provvisoria si può fare quando si può ragionevolmente prevedere che la famiglia riuscirà in breve tempo a superare la situazione di emergenza, diversamente l'assegnazione provvisoria deve essere rinnovata.
A queste richieste l'assessore risponde “rigirando la matassa” dei suoi pregiudizi.
L'emergenza ? Spesso è provocata ad arte per ottenere l'alloggio popolare in modo fraudolento.
La convenzione a tempo ? E' un azzardo morale a cui gli assegnatari furbescamente non si sottraggono pertanto non va rinnovata.
Il diritto alla casa ? Sono io che lo tutelo riducendo al minimo, un quarto del totale, le assegnazioni alle famiglie fuori della graduatoria.
Quest'ultima risposta è quella più irricevibile, più carica di ambiguità, quella più lontana dai fatti reali. Proviamo a commentarla. Qualche giorno fa la Stampa, raccogliendo le sollecitazioni di tutti gli analisti che denunciano ormai da anni la gravità del problema, segnalava che in Italia sono 650.000 le famiglie che affollano le graduatorie delle atc. Con un tasso di assegnazione del 6 % da molti anni a questa parte, le graduatorie risultano inesauribili, l'attesa si traduce spesso in una rinuncia oppure si protrae per decenni.
Le 600 famiglie che sono in attesa nella graduatoria di Asti condividono la stessa sorte delle famiglie nazionali, con il peggio aggiuntivo del buco nero di cui si è detto, vale a dire, per tutta la durata del biennio di validità del bando non ci sarà un solo alloggio di nuova costruzione disponibile.
Dunque l'Assessore dovrebbe in primo luogo prendere atto che il diritto alla casa è ampiamente compromesso, si può dire negato, al di là delle sue stesse responsabilità. In secondo luogo dovrebbe prodigarsi a ripristinarlo e dunque dialogare con tutti quelli, le associazioni in primo luogo, che possono condividere quel suo sforzo. Sarebbe un appello alla responsabilità alla condivisione, al darsi da fare fuori dagli opportunismi e dalle piccole strategie individuali, che coinvolgerebbe cittadini e famiglie, comprese quelle che in questo momento subiscono il peggio di questa situazione.
Invece no, l'Assessore come ieri “rigira la sua matassa”, fa il guardiano delle graduatoria in nome del diritto, fa il moralista dell'emergenza in nome dell'intraprendenza personale, rompe la coesione delle famiglie, in nome della penuria di risorse dell'assessorato, alza gli occhi al cielo perché considera la proprietà un totem e il diritto dei proprietari al di sopra di ogni diritto, insomma nega la realtà del problema e attribuisce alle azioni delle Associazioni l'esito, ai suoi occhi nefasto, di suscitare aspettative e speranze che saranno inevitabilmente deluse.