Il Sindaco Galvagno possiede una grande dote: sa fare teatro e sa incantare con l'ottimismo, ma fino a quando ? Sono doti certo indispensabili per catturare l'attenzione politica e Asti è certamente il suo palcoscenico.
Lo scorso Sabato, prima di un ampio dibattito dedicato al diritto alla casa, ho letto con attenzione una sua intervista sul quotidiano locale e, repentinamente, mi sono trovato catapultato in una rappresentazione davvero surreale, dato che poche ore prima avevo nuovamente visto la fotografia di una realtà da cui emergeva che oltre 700 persone si trovano in graduatoria e decine sono le emergenze abitative nella città di Asti ...
Tutte queste persone, ovviamente, non si accontentano di colpi di teatro, ma si attendono risposte concrete; invece nell'articolo/intervista ecco una (ennesima) politica degli annunci e nuovi "giri di dismissioni" di strutture pubbliche.
Abitiamo la stessa città, io e il Sindaco Galvagno, e credo sia sotto gli occhi di tutti l'attuale grave crisi occupazionale, con dati allarmanti per i lavoratori tanto dell'industria quanto dell'artigianato.
Su una cosa Galvagno ha ragione: bisogna mettere un freno al concepimento di centri commerciali; peccato che se ne sia accorto ora, quando ormai il flusso economico verso queste realtà ha strutturalmente indebolito il "tipico", sottratto territorio e peggiorato il paesaggio della città.
Se la vocazione al "tipico" di Asti e dei paesi limitrofi, diventerà ostaggio di strutture come l'ipotizzato Agrivillage, la tendenza non cambierà; anzi, la vocazione turistica, paesaggistica e il fascino attrattivo dei piccoli paesi intorno ad Asti (sempre piu' vuoti ...) perderà di senso in assoluto.
Insomma: Galvagno ha in mente un teatro di luci, colori, una Disneyland agricola che non c'è.
Occorre invece investire in piccoli progetti, la Filiera Corta ad esempio, dare ossigeno all'agricoltura (e non sottrarre territorio all'agricoltura ...), frenare la speculazione edilizia e investire nel recupero di immobili già esistenti.
In tutta Europa e nel mondo intero, l'antidoto alla crisi è oggi caratterizzato dall'investimento su ambiente, agricoltura (soprattutto di qualità), su aziende sane capaci di sviluppare tecnologia avanzata e ricerca; invece nel nostro paese pare che il gigantismo non sia passato di moda e si è ancora convinti che le grandi opere siano la risposta alla crisi.
E' invece ormai evidente che le grandi opere, attraverso il loro meccanismo finanziario, sottraggono risorse ai cittadini e, in ultima istanza, rappresentano un vecchio-nuovo modo di utilizzare fondi anche nei periodi di difficoltà economica: insomma, l'abitudine di far pagare la crisi a chi già la crisi stessa la subisce ...
Inviterei il nostro Sindaco a leggersi un po' di analisi sui meccanismi di finanziamento delle grandi opere, quelle insomma stile tangenziale Sud/Ovest.
Un'opera la cui utilità non è mai stata dimostrata, un'opera che ha un rapporto costi-benefici enormi, un'opera da cui solo il costruttore e qualche proprietario di aree si "ingrasseranno".
Un'opera che pagheremo con pedaggi sempre piu' cari sulla tratta Asti-Cuneo e che non solo sottrarrà terreno fertile, ma piomberà sul paesaggio come fosse l'invasivo ottovolante di un lunapark.
Certo, come in ogni buon film surreale, lunapark, luci e colpi di teatro la fanno da padrone; purtroppo il film che stiamo vivendo ad Asti durerà ancora tre anni ...
In questi mesi l'amministrazione ha ritirato pratiche su pratiche, il suo bilancio ha avuto un parere negativo (prima volta nella storia) da parte dei Revisori dei Conti, tanto da indurre a "raschiare il barile" con la vendita di aree a verde pubblico e a servizi.
Insomma, di questo film o rappresentazione teatrale, il regista e gli attori non solo non hanno in mente una trama convincente, ma cercano di illuderci che le grandi opere risolveranno una crisi - purtroppo - profonda.
E' un'illusione, perchè è discutibile che opere come la TSO possano dare ossigeno all'economia astigiana, sia logisticamente che a livello occupazionale.
Asti è già al centro di un passaggio strategico, la Torino-Piacenza e Asti-Cuneo; semmai dal punto di vista industriale manca un progetto e le storie di scarsa affidabilità degli operatori sono parecchie. E' la politica che dovrebbe regolarle, invece mi pare che fatichi a farlo, anzi non ne sia decisamente in grado ...
Dal punto di vista della mobilità Asti, con le politiche legate alla Tav, sta perdendo dal punto di vista ferroviario una posizione strategica; la Tso non risolverà i problemi di traffico e l'idea di creare parcheggi nel centro della città è un'altra visione che non ha nulla a che fare con le caratteristiche viarie di Asti. Semmai esistono, a ridosso del centro, zone in dismissione o poco utilizzate (per esempio il tassello che si innesta tra Corso Venezia e la ferrovia o la zona dell'ex mercato ortofrutticolo), dalla zona ovest occorrerebbe realizzare un raccordo tra bici e auto, occorrerebbero piu' piste ciclabili, constatato che il progetto del bike sharing zoppica perchè non vi è un vero innesto tra l'uso di auto, ferrovie, bici e mezzi pubblici.
Le navette, per esempio, non rappresentano una soluzione ottimale e forse occorrerebbe allungarne il percorso; attualmente rischiano solo di essere un esperimento dilettantistico, che in realtà interrompe il flusso di fruitori del servizio bus in piu' punti.
Certo, alcune idee di Galvagno - come la constatazione che la biblioteca necessita di piu' spazio - sono appropriate.
E' l'idea generale di città che manca ...
Da professore precario, come sono invece io, rimanderei la Giunta con un voto insufficiente, non per ragioni di "semplice" contrapposizione, ma perchè lo studente (pardon: il professore ...), è andato fuori tema e si è avventurato in discorsi lontani dalla Asti reale ...