La denuncia della Rete dei Numeri Pari e le proposte di associazioni e movimenti per sconfiggere le diseguaglianze.
I Rapporti pubblicati in questi giorni da Censis e ASviS raccontano il peggioramento delle condizioni materiali ed esistenziali nel nostro Paese, l’aumento delle disuguaglianze e dell’esclusione sociale. Da un lato, il Censis fotografa una società italiana che sembra affetta da sonnambulismo, precipitata in un sonno profondo dell’analisi razionale che servirebbe per affrontare dinamiche strutturali dagli esiti funesti, inabissata in una ipertrofia emotiva in cui le argomentazioni ragionevoli possono essere capovolte da continue scosse emozionali. Dall’altro, ASviS riporta le cattive performance di tutte le Regioni rispetto agli Obiettivi di sviluppo sostenibile e un aumento delle disuguaglianze territoriali diffuso in tutto il Paese, facendo emergere le responsabilità della politica e l’inadeguatezza delle risposte messe in campo a tutti i livelli...
In questo contesto, scrive il Censis, “trovano terreno fertile paure amplificate, fughe millenaristiche, spasmi apocalittici, l’improbabile e il verosimile”. L’84% della popolazione è impaurita dal clima «impazzito»; il 73,4% teme che i problemi strutturali irrisolti del nostro Paese provocheranno nei prossimi anni una crisi economica e sociale molto grave con povertà diffusa e violenza; il 53,1% ha paura che il colossale debito pubblico provocherà il collasso finanziario dello Stato; il 59,9% ha paura che scoppierà un conflitto mondiale che coinvolgerà anche l’Italia. Anche il welfare del futuro instilla nell’immaginario collettivo grandi preoccupazioni: il 73,8% della popolazione ha paura che negli anni a venire non ci sarà un numero sufficiente di lavoratori e lavoratrici per pagare le pensioni e il 69,2% pensa che non tutti potranno curarsi, perché la sanità pubblica non riuscirà a garantire prestazioni adeguate. Scenari ipotetici che paralizzano invece di mobilitare risorse per la ricerca di soluzioni efficaci: un “dissenso senza conflitto, che genera l’inerzia del sonnambulismo dinanzi alla complessità delle sfide che la società contemporanea deve affrontare”.
Se a questo sommiamo quanto emerso dai Rapporti Istat, Eurostat, Svimez pubblicati nei mesi scorsi e il ritorno del Governo al Patto di Stabilità, le prospettive sono disastrose. Nonostante i dati della povertà, le richieste delle NU e gli obblighi previsti dalla nostra Costituzione, Il Governo Meloni ha scelto di continuare la guerra ai poveri e ai ceti medi, preferendo garantire gli interessi particolari delle élite economiche e finanziarie del Paese. In spregio della dignità di milioni di persone ha cancellato il reddito di cittadinanza; azzerato il bonus casa e qualsiasi forma di sostegno alle famiglie in difficoltà; impedito l’istituzione del salario minimo legale; cancellato progetti del PNRR utili al contrasto alle mafie ed all’utilizzo sociale dei beni confiscati.
Solo la garanzia dei diritti sociali può consentirci di sconfiggere le povertà e ridare forza alla partecipazione dei cittadini e delle cittadine alla vita della Repubblica, garantendo un miglioramento complessivo della qualità della democrazia del nostro Paese. Per questo più di 700 realtà sociali del Paese, continuano a battersi per le proposte contenute nell’Agenda Sociale: reddito minimo garantito, diritto all’abitare, salario minimo legale, servizi sociali di qualità, lavoro giusto e dignitoso, diritto all’accoglienza, lotta alle mafie, no all’autonomia differenziata, utilizzo del PNRR per equità sociale e riconversione ecologica delle attività produttive attraverso co-programmazione e co-progettazione con i lavoratori e le comunità territoriali. Il Governo cambi subito rotta e metta al centro politiche in grado di dare risposte concrete ai milioni di persone impoverite, precarie ed escluse che vivono nel nostro Paese. Questo è l’unico programma politico in grado di sconfiggere le disuguaglianze, salvaguardando la democrazia e la pace.