Fermare il disegno di legge sull’Autonomia Regionale Differenziata. Fermare il disegno di legge sulla Concorrenza e il Mercato.
Il Comune è l’ente locale che rappresenta la comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo e la coesione sociale. Per le sue caratteristiche di centro abitativo nel quale si svolge la vita pubblica dei suoi abitanti, viene definito come il luogo della democrazia di prossimità.
Negli ultimi tre decenni, questo ruolo dei Comuni è stato messo pesantemente in discussione; è infatti su di essi che sono state scaricate la gran parte delle misure di austerità previste dai vincoli finanziari messi in campo dall’Unione Europea: dal patto di stabilità al pareggio di bilancio, dai tagli dei trasferimenti alle cosiddette “spending review”...
In seguito a queste misure, i Comuni si sono progressivamente trovati con sempre meno risorse per svolgere la propria funzione: il personale è stato pesantemente ridotto, gli investimenti sono stati praticamente azzerati, i servizi erogati sono stati drasticamente tagliati e in gran parte esternalizzati e/o privatizzati.
Tutto questo ha portato a un enorme aumento delle persone in situazione di povertà e di vulnerabilità, compromettendo in maniera significativa la coesione sociale all’interno delle comunità locali di riferimento.
Come se tutto questo non fosse sufficiente per rivedere le politiche sin qui portate avanti e come se pandemia, crisi climatica e crisi sociale non avessero chiarito a sufficienza la necessità di ripartire proprio dai Comuni per ripensare un altro modello sociale, il governo Draghi si appresta, con due gravissimi provvedimenti normativi, a dare il colpo di grazia alla storica funzione pubblica e sociale dei Comuni.
Il primo di questi provvedimenti è il disegno di legge sull’Autonomia Regionale Differenziata, che, nel prospettare il trasferimento di potestà legislativa esclusiva dal livello statuale a quello regionale su un numero impressionante di materie fondamentali per la vita delle persone –istruzione, sanità, ambiente, sicurezza sul lavoro, beni culturali, ricerca, infrastrutture etc.-, avrà l’effetto di amplificare a dismisura la diseguaglianza fra i territori, smembrare la scuola della Repubblica, aprire la porta all’eliminazione dei contratti nazionali, disarticolare settori fondamentali che necessitano di politiche nazionali (ambiente, infrastrutture) e infine portare a termine il processo di privatizzazione/liquidazione della sanità pubblica, aprendo la strada a pericolose derive di concorrenza e scontro tra le zone del Paese. A farne le spese sarebbero anche i Comuni, sottomessi ad un nuovo centralismo regionale, definitivamente schiacciati tra i pochi provvedimenti che resterebbero allo Stato e quelli crescenti assegnati alle Regioni.
Il secondo di questi provvedimenti è il disegno di legge sulla Concorrenza e il Mercato, che, nel predisporre l’obbligo sostanziale alla privatizzazione di tutti i servizi pubblici locali, dall’acqua all’energia, dai rifiuti al trasporto pubblico, dalla sanità ai servizi sociali e culturali, avrà l’effetto di amplificare a dismisura la diseguaglianza fra le persone all’interno del medesimo territorio, con aumenti delle tariffe e peggioramento della qualità dei servizi che pregiudicheranno l’accesso alle fasce povere e vulnerabili.
Entrambi questi provvedimenti minano la storica funzione pubblica e sociale dei Comuni: il primo recidendo la solidarietà territoriale e mettendoli in competizione fra loro, il secondo stravolgendone direttamente il ruolo e trasformandoli in enti il cui compito è la messa sul mercato di beni comuni e diritti.
Per questo chiediamo alle candidate Sindache e ai candidati Sindaci di prendere posizione e di schierarsi, aldilà delle diverse sensibilità politico-amministrative, contro questi provvedimenti, il cui combinato disposto minerebbe alle basi l’esistenza stessa dei Comuni, per come sin qui li abbiamo conosciuti.
Campagna per l’acqua, i beni comuni, i servizi pubblici e contro il Ddl Concorrenza
Comitati per il ritiro di ogni Autonomia Differenziata, per l’unità della Repubblica e l’uguaglianza dei diritti