di Giulia Piantadosi (sintesi intervento in occasione di una iniziativa dell'Anpi di Asti).
So di avere 5 minuti a mia disposizione per tentare di raccontarvi il mio 'perché', ovvero le motivazioni e i valori che spingono Giulia Piantadosi ad appena vent'anni (anzi, addirittura un po' prima: ad appena 18 ') ad entrare a far parte di una organizzazione un po' particolare come il Social Forum, una realtà che - allora come oggi - risulta presente e sufficientemente radicata in ogni angolo del nostro mondo in questa sua forma aggregativa assolutamente atipica, cioè né Partito né Associazione ma 'Rete spontanea' formata da Associazioni della Società Civile, da Organizzazioni Sindacali e da Partiti unitamente a 'semplici' uomini e donne di ogni età e ceto.
Una sorta di Araba Fenice, insomma, capace ogni giorno di nascere e morire e rinascere e nuovamente morire per ricrearsi in altre forme; priva di colori o bandiere, se non quelle delle libertà, dei diritti, della pace, della solidarietà e del rispetto.
Il breve tempo a mio disposizione ed il fatto di trovarmi da questa parte della sala con un microfono dinanzi (cosa per me inusuale e che un po' mi intimidisce '), credo che mi impediranno di trasferirvi tutta una serie di consapevolezze sui 'massimi sistemi' che avverto come fondamenti del mio voler appartenere alla logica dei Social Forum.
E di questo mi scuso immediatamente.
Cercherò, quindi, soltanto di porgervi qualche elemento della mia esperienza personale che possa essere utile per definire i contorni di una visione dell'oggi e del domani che poggia, a mio parere, proprio sul punto da cui questo nostro incontro odierno trova origine: cioè l'aderenza dei valori partigiani alla nostra azione quotidiana di giovani ventenni socialmente 'impegnati'.
Sì, perché io penso che se oggi fosse l'anno 1943 o il '44, il '45 o addirittura il 1946 (penso a quell'ancora poco affrontato momento di ribellione giovanile che, un anno dopo la liberazione dell'Italia, ebbe luogo a Santa Libera tra le colline della Langa pavesiana - con molti giovani astigiani tra i suoi protagonisti) ' ebbene, credo (anzi: sono certa) che io sarei sicuramente parte integrante del movimento partigiano. Non so in quale ruolo; onestamente, non so se il mio odierno credo, rigorosamente basato sulla nonviolenza, mi permetterebbe di sostituire la logica della persuasione e del dialogo a quella della forza delle armi ' Di certo, sarei tra le centinaia e centinaia di 'staffette partigiane' che, in quegli anni bui, diedero il loro importante (e silenzioso) contributo alle lotte di liberazione dal regime fascista.
Perché l'affermazione della libertà e l'affermazione dei diritti degli uomini e delle donne, ad oltre sessant'anni di distanza da quel capitolo di storie partigiane, sono in fondo gli elementi che guidano l'agire quotidiano dei Social Forum in un contesto che percepiamo come meno drammatico di allora solo perché non siamo nati in Darfur, in Palestina, Libano, Iraq, Afghanistan, Somalia, Cecenia, Sri Lanka, Kurdistan, Timor Est ' e la mia lista potrebbe essere tragicamente ben più lunga.
Ci sono due concetti che rappresentano oggi l'essenza della visione dei Social Forum e che determinano, nella mia percezione, i contorni del proseguimento di quei valori. Entrambi hanno assunto nel tempo una forma a 'slogan', ma non hanno perduto la loro forza e la materializzazione di una utopia assolutamente realizzabile, cioè vicina.
Il primo è quel grido 'un altro mondo è possibile' che si sollevò inizialmente a Seattle, a Porto Alegre e, nel nostro paese, a Genova. Milioni di persone che si ritrovarono spontaneamente assieme e ad una unica voce affermarono che questo modello di società e di vita non era (e non è) la soluzione ai nostri mali, che non è in grado di garantire l'uguaglianza e la condivisione, che l'abuso delle risorse necessarie a tenere in piedi questo sistema ci trascinerà al baratro nel breve/medio periodo.
Parlo di questa esistenza basata sui parametri dell'economia, sulla predominanza del PIL, sulla concezione che il mercato e la concorrenza sono i naturali regolatori ed equilibratori del sistema, che tutto è merce e che ogni merce ha un prezzo, per cui ciò che per noi oggi è un diritto viene immediatamente trasformato in un semplice bisogno che puoi soddisfare 'comprando' (ovviamente se le tue finanze lo permettono).
Parlo di un pianeta che vede quasi l'80 % della ricchezza mondiale prodotta nelle mani di poco meno del 20 % degli abitanti del pianeta; l' 1% di essi addirittura detiene quasi il 10 % di questa ricchezza complessiva; e ciò significa che i derelitti sono oggi qualcosa come 3 miliardi di persone, rappresentano la metà della popolazione mondiale e il loro numero sta progressivamente crescendo.
E questo sentenzia che continuare a credere che non può esistere un'alternativa a questo sistema che ha il nome di 'liberismo' è un errore che non ci possiamo permettere. Perché un altro mondo è possibile, anzi necessario. Potrei aggiungere qualche considerazione di tipo ambientale, ma in questi giorni credo siamo stati tutti sufficientemente bombardati da informazioni sullo stato di salute (anzi: di NON salute ') del nostro pianeta, sull'innalzamento delle temperature, sullo scioglimento dei ghiacciai, la progressiva riduzione delle acque potabili disponibili, la penuria di risorse energetiche, la cancerogenità delle arie cittadine ecc. ecc.. Tutti elementi che portano a dover ragionare in una ottica di alternativa drastica ed urgente.
Oggi come allora sono le libertà e i diritti a dover essere difesi e la battaglia da combattere non può che avere l'obiettivo di costruire un nuovo sistema sociale fatto di equità, di beni comuni condivisi, dunque di valori.
Il secondo concetto-slogan che vorrei richiamare quest'oggi sta al centro del dibattito sulla forma da far assumere a questo 'altro mondo possibile' e si riassume in questo modo: 'cambiare il mondo senza prendere il potere'.
Può sembrare una enorme pura utopia, me ne rendo conto. Eppure oggi, nel mondo, siamo in molti a sostenere che lottare per costituire un Contro-Potere e sostituirsi ad un Potere porta inevitabilmente, una volta raggiunto l'obiettivo, a trovarsi a dover gestire un nuovo Potere privo delle basi di condivisione necessarie per modificare il sistema alla sua radice. Insomma, una volta raggiunto il Potere, il 'sistema' non è comunque governabile ed il futuro di quello sperato Contro-Potere, sarà irrimediabilmente segnato da passi falsi e da un fallimento certo delle sue aspettative 'altre'. E' quanto abbiamo sotto gli occhi oggi; l'alternanza che caratterizza il nostro sistema democratico a 'blocchi' non è in grado di determinare un reale cambiamento di rotta: si 'rattoppa' il buco ma il problema che lo causa continua a restare immutato ed a riprodurre falle '
Cosa significa tutto ciò ? Che se davvero vogliamo cambiare la logica che governa il nostro sistema, dobbiamo lavorare sulla partecipazione attiva dei cittadini a tutti i processi di gestione della cosa pubblica, rendere diffusamente di massa ciò che oggi compete ad esclusive elite, rendere trasparente e facilmente giudicabile l'attività di qualunque amministrazione, trasformare la politica (nel senso di polis, ovviamente) in una abituale pratica quotidiana anziché in una professione.
E' quindi, innanzitutto, un problema 'culturale': occorre un lavoro profondo e 'dal basso' per far risorgere uno spirito di critica assolutamente consapevole da parte di masse davvero consistenti, mettere in luce le differenze che oggi governano le nostre comunità ed annullarle, progettare un futuro basato sui diritti e non su uno sviluppo economico: il concetto di crescita non deve più portarci a pensare alla produzione di beni e servizi ma deve considerare la sfera dei valori condivisi. Forse dovremmo ripartire, in questo nostro 'altro mondo possibile' da quattro essenziali elementi: Acqua, Aria, Terra (nel senso di territorio), Fuoco (nel senso di Energia). Insomma, dovremmo ripartire dall'inizio '
Questo è, nel suo piccolo, ciò che anche il Social Forum astigiano sta cercando di fare e che io, nel mio ancor più piccolo, sto ugualmente cercando di fare. Occupandoci di diritti dei Migranti come del diritto all'abitare, del diritto alla pace come al diritto al lavoro, alla salute, all'istruzione, all'assistenza, all'acqua e al cibo '
Ben conscia che la strada da percorrere sarà lunga e che la dovremo percorrere camminando e domandando '