Negli anni attorno al 1930 ci fu fame, miseria, fascismo, nazismo e poi guerre. Ora non dovremmo avere più timori; eppure alcuni usano ancora concetti da guerra fredda, ma gli anni 1930 li ricordiamo bene … Il primo ministro ungherese, Gyurcsany, ha affermato che nell’attuale crisi economica e finanziaria si sta materializzando in Europa una “nuova cortina di ferro”, mentre tendeva la mano per avere 180 miliardi di euro destinati a salvare le nazioni dell’Europa Orientale: parimenti, il sig. Gyurcsany ha chiesto per le nazioni orientali una entrata nell’Euro accelerata. Nessuna delle due idee ha incontrato il favore delle Nazioni già con la moneta unica ...
La tedesca cancelliera Merkel – che è una “Ossie”, cioè viene dalla Germania dell’Est - ha detto che gli aiuti eventuali saranno dati su una base “caso per caso”, dato che le Nazioni dell’Europa Orientale hanno situazioni e bisogni “molto diversi”. Circa l’entrata nell’Euro, la Sig.ra Merkel non ritiene la cosa possibile, ma pensa che possano essere dati degli aiuti per ancorare le singole monete all’Euro, come del resto fanno già ad esempio Tunisia e Algeria, che Europee non sono. I polacchi, gli Slovacchi e i Cechi sono anch’essi ostili alla proposta ungherese. Le loro economie sono messe meglio dell’indebitatissima Ungheria o della Lettonia senza credito, e hanno paura del contagio, e cioè che l’intera Europa Orientale vada seriamente nei guai.
Poi c’è la paura degli anni 1930: le elezioni Europee sono vicine, e le manifestazioni estremiste in Grecia, Bulgaria Lettonia e Lituania hanno messo paura in giro per l’Europa. Gli estremisti sia di destra che di sinistra cercano spazio: nessuno ha ancora visto camicie nere, brune o rosse, ma il loro ricordo è molto vivo, anche se non nei più giovani. Il timore è che l’economia degli anni 1930 riporti ad una politica simile a quei tempi, immediatamente successivi alla Grande Crisi e Depressione del 1929 che, anche in quel caso, come oggi, venne innescata dall’avidità di pochi americani a Wall Steeet (“those damn Jews in Wall Street” – quei maledetti ebrei di Wall Street – fu il commento del vecchio Henry Ford all’epoca).
Vi è motivo di credere e sperare che la democrazia multi-partito e socialdemocratica sia in buone condizioni in tutta Europa. Anzitutto, tutti ricordano che cosa successe negli anni 1930: l’Europa a quel tempo era un posto molto pericoloso e i suoi cittadini più poveri erano alla fame: in Sardegna la gente povera mangiava cactus e piante selvatiche per sopravvivere, ed in Emilia e Veneto (!!!!) durante l’inverno i braccianti agricoli non avevano da mangiare per mogli e figli. Gli ammortizzatori sociali erano inadeguati o non esistevano proprio e chi scrive, nato nel 1933, ricorda nel 1938/39 i treni dei braccianti emiliani che andavano in Germania a lavorare nell’Agricoltura.
In Danimarca la disoccupazione toccò il 40% e il Governo comprava bestiame dai contadini disperati. Nel 1933 quasi due terzi della spesa pubblica Greca andava a pagare gli interessi del debito estero, prima che il Governo dichiarasse l’insolvenza nazionale. La prima guerra mondiale aveva lasciato inoltre l’Europa in ginocchio, con in più il dovere di ripagare i debiti di guerra fatti con l’America che voleva i soldi (beh, erano nei guai anche loro, anche se per loro colpa).
Malgrado l’iperinflazione – poi curata dal Capo della Bundesbank Hjalmar Schacht con una rapina ai danni dei risparmiatori tedeschi – la Germania restava un Paese forte, che desiderava modificare i confini a Est e a Ovest che la sconfitta le aveva imposto.
In Italia, Mussolini voleva il controllo totale dell’Adriatico (chiave dei commerci con l’oriente), ed essere la potenza più forte del Mediterraneo, il Mare Nostrum.
L’Austria e l’Ungheria erano giganti umiliati che sognavano la precedente grandezza (e combinarono un mare di guai nel ricercarla) e la Russia Comunista di Stalin invadeva gli animi e le nazioni e si faceva sentire in Spagna, dove scoppiò una guerra sanguinosissima.
Ma la preoccupazione non è tanto che delle forze estremiste, spinte dalla miseria della gente, stiano prendendo peso: è che ai massimi livelli, Sarkozy, la Merkel, la Lega Nord Italiana, stiano facendo discorsi e stiano agendo per limitare in qualche modo il flusso dei lavoratori, la permanenza di gente anche dubbia, ma che spende nelle nostre economie etc.
In più, stanno parlando di bloccare i paradisi fiscali, in particolare la Svizzera che al centro dell’Europa è un’autentica vergogna. Nel 1932, sulla spinta del furore popolare, la polizia Francese forzò e perquisì la sede Parigina di una banca svizzera aprendo i registri dei correntisti: saltarono fuori parecchi parlamentari dell’Assemblea Nazionale, giornalisti e direttori dei giornali di grido e un reggimento di vescovi (fu quel raid che indusse il Governo Svizzero ad approvare per legge il famoso Segreto Bancario).
Negli anni ‘20 la Francia, prima della depressione, era uno dei mercati del lavoro più aperti d’Europa, accogliendo Polacchi, Cecoslovacchi, Belgi, Italiani, Spagnoli e Svizzeri, più un numero impressionante di rifugiati politici. Ma fra il 1932 e il 1935 una serie di leggi pose limiti molto stretti all’ingresso di stranieri e impedì che si spostassero da un lavoro ad un altro. Decine di migliaia di persone, per lo più polacchi, vennero espulsi a forza. Le classi medie si protessero parimenti: nuove leggi proibirono a laureati stranieri – moltissimi ebrei - di esercitare le professioni medica e legale.
Beh, in America è ancora così: nell’Avvocatura i limiti sono culturali e di struttura, ma nessun medico laureato non in America, per quanto luminare, può esercitare in USA: inoltre, anche se stanno a detta di tutti tagliandosi i cosiddetti, gli USA stanno limitando anche gli ingressi e le permanenze a scienziati, ingegneri, informatici, biologi, elettronici etc. di nazionalità e laurea estera.
Negli stessi anni 1930, sempre in America, la stupidissima e bigotta legge MacCarran limitava il numero di ingressi a “gente non anglosassone”. A essere colpiti furono gli Italiani, che s’erano fatti la fama di gangsters durante il proibizionismo.
Al giorno d’oggi, in Inghilterra i giornali danno risalto ai concetti di “lavori inglesi per lavoratori inglesi”. In Spagna, dove durante il boom edilizio entravano tutti, si paga ora una buona uscita ai lavoratori stranieri perché se ne vadano. In Italia la Lega Nord sta facendo fuoco e fiamme, tra il massimo consenso popolare, per espellere o limitate gli zingari romeni (beh, erano duri da digerire negli anni 1930 e lo sono ancora ora). E gli zingari devono solo ringraziare le leggi dell’Unione Europa sulla libertà di movimento, sennò quegli zingari, ora come allora, avrebbero iniziato ad essere avviati in Centri di Raccolta (alias Campi di Concentramento – brutta parola).
Difendere la Socialdemocrazia liberale (questo a noi ha insegnato il vecchio Bobbio)
E qui sta la ragione più forte per non temere che si ripetano gli anni 1930: i politici delle nazioni Europee e delle Istituzioni di Bruxelles sono legati da leggi e tradizioni socialdemocratiche, liberali, votate al libero commercio e con standard internazionali (anzi, anche gli USA, zitti zitti, ne hanno adottati parecchi su modello Europeo).
E’ vero, in questa crisi, davanti alla gente senza lavoro, in miseria e con il futuro a rischio, è difficile e duro non difendere degli interessi localissimi. Ma c’è anche un consenso generale che dalla crisi si esce non facendo dell’autarchia fasulla, e specie in un’Italia che vive di export e di integrazione.
Chi scrive, a 25 anni, vivendo in camere a due letti a Torino San Salvario per dividere le spese con altri ingegneri emiliani, lombardi e veneti, andava a Porta Nuova a vedere l’arrivo dei treni del Sud, mentre dei “politicotti” ignobilmente ignoranti tappezzavano via Roma e il centro di Torino con manifesti “Torino ai Torinesi!”. Beh, meno male che, forti delle civiltà millenaria dei Comuni dell’Emilia e della Lombardia, e delle tradizioni delle Repubblica di Venezia, ci siamo fermati, noi ed altri, e che qui sono cresciuti e operano i nostri figli e stanno crescendo dei nipoti, ma ci sono ancora molti, anche fra i vecchi dirigenti Fiat d’antan (quelli che venivano promossi a posti fare poco, e responsabilizzarsi anche meno, “ex imperio FAMILIAE”), che dicono ancora “ oh Diau, cui Napuli en bele là a i eru meji che custi!”.
Le istituzioni europee, al limite, possono citare in giudizio singoli Paesi membri in caso di inadempienze gravi, ma si sono rivelate più efficaci delle azioni combinate fra Bruxelles e Paesi vicini: in Austria i neo nazisti di Heider (morto guidando ubriaco) sono stati e sono neutralizzati a seguito di contatti a livello locale da parte di alti rappresentanti dell’Europa, e nel 1998 agli Slovacchi venne detto brutalmente che se volevano entrare in Europa, e restarci, non dovevano eleggere un certo esaltato nazionalista, Vladimir Meciar.
E questa è la chiave del successo futuro, anche se le cose per un po’ potranno peggiorare. Le nazioni dell’Euro sono forti, e stanno affrontando la crisi in modo ordinato e responsabile, molto più dell’America. Non si sognano neppure di rompere l’Unione; e le Nazioni dell’Est, in tempi duri, stanno infinitamente meglio poveri ma aiutati da un’Europa a Ovest che oppressi (ad esempio con il gas) da una Russia a Est, ed anche questo lo hanno imparato bene.
Grazie quindi, con tutti i suoi difetti, alla nostra cara Unione Europea, e teniamocela da conto.