L’organizzazione “Grinzane Cavour” nella oltre ventennale attività di promozione della cultura sul territorio piemontese ha agito essenzialmente su due piani.
Il piano cerimoniale e spettacolare degli eventi di assegnazione premi e riconoscimenti basato sul principio che più è famoso, importante e qualificato dal punto di vista intellettuale il personaggio protagonista dell’evento più è ampia ed efficace l’azione informativa che l’evento produce e più è sicura e concreta la ricaduta in termini di effetti di valorizzazione. Un modello culturale questo che ha suscitato consenso e che quasi tutti hanno condiviso e apprezzato, accettando di elargire all’organizzazione finanziamenti generosi, omaggi e alleanze strategiche ...
Secondario ma parallelo al primo il piano dell’interazione con scuole, associazioni, fondazioni ed enti locali, disposti a diventare partner e a condividere momenti di cultura (convegni, festival teatrali, incontri con l’autore) abilmente coordinati dalla Segreteria torinese, dispensatrice, dall’alto, di un intervento distributivo di fruizione culturale apparso quasi sempre adeguato e di alto profilo.
Fino al dicembre del 2007, prima della pubblicazione dell’entità dei contributi erogati al Grinzane dal Comune di Alba, nessuno sul territorio aveva ben chiaro l’ammontare delle risorse finanziarie che i due piani di intervento della potente organizzazione sottraevano al territorio. La pubblicazione di quei dati innescò una polemica che si estese a quasi tutta la provincia di Cuneo e alla quale anche gli organi di informazione diedero un certo risalto.
A distanza di un anno la pubblicazione dei contributi su progetti erogati al Grinzane nel 2008 (La Stampa, 18 febbraio 2009) ha creato in “tante formiche operaie della cultura di territorio” un fortissimo sentimento di smarrimento e di indignazione, la meraviglia in negativo che solo le grandi sorprese possono produrre.
A lasciare senza fiato non è solo l’ammontare globale dei contributi assegnati da Comunità Europea, Ministero, Regioni, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Province, Comuni, Fondazioni, una cifra sbalorditiva che la gente normale non è nemmeno in grado di scrivere o pronunciare in modo corretto, ma la destinazione di questo flusso ingente di finanziamenti: fra le tante voci in uscita 602.795 mila euro per consulenze pagate a collaboratori esterni, più di 450 mila euro spesi tra ristoranti e alberghi, 285 mila euro spesi in viaggi, 74 mila euro usati per i gettoni di presenza e 32 mila euro spesi in telefonate.
Non volendo nemmeno prendere in considerazione la possibilità che fondi pubblici possano essere stati usati per le abitazioni sfarzose, in Italia e all’estero, del Presidente dell’Organizzazione o per i suoi momenti di svago, situazione questa che suonerebbe particolarmente offensiva nei confronti di chi davvero si occupa di cultura in modo disinteressato, le notizie che quotidianamente radio, televisioni e organi di stampa diffondono inducono ad una riflessione di carattere più generale.
Serve davvero al territorio una cultura così costosa che per far star bene personaggi già ricchi e famosi li tiene simpaticamente in ostaggio in alberghi e ristoranti d’alto bordo, offre loro ricchi premi in denaro o ricche prebende, paga a gettoni e consulenze il rito mediatico del successo ?
Sono davvero così garantite le ricadute d’immagine che l’onda mediatica può produrre quando tutti accorrono ad applaudire il vip che viene in visita, butta l’occhio intorno a sé e ringrazia con un sorriso distratto dell’ attenzione esagerata che gli viene rivolta ?
E infine. E’ di questo modello culturale, costoso ed egoista, che il nostro territorio ha bisogno ?
Sapendo di dare voce ad un movimento d’opinione minoritario e perdente l’Associazione Culturale Arvangia torna a ribadire quanto già ebbe modo di dichiarare prima dell’inchiesta che indaga sulla gestione finanziaria del Grinzane. Il territorio ha bisogno di persone che tengano aperte le biblioteche, che si riuniscano spontaneamente per recitare insieme, o suonare, o cantare, che amino il loro paese e dedichino tempo ed energia a renderlo vivo.
Ha bisogno delle persone che scrivono sul bollettino parrocchiale, che raccolgono fondi a sostegno di iniziative di solidarietà, che fanno ricerca negli archivi, raccolgono testimonianze di vita, sanno allestire mostre, raccogliere e conservare documenti, animare la festa patronale, valorizzare tradizioni o sentieri, impegnarsi perché la scuola diventi comunità e non corpo estraneo.
Queste persone esistono, sono tante, agiscono concretamente da “antenne culturali” e meritano rispetto. Negare aiuti economici a loro, con la scusa che non fanno notizia, per destinarli in forma prevalente alla cultura che alimenta i suoi privilegi non è giusto e non aiuta il territorio a crescere ma lo impoverisce.
Rimane aperta la discussione su come vadano spesi i soldi stanziati per la cultura e che risultati sia giusto attendersi da questi investimenti. Una discussione che ha bisogno della partecipazione di tutti, specie di quelli che sulla linea di confine della cultura reale hanno messo le radici.