La casa popolare agli astigiani "Doc"

di Carlo Sottile, portavoce dell'Associazione Coordinamento Asti-Est.
ImageL'anzianità di residenza (20/30 anni ?) come requisito per accedere ai bandi o per attribuire punteggio nelle graduatorie delle case popolari. L'assessore alle politiche sociali, Verrua, ne ha dato l'annuncio. Insomma, le case popolari agli “astigiani doc”. L'intenzione non è nuova. Purtroppo, nel panorama politico settentrionale, lo spirito delle leggi che tutelano il diritto all'abitare viene sistematicamente tradito, insieme ai principi di uguaglianza retoricamente inscritti negli Statuti Regionali, quello della regione Piemonte compreso ...
Il TAR della Lombardia ha già discusso la legittimità di un atto del Comune di Milano, che introduceva nella normativa quel requisito. I giudici hanno considerato quel requisito, l'anzianità di residenza, discriminatorio, “estraneo alla ratio della normativa dell’Erp (edilizia residenziale pubblica)”, una inaccettabile violazione di garanzie costituzionalmente riconosciute, e dunque hanno invalidato l'atto.

I pretesti formali addotti possono essere colti anche nella legge regionale del Piemonte (art.2, requisiti di accesso ai bandi)**, infatti l'assessore Verrua non ha perso l'occasione. Essendo pretesti non renderebbero più trasparente, come verrà detto, l'amministrazione di una risorsa scarsa, anzi scarsissima, come la casa popolare. Confermerebbero, peggiorandola, una politica di clientele, di pelosa filantropia e, sempre più spesso, di scelte xenofobe.

Sono le cifre, di un incontenibile (e negato) bisogno abitativo, che dimostrano questo assunto:

  • sul territorio nazionale, sono 600.000 le famiglie in attesa di casa popolare in inesauribili graduatorie Atc (il tasso medio nazionale di assegnazione è del 7 % delle domande) e Nonisma (istituto privato di ricerca economica a livello europeo a cui si rivolgono gli enti pubblici) giudica che si debba costruire un milione di case popolari per rispondere al bisogno abitativo insoddisfatto.

  • da maggio del 2005 il Comune di Asti non ha disponibilità di nuovi alloggi popolari. Togliendo i 18 di via Dettoni, peraltro assegnati già in fase di previsione e fuori graduatoria, il Comune disporrà di nuovi alloggi solo nel 2011. Per accogliere le richieste del bando tutt'ora in vigore (630 aspiranti assegnatari, senza contare le “emergenze”), l'assessorato alle Politiche Sociali ha avuto (e avrà) la disponibilità degli alloggi “di risulta” (circa 30 all'anno), cioè gli alloggi popolari lasciati dagli inquilini per ragioni varie (morte, superamento dei limiti di reddito, morosità colpevole, ecc).

In questo contesto l'adozione del requisito dell'anzianità di residenza non è solo illegittimo perché discrimina tra cittadini, è soprattutto indecente.

E' indecente perché copre le cause più generali di questo drammatico problema sociale, in primis la scelta, reiterata da governi di diverso colore politico, di consegnare il bisogno abitativo al mercato delle locazioni. Vale a dire, la rinuncia ad una seria politica per la casa, l'indifferenza verso un divario tra domanda e offerta di case popolari diventato, nei tempi brevi, ormai incolmabile.

E' indecente perché risponde alla richiesta xenofoba di escludere i cittadini extracomunitari dai bandi per le assegnazioni delle poche case popolari disponibili.

In molti Comuni del Piemonte, il numero delle domande di accesso ai bandi per la casa popolare dei cittadini extracomunitari supera il 50 % del totale delle domande. La legge regionale richiede ai cittadini extracomunitari requisiti di accesso più selettivi. Infatti è altissimo, circa l'80 % del totale, il numero delle domande di accesso respinte. L'adozione del requisito di anzianità di residenza renderebbe la legge regionale ancora meno inclusiva per questi cittadini.

Ci sono dunque tutte le ragioni per opporsi ai propositi dell'assessore Verrua e noi, come Associazione, lo faremo. Ma il nostro giudizio è scontato. Sarebbe meno scontato se si levasse la voce critica di qualche funzionario e di qualche operatore dell'assessorato ai Servizi Sociali. La difesa di una cultura dei diritti non dovrebbe ammettere eccezioni, almeno nei rapporti di lavoro regolati da contratti sindacali.



** I comuni hanno facoltà di assegnare un'aliquota massima del 30 per cento, arrotondato all'unità superiore, degli alloggi che si rendono disponibili su base annua a nuclei collocati in graduatoria ed in possesso di ulteriori requisiti stabiliti e verificati dai comuni medesimi.





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