"Se ci conosciamo, non abbiamo paura". Potrebbe essere questa la sintesi di un incontro molto concreto tenutosi a Castagnole Lanze per il secondo appuntamento del ciclo: "Parliamone. Storie di un mondo possibile, ma che già c'è. A pochi chilometri da casa nostra", organizzato dalla Biblioteca comunale. La frase l'ha pronunciata Claudio Amerio, "motore" di un progetto che dal 2014 ha dato origine alla cooperativa agricola sociale Maramao che, tra Canelli e Calamandrana, recupera terreni abbandonati e li coltiva con metodo biologico coinvolgendo alcuni dei richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale ospiti dei progetti SPRAR...
L'esperienza di Maramao era stata scelta dagli organizzatori per inquadrare il delicato fenomeno delle migrazioni alla luce di una "storia" concreta e vicina e Amerio, con grande assertività, non si è fatto pregare nel coniugare il tema unendo la situazione globale alla quotidiana attività della sua cooperativa.
Si è così partiti ragionando attorno a quel concetto di "invasione" che spesso compare come mantra di certezze quando si parla di stranieri che lasciano le loro terre in cerca di un futuro migliore e bussano alle porte del nostro Paese. Ma in termini assoluti non è l’Italia lo Stato europeo che ospita più rifugiati e richiedenti asilo: è la Germania, che nel 2017 ha concesso lo status di rifugiato a 325.370 persone, dieci volte di più delle 35.130 dell’Italia (che pure è il terzo paese per numero di rifugiati accolti, dopo la Francia).
Nel 2018 il numero di persone accolte nei centri in Italia è di circa 160 mila; il totale delle accoglienze è in lieve contrazione rispetto al 2017, quando si è raggiunto un picco di 193 mila.
In Europa il paese con più rifugiati ogni mille abitanti è la Svezia con 23,4 rifugiati, seguita da Malta con 18,3. L’Italia è undicesima con 2,4 rifugiati ogni mille abitanti.
Perchè fuggono dai loro Paesi? Per Amerio la risposta è molto semplice: non fuggono, ma si muovono. Come gli immigrati italiani di 60/100 anni fa, come tutte le persone che soffrono di problemi economici, carestie, negazione di diritti primari. Come i giovani italiani di oggi, che cercano all'estero un'affermazione sociale che qui da noi stentano a realizzare.
E i migranti che cercano di raggiungere le coste italiane, lo fanno spesso per raggiungere non una meta ma una tappa, da cui poi muoversi per una risalita successiva che li possa portare in Svezia, in Germania, nel nord Europa, dove già altri famigliari o amici hanno messo su casa e trovato lavoro.
Ma gli stranieri ci portano via il lavoro? No, conferma Amerio: assumono progressivamente le posizioni meno qualificate abbandonate dagli italiani, trovando mansioni - spesso irregolari e sottopagate - in attività faticose e di bassa manovalanza, in particolare nei settori dell'edilizia e dell'agricoltura.
Ma non dobbiamo scordarci che dal 1993 il saldo naturale nel nostro Paese è diventato negativo, cioè più morti che nascite: se non ci fossero gli stranieri, chi curerebbe le nostre vigne e i nostri orti? E chi alimenterebbe le risorse delle nostre pensioni?
Spesso il sistema nazionale di accoglienza è stato messo sotto accusa a causa di grandi progetti nati sulla spinta dell' "emergenza migranti" dichiarata dal 2011. Fino a quel momento il sistema si era preoccupato non soltanto di accogliere, ma anche di formare, istruire, creare relazioni, reperire occupazioni. Scoppiata l'emergenza, si sono sviluppate cooperative sociali ex novo prevalentemente attratte dai rimborsi garantiti dallo Stato. Questo ha portato alla creazione di centri di accoglienza (ad esempio alberghi) con 50/100 ospiti, non assistiti da un vero progetto di integrazione e quindi forieri di problemi sociali, puntualmente raccontati nelle cronache dei giornali.
Maramao ha puntato su un progetto di piccole dimensioni basato su integrazione sociale, benessere delle persone coinvolte, relazioni di fiducia sul territorio tra chi coltiva e chi consuma i prodotti, possibilità formative e di inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati e richiedenti asilo/rifugiati. I terreni coltivati da Maramao sono di proprietà di privati, che li hanno affittati a basso costo o concessi in comodato gratuito, e da cui vengono prodotti ortaggi, cereali, uva, nocciole, passate di pomodoro, marmellate, succhi di frutta, pane e vino coltivati e prodotti secondo tecniche di agricoltura biologica. I prodotti di Maramao vengono direttamente distribuiti (anche attraverso il rapporto instaurato con Gruppi di Acquisto Solidali) e, da qualche mese, è stato anche aperto un punto di vendita a Canelli in corso Libertà 69, vicino alla stazione ferroviaria.
L'avvio ha avuto, inevitabilmente, le sue difficoltà e la prima è certamente stata quella di avvicinare rifugiati e richiedenti asilo al lavoro agricolo e alla cura delle viti, attività lontane dalle loro abitudini. C'è stata una fase di formazione in campo e di sperimentazioni, che hanno visto spesso la consulenza diretta di anziani contadini canellesi, pronti a dispensare i loro segreti e contribuire, così, alla crescita esperienziale dei giovani.
Amerio ha anche raccontato l'aneddoto del primo giorno in cui lui e alcuni ragazzi africani iniziarono a lavorare un appezzamento appena affidatogli dagli anziani proprietari. Dopo pochi minuti - a seguito di una segnalazione telefonica di qualche vicino - due auto dei carabinieri li raggiunsero per verificare cosa stessero facendo: il colore della pelle spesso spaventa.
Oggi gli stessi vicini, la mattina, vanno a lavorare più tranquilli perchè sanno che nel campo c'è qualcuno che terrà sotto controllo la loro casa dalle sempre possibili "visite" di malintenzionati.
"Se ci conosciamo, non abbiamo paura". Appunto.
Ma prima ci dobbiamo conoscere; e non sempre queste relazioni le sappiamo costruire...