di Emanuele Bruzzone, Comitato per la difesa della Costituzione.
Soltanto sei mesi fa, come molti altri preoccupati dei barcollanti equilibri istituzionali, pensavo che, nonostante tutto, la nostra Carta costituzionale aveva superato le sfide più rilevanti arrecatele fossero esse subdole o palesi (per esempio quella del referendum voluto e propagandato a suo tempo dal Renzi allora gladiatore, oggi ancora in agguato nell’impedire un indispensabile rifacimento “ab imis” della sinistra). Invece gli sviluppi culturali e politici più recenti ci hanno pesantemente ricondotto a una ben più triste realtà. Guardiamo agli ultimi tempi, mesi ...
Molteplici infatti sono stati gli sbreghi che la Costituzione ha subito e sta continuando a subire.
Non intendo qui valutare politicamente l’esito delle elezioni del 4 marzo, peraltro frutto di una sciagurata legge elettorale (approvata con varie forzature anticostituzionali e a colpi di fiducia), ma desidero invece evidenziare alcuni preoccupanti elementi completamente antitetici sia rispetto alla Costituzione in sé che a quella costituzione materiale che ha connotato la nostra storia repubblicana. Per cui non vanno presi sottogamba i roboanti proclami tipo “Questo è un nuovo inizio”, “Adesso comincia davvero la Terza repubblica” ecc.
Detto in metafora: “Siamo noi che stiamo schiudendo un uovo fecondo, impensabile finora”: ma se invece si rivelasse per la democrazia un "uovo di serpente" ?!
Innanzitutto l’anomala, prolungatissima negoziazione, con concomitante blocco dell’attività del Parlamento, tra due forze politiche quantitativamente asimmetriche. L’una, i Cinque Stelle, uscita davvero vincitrice dalle urne e l’altra, la Lega, presentatasi con il centrodestra, ma che, autodesignatasi come egemone in base al voto proporzionale, si sfila dalla coalizione trattando da sola.
Esse sono arrivate così alla consultazione con il Capo dello Stato prospettandogli, spesso con toni ultimativi, non un articolato programma di governo (sul quale andare poi a chiedere la fiducia delle Camere), ma un contratto stipulato tra due privati contraenti.
Fattispecie giuridica presente nel Codice civile, ma assente nella Costituzione quando si riferisce al come si forma un esecutivo.
Varato dunque il nuovo governo con Presidente del consiglio l’apparentemente scialbo prof. Conte che subito si definì “Avvocato di tutti gli italiani”, altra anomala invasione di campo rispetto al ruolo del Presidente della Repubblica, subito è emersa una logica di estrema personalizzazione da tempo abilmente costruita attraverso un martellante uso dei social. Tradottasi nell’attribuzione di due macrodeleghe di governo per i due condottieri vincenti: a Di Maio un megaministero comprendente Sviluppo Economico, Lavoro, Politiche sociali. E a Salvini il fondamentale Ministero dell’Interno: a capo dunque di un dicastero cruciale per decisioni e propaganda su nodi delicatissimi quali l’immigrazione, l’uso delle forze dell’ordine ecc. dal quale lanciare di continuo messaggi a segmenti di popolazione vogliosi di sicurezza non importa a quale prezzo gestita.
Ma, ciò che più conta, in questi ultimi tre mesi si sono via via disvelati i veri contenuti di fondo dell’impostazione del programma lega-stellato che già si intravedevano dietro le mediazioni e i giri di parole del “contratto”.
Mi riferisco al persistente richiamo al nazionalismo sotto veste di sovranismo in chiave non solo genericamente euroscettica, ma propriamente antieuropea. Posizione questa ampiamente non solo propagandata, ma ampiamente praticata da Salvini diventato ormai l’effettivo dominus dell’esecutivo. Si pensi al suo asse permanente con il premier ungherese Orban, demolitore dello Stato di diritto nel suo Paese, che non nasconde la sua esplicita mira di voler contagiare l’intera Unione Europea esportando il suo modello di “democrazia illiberale”.
Pericoloso ossimoro questo, che rappresenta quanto di più contrastante si possa pensare con l’articolazione istituzionale di una Costituzione come la nostra basata sulla separazione dei poteri.
Che evidentemente infastidisce non poco il capo leghista: che recentemente ha gravemente affermato la supremazia delle decisioni del suo esecutivo al di sopra di ogni vincolo di legge e dettato costituzionale. Aprendo un pericolosissimo conflitto con la magistratura al momento delle due indagini che lo coinvolgono.
Per di più nella modalità plebiscitaria, al limite della chiamata insurrezionale, di appello al popolo via tweet: “Io sono stato eletto, i magistrati no: e voi che mi avete eletto siete miei complici.”
Tralascio per brevità altri riferimenti ad esempio, oltre alla tutela dei diritti e le politiche contro i migranti, le non scelte di politica economica con relative ricadute sulla vita quotidiana dei cittadini.
Se dunque il quadro è così fosco, come se ne può uscire?
Direi soltanto in poche parole: senza enfatizzare una gamma eccessiva di allarmismi (bastano e avanzano quelli segnalati), ma evitando le scorciatoie di analisi che conducono a soluzioni politiciste.
All’insegna del sempre valido consiglio del filosofo: "Le azioni umane non vanno derise, compiante o detestate, ma capite" (Baruch Spinoza, Tractatus politicus 1676).