di Luca Mercalli.
Per rendere più sicuro e inequivocabile il recapito della posta elettronica, al pari di una lettera raccomandata, è stata inventata la "PEC", posta elettronica certificata. La uso pochissimo, in genere mi basta una richiesta di ricevuta di ritorno sulla posta "normale", basata sul rapporto tra persone che osservano criteri di rispetto e fiducia ...
Ma con l'ente pubblico la PEC è d'obbligo, e dovrebbe tutelare chi spedisce e chi riceve.
Ho inviato negli ultimi mesi posta certificata alla Prefettura di Torino e all'INPS. Tutto tace. Non sai mai se l'hanno ricevuta veramente, se l'hanno aperta, ne hanno letto il contenuto, e se la tua richiesta è stata considerata, se una procedura è stata avviata. Solo silenzio, e la magra consolazione che in caso di successivi contenziosi esiste una prova di invio speriamo inoppugnabile in giudizio.
"Ma l'ho mandata con la PEC!" Già, l'hai mandata, ma dall'altra parte, qualcuno l'ha guardata? A Torino diciamo che non ti è stato detto "nè crepa, nè s-ciopa".
Poco fa dei colleghi altoatesini, gente precisa e che osserva con scrupolo l'enorme carico burocratico imposto dal governo centrale sebbene da esso stesso spesso disatteso - mi hanno telefonato abbattuti per un ritardo di tre mesi su un documento contabile che mi riguarda, da tempo richiesto con PEC all'INPS e mai arrivato nel totale silenzio, nella totale impossibilità di sapere a chi rivolgersi, a chi appellarsi.
Pec = posta elettronica cestinata.
Questi episodi sono indice di una enorme mancanza di considerazione per il cittadino da parte del funzionario pubblico preposto al rapporto con coloro che - è bene ricordarglielo - gli pagano lo stipendio. Disinteresse, sciatteria, menefreghismo, e soprattutto, la totale mancanza di empatia, l'incapacità o la non volontà del burocrate di mettersi nei panni del prossimo, pensando che quel suo silenzio è fonte di gravi disagi per chi ha presentato una richiesta alla pubblica amministrazione. E' una tenebrosa macchina per generare infelicità e frustrazione individuale e collettiva.
Ecco perchè in Italia il livello di stima del cittadino per l'impiegato pubblico è - con le dovute eccezioni - molto basso. E' un problema di relazioni sociali compromesse, di cattiva educazione, di mancanza di senso di responsabilità e di scarso orgoglio per il proprio lavoro. Altro che il meticoloso Faussone di cui Primo Levi ci parla ne La chiave a Stella (1978)!
Ai miei rigorosi colleghi di Bolzano non riesco a spiegarlo, non perchè io non parli tedesco, ma perchè è un comportamento che esula dai livelli di accettabilità sociale di un paese evoluto. Smarriti - ci sbattono contro la faccia anche loro. E così ci perdiamo tutti, in efficienza, in denaro, ma più ancora in fiducia reciproca.