Parole O_Stili è un progetto sociale di sensibilizzazione contro la violenza 2.0 che ha avuto il suo primo momento di confronto il 17 e 18 febbraio a Trieste, alla presenza di oltre 300 comunicatori, giornalisti, politici, docenti, influencer e personalità di rilievo a cui le parole e il linguaggio stanno particolarmente a cuore. Durante i lavori è stato presentato il “Manifesto della comunicazione non ostile”, realizzato dalla community con l’obiettivo di ridurre, arginare e combattere le pratiche e i linguaggi negativi della Rete ...
Ma è proprio vero che è tutta colpa della Rete, che su internet e sui social l’odio e il processo all’avversario trovano un terreno particolarmente favorevole per crescere e che l’ostilità sviluppata si propaga ben oltre i confini, ammesso che ce ne siano, del mondo digitale? Non dovremmo forse interrogarci sulle vite che stanno dietro quelle tastiere, sui pensieri a cui quelle parole danno forma?
Una cosa però è certa: l’hate speech in Rete è notevolmente aumentato, e non solo nei confronti degli stranieri, che comunque rimangono il bersaglio principale, come dimostra una ricerca condotta dall’Osservatorio dell’Istituto Toniolo su 2182 giovani tra i 20 e i 34 anni. Anche nei confronti delle donne, dei politici, di chiunque la pensi diversamente. Il titolo di Libero sulla sindaca Raggi e l’invito a morire rivolto a Giorgia Galassi, una dei sopravvissuti di Rigopiano, colpevole di continuare a vivere, sono solo gli ultimi esempi eclatanti che dimostrano — come ha scritto sabato sul Corriere Marco Imarisio — che «non c’è più alcuna intermediazione tra stomaco e polpastrelli».
Tuttavia, accanto all’ostilità è cresciuto anche il livello di attenzione e di allarme sia degli stessi cittadini che dei professionisti della comunicazione: alcuni di questi, molto attivi e con grande seguito sui social, la scorsa estate hanno iniziato a interrogarsi su come provare a porre un argine a questa deriva, una deriva che non si limita al web ma finisce coll’inquinare anche il clima sociale e i rapporti interpersonali. Ne è nato spontaneamente un progetto che si chiama Parole O_Stili (http://www.paroleostili.it) e che ha già raccolto l’interesse e la partecipazione di oltre 300 tra giornalisti, politici, docenti (una community capace di raggiungere 4 milioni di persone): si tratta di un progetto che si prefigge innanzitutto di sensibilizzare il popolo della Rete sulla qualità delle parole che usiamo e che sono sempre più spesso offensive, imprecise, eccessive, soprattutto inconsapevoli del male e delle conseguenze che possono generare.
L’importanza delle parole, dicono chi siamo
Le parole sono importanti, non sono mai neutre, dicono chi siamo e chi vogliamo o non vogliamo essere: per questo vanno maneggiate con cura. Come le bombe. Quello che ci manca è un libretto d’istruzioni, un’educazione digitale che certo non si può pensare di esaurire nel Safer Internet Day o di delegare a formatori che, quand’anche hanno la sensibilità e la buona volontà, il più delle volte non hanno le competenze necessarie.
In questo senso vanno inquadrati il Manifesto della Comunicazione non ostile e l’Acchiappatroll: due strumenti lanciati da Parole O_Stili per arginare e combattere i linguaggi negativi che imperversano su Twitter e Facebook, e non solo. Il Manifesto è stato scritto a più mani dai primi 100 influencer che hanno aderito al progetto ed è stato quindi sottoposto al giudizio della Rete: siete d’accordo che virtuale è reale, che le parole hanno conseguenze, che dissentire non significa offendere, che prima di parlare bisogna ascoltare?
Sono domande importanti che anche noi di Altritasti ci poniamo e rivolgiamo a tutti i nostri lettori.
Ecco il Manifesto della Comunicazione non ostile:
1. Virtuale è reale.
Dico o scrivo in rete solo cose che ho il coraggio di dire di persona.
2. Si è ciò che si comunica.
Le parole che scelgo raccontano la persona che sono: mi rappresentano.
3. Le parole danno forma al pensiero.
Mi prendo tutto il tempo necessario a esprimere al meglio quel che penso.
4. Prima di parlare bisogna ascoltare.
Nessuno ha sempre ragione, neanche io. Ascolto con onestà e apertura.
5. Le parole sono un ponte.
Scelgo le parole per comprendere, farmi capire, avvicinarmi agli altri.
6. Le parole hanno conseguenze.
So che ogni mia parola può avere conseguenze, piccole o grandi.
7. Condividere è una responsabilità.
Condivido testi e immagini solo dopo averli letti, valutati, compresi.
8. Le idee si possono discutere.
Le persone si devono rispettare.
Non trasformo chi sostiene opinioni che non condivido in un nemico da annientare.
9. Gli insulti non sono argomenti.
Non accetto insulti e aggressività, nemmeno a favore della mia tesi.
10. Anche il silenzio comunica.
Quando la scelta migliore è tacere, taccio.