Donne con familiari alcolisti



Ci troviamo di mercoledì pomeriggio, ogni quindici giorni. In comune abbiamo l’essere donne e l’avere un familiare alcolista. Le nostre storie sono diverse ma le difficoltà di chi incrocia l’alcool sulla sua strada sono le stesse.
Chi abusa di alcool sembra avere comportamenti omogenei e una "carriera" con passaggi standardizzati; chi in famiglia ha un etilista vive emozioni che sono comuni. Stiamo parlando dell’iniziale incredulità e disorientamento, del senso di impotenza e di solitudine, entrambi sembrano a volte così insormontabili da uccidere ogni senso di speranza, dell’ansia che deriva dal non sapere in che stato rientrerà a casa il nostro congiunto, del sospetto che guidi in uno stato di alterata lucidità, che abbia, in presenza di altri, comportamenti che ci facciano vergognare ...

Questa vergogna è quella che ci fa arretrare dentro le mura di casa, che ci spinge in molti casi a smettere di frequentare conoscenti e amici e a rifiutare i pranzi e le cene fuori, la stessa che spinge i nostri figli a non invitare a casa i compagni di scuola. Fin che si può ci si nasconde e si fa finta di niente per non far trapelare all’esterno ciò che in realtà è già manifesto. Ci sono poi le mille parole sprecate che ci portano via sempre più energia, e la rabbia, a volte così cieca da sfociare in una violenza verbale di cui non ci sapevamo capaci.

L’alcool è un grande trasformista e riesce a mutare anche una persona buona ed amabile in un estraneo irascibile e sospettoso.  Cosi’ qualcuna la violenza verbale e, nei casi peggiori, quella fisica, la subisce sulla propria pelle e con essa, il demone della paura  bussa alla porta di casa come un ospite scomodo che non ha nessuna fretta di andarsene. Poi ci sono i sensi di colpa a farci chiedere se, e in cosa, abbiamo sbagliato, se magari non avrebbe potuto essere diverso se solo avessimo agito in altro modo e, ancora, possono affacciarsi sul nostro orizzonte nuove preoccupazioni per i figli da crescere ed educare e difficoltà economiche  perchè chi beve può facilmente giocarsi il lavoro oltre che la salute.

Tutte ci siamo chieste cosa spinga a bere la persona che amiamo e perchè mai una persona possa scegliere di farsi e fare tanto male, ma, una volta scivolati nel vortice dell’alcool, quel vortice si fa sempre più ingordo e domani, per essere appagato, vorrà ingoiare un pezzo in più, e cosiì, giorno dopo giorno, le ragioni del bere diventano così lontane nella storia del bevitore che sarà impossibile sapere qualcosa delle loro radici.  
In ogni caso non hanno più importanza, perchè quello che conta è come fare i conti col presente, come convivere con nuove  e pesanti responsabilità e con i tratti di dolore che ci si sono cuciti addosso e, ad un certo punto, sentiamo di aver bisogno di aiuto  perchè divernta insopportanile continuare come sempre, anche per le tante di noi che hanno fatto della pazienza la loro filosofia di vita.

Molti bevitori smettono di bere, non è facile ma non è un miraggio. Se si chiede loro che cosa li abbia spinti ad abbandonare l’alcool vi diranno che deve "scattare la molla", oppure che per decidere di smettere bisogna "toccare il fondo". Questa "molla" non è la stessa per tutti, come "il fondo" potrebbe essere diverso per ognuno. In ogni caso è il bevitore che decide se e quando chiudere i conti con questa sua fragilità; nessuno può scegliere al posto suo, neppure noi che siamo mogli, madri, figlie o sorelle. Tuttavia nell’esperienza cosi’ fortemente sismica di un parente etilista, capace di scuotere le fondamente più profonde di una famiglia, c’è comunque anche per i familiari la possibilità di scegliere.
Anche noi possiamo decidere; questa decisione riguarda strettamente noi e non dobbiamo fare l’errore di pensare che sia legata al nostro congiunto che può smettere o continuare a bere. Possiamo scegliere se vivere nell’attesa passiva che il nostro familiare abbandoni l’alcool o fare qualcosa per noi stesse e questo lavorare per noi diventa spesso utile anche per l’altro che è avvitato nel bere. Indipendentemente dai colori con cui è stato dipinto il quadro delle nostre vite, dalle zone di luce e di ombra che vi compaiono, da tutti i tratti che hanno contribuito a fare di noi ciò che siamo, da cosa succede intorno a noi, meritiamo l’aiuto di cui abbiamo bisogno.

Fare qualcosa per aiutarci può portare a sentirci meglio, meno sole e stremate, fino ad una nuova comprensione del problema inducendo un cambiamento positivo in noi stesse e nella nostra famiglia. Questa diversa comprensione può portare ad un rapporto meno conflittuale e più disteso con chi beve, aiutando a far breccia nel muro di incomunicabilità che si crea con l’etilista.
Il gruppo AMA è un modo per aiutare noi stesse. La sigla "AMA" significa "Auto-Mutuo-Aiuto", perchè sostenendo noi stesse sosteniamo anche le altre. Chi ne fa parte ci va per se stessa, un’ora e mezza ogni quindici giorni.
Il luogo di incontro è una saletta che ci viene messa a disposizione dal SERT dell’ASL AT, che è il servizio sanitario che si occupa delle dipendenze e quindi anche dell’alcolismo.  

Alcune di noi  hanno familiari che hanno smesso di bere, altre hanno familiari che sono in carico al SERT e stanno cercando di smettere, altre ancora hanno familiari che non frequentano il SERT e, al momento, continuano a bere. Al gruppo partecipano due "facilitatrici", ovvero due persone dipendenti del SERT che agevolano la conduzione degli incontri in modo che ognuna di noi abbia lo spazio che le occorre per parlare dei  suoi problemi. La partecipazione è completamente gratuita e le regole sono poche e semplici.

Si cerca di essere puntuali ma la regola veramente importante è che ognuna di noi deve avere la certezza di essere in un luogo "protetto", dove sentirsi a proprio agio e poter aprire il proprio cuore nella certezza che niente di ciò che viene detto potrà trapelare all’esterno, così come all’esterno non si dovrà sapere chi si incontra nel gruppo.  
Il clima è quello della solidarietà e dell’amicizia, ognuna è se stessa e racconta di sè, viene ascoltata con empatia ed ascolta senza mai giudicare o essere giudicata e si è pronte ad accogliere nuove amiche con gli stessi problemi.

Da questo spazio, per il solo effetto di averne parlato e aver condiviso le proprie emozioni e il proprio sentire, si va spesso via con un fardello più leggero.

Per maggiori informazioni, potete inviare una mail a: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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