di Baher Kamal.
Questi sono fatti, non supposizioni: circa 1.300 milioni di tonnellate di alimenti vanno sprecati e persi… ogni singolo anno, l’equivalente di oltre una tonnellata per ciascuno del miliardo di affamati, molti dei quali sono quelli che li hanno prodotti...
Sono dati riferiti dalla Banca Mondiale, il cui recente studio – What a Waste 2.0 [che spreco 2.0] informa pure che il numero di calorie sprecate “potrebbe riempire le sacche di fame nel mondo in via di sviluppo”. A questo riguardo, riporta la suddivisione [geografica] pro-capite rispetto alle 2.000 calorie quotidiane raccomandate: 1.520 calorie nelle ricche NordAmerica e Oceania – di cui 61% da parte dei loro consumatori –, e 748 calorie sprecate nella benestante Europa; e altrettante (746) nell’Asia industrializzata, pur con una popolazione ben maggiore dell’europea: confrontate con 414 in Sud- e SudEst-Asia. L’Africa subsahariana e l’Asia Centrale registrano 545 calorie sprecate ogni giorno a persona; e LatinAmerica 453, secondo il rapporto della Banca Mondiale.
Da parte sua, l’ONU, in occasione della Giornata Internazionale della Consapevolezza della perdita Alimentare e per la Riduzione dello Spreco del 29 settembre 2022, riferisce che ridurre le perdite e lo spreco alimentare è essenziale in un mondo dove il numero di persone afflitte dalla fame è andato lentamente aumentando dal 2014, mentre tonnellate e tonnellate di cibo commestibile vanno perse e/o sprecate … ogni giorno.
Come va sprecato il cibo degli affamati?
Per due ragioni principali; una di cui è attribuita a strutture di trasporto e immagazzinaggio inadeguate nei paesi in via di sviluppo. Ma la maggiore sono le norme imposte dai mercati.
In effetti, il marketing dominante, la tecnica per fare [comunque] profitto consiste nel selezionare parti dei raccolti scartando gran quantità di alimenti, solo perché “brutti” “non belli” agli occhi dei consumatori.
In tal modo milioni di tonnellate di patate, pomidoro, carote, limoni, mele, pere, pesche, uva… ogni giorno si lasciano nei campi o si buttano in discarica, mentre milioni di litri di latte e milioni di uova si rovesciano in mare solo per ridurne la disponibilità nei supermarket, aumentandone così i prezzi e guadagnandoci quindi di più.
Un altra norma di mercato è attrarre i consumatori con offerte “speciali”, come “compra uno, prendi due” o più, e intanto publicizzando i propri prodotti come naturali,”biologici”, cresciuti nei campi, etc. Altri alimenti vengono presentati privy di glutine o di lattosio, senza zucchero aggiunto, con più Omega [3], più salutari … e più economici.
Si aggiunga che vi si appongono “date di scadenza” ravvicinate, inducendo così i consumatori a buttare la parte eccedente di alimenti e (ri)comprare giusto per approfittare di quelle tali offerte “speciali”.
Le conseguenze
- Quantità significative si sprecano nello smercio al minute e a livello del consumo, con circa 14% degli alimenti che vanno persi fra raccolto e smercio al dettaglio.
- Un 17% – si stima – della produzione alimentare globale complessiva va sprecato: 11% a livello domestico, 5% nel trattamento degli alimenti, e 2% nel commercio al dettaglio.
- Il cibo che va perso e sprecato vale il 38% dell’uso totale d’energia nel sistema alimentare globale.
Non si sprecano solo gli alimenti…
La Giornata Internazionale frattanto ripete che Perdita e spreco di cibo minano la sostenibilità dei sistemi alimentari mondiali: “Quando si perde o si spreca cibo, vanno sprecate altresì tutte le risorse utilizzate per produrlo – acqua, terreno, energia, manodopera e capitale”.
Inoltre, il relativo smaltimento in discarica porta ad emission di gas-serra, contribuendo al cambiamento climatico [incontrollato].
Perdita e spreco alimentari possono anche influire negativamente sulla sicurezza e la disponibilità alimentari, e contribuire ad aumentarne il costo.
L’ente specialistico mondiale – l’Organizzazione per gli Alimenti e l’Agricoltura (FAO) – riferisce quanto segue:
- Attualmente 41.9% della popolazione globale non è in grado di permettersi una dieta sana; cioè oltre 3 miliardi di persone.
- Un ulteriore miliardo di persone al mondo sono a rischio di non permettersi una dieta sana se uno shock causasse la riduzione per un terzo del proprio reddito. E se ci fosse un disastro o uno shock economico?
- Perdipiù, i costi alimentari potrebbero aumentare per fino a 845 milioni di persone se dovesse accadere una disgregazione dei collegamenti critici di trasporto.
Nel suo rapporto la FAO rammenta che continuando ad aumentare la popolazione mondiale, “la sfida non dovrebbe essere come coltivare più alimenti; bensì ridurre la perdita e lo spreco alimentari” in maniera sostenibile, bisogno immediato se dobbiamo massimizzare l’uso degli alimenti prodotti per nutrire più persone.
Inoltre, priorizzare la riduzione di perdite e sprechi alimentari è critico per la transizione a sistemi alimentari sostenibili che esaltino l’uso efficiente delle risorse naturali, diminuiscano gli effetti avversi planetari e assicurino sicurezza alimentare e nutrimento.
Controllare le perdite e lo spreco alimentari è un fattore cruciale per raggiungere l’obiettivo di sradicare la fame nel mondo. E ridurre lo spreco di cibo è una delle soluzioni climatiche più impattanti.
Avendo riferito tutto ciò, chi oserebbe raccontare al miliardo di poveri perché mai essi e i loro figli vadano a letto affamati e denutriti ogni santo giorno, mentre i gran soloni degli affari indossano abiti come di seta, comodi in uffici lussuosi, ad incassare stipendi in ascesa incontrollata, e gustando squisiti cibi scelti?