di Dario Dongo, avvocato e giornalista, PhD in diritto alimentare internazionale, fondatore di WIISE (FARE - GIFT – Food Times) e cofondatore del Fatto Alimentare.
Ai tempi di Expo Milano 2015 – quando pubblicammo l’ebook ‘OGM, la Grande Truffa’ – il mercato globale di sementi e pesticidi era nelle mani di 6 Corporation. Niente di peggio, si diceva. La realtà invece ha superato i peggiori incubi...
Sementi, 20 anni di concentrazioni su scala globale
Nel 1998, un paio d’anni dopo l’introduzione di OGM su scala agroindustriale, i grandi gruppi iniziarono a fare shopping delle aziende concorrenti. Con l’obiettivo di accaparrarsi il maggior numero possibile di diritti di proprietà intellettuale (Intellectual Property Rights, IP) sui semi. Seguendo un percorso analogo a quello già portato avanti dai colossi dell’informatica, i quali a loro volta nel corso dei decenni precedenti hanno fatto incetta di IP sui codici di programmazione. (1)
Nel 2008, la sola genetica brevettata da Monsanto ha rappresentato il 92% della soia, 80% del mais e l’86% del cotone coltivati in USA. A quei tempi, le acquisizioni e fusioni del decennio precedente avevano consentito a sei giganti di dominare il mercato internazionale delle sementi e dei pesticidi. Come se non bastasse, le Big 6 (Monsanto, Dupont, Syngenta, Dow Chemical Company, Bayer, BASF) iniziavano a stringere nuove alleanze, a ulteriore discapito della concorrenza.
Al 2018, le Big 6 sono consolidate in Big 4. Bayer (che ha acquisito Monsanto) e Corteva, (nata dalla fusione Dow-DuPont), ChemChina (la quale ha acquistato Syngenta) e BASF. Queste quattro Corporation controllano oltre il 60% delle vendite di semi proprietari nel mondo. (2) I valori delle transazioni esprimono la dimensione degli affari in gioco:
– la fusione Dow-DuPont, valore 130 miliardi di US$, ha portato i due gruppi chimici a costituire una terza società, Corteva,
– l’acquisizione di Monsanto da parte di Bayer, US$ 63 mld, ha fatto scomparire il marchio della prima ma non i guai giudiziari legati al glifosate,
– l’acquisto di Syngenta, per US$ 43 mld, ha permesso a ChemChina di scalare posizione nella Top 10 delle vendite globali di semi (ove già figura il gruppo cinese Longping High-Tech).
Nell’ultimo decennio si sono registrate altre 56 acquisizioni e joint venture internazionali che hanno coinvolto altri giganti come la Vilmorin-Mikado di Limagrain (Francia), DLF (Danimarca) e Longping High-Tech, che ha acquisito la divisione di mais Dow in Brasile e partecipazioni di controllo su sette industrie sementiere cinesi. ChemChina a sua volta ha pianificato nuove acquisizioni sul mercato domestico.
Concentrazioni di potere sulla produzione di cibo, lo scenario globale
Philip Howard, ricercatore della Michigan State University (USA), ha seguito per un quarto di secolo le concentrazioni di potere nel settore sementiero, a livello planetario. (3)
I circa 400 passaggi di proprietà sulle società citate nella tabella a seguire, da lui registrati negli ultimi 23 anni, non hanno però scalfito l’indifferenza delle autorità che dovrebbero vigilare sulla legislazione antitrust.
Gli agricoltori sono le prime vittime delle concentrazioni, spiega Howard. Riscontrando come tale fenomeno comporti la riduzione delle scelte e l’aumento dei prezzi. (3) E non solo:
– l’innovazione è limitata dalla protezione dei diritti IP, che i grandi gruppi esercitano anche con metodi aggressivi. Comportando restrizioni su utilizzo e scambio di semi, anche per il ‘seed saving’ e scopi di ricerca,
– la ricerca privata è diminuita o rallentata. Come rilevato dallo stesso Dipartimento dell’Agricoltura in USA, i colossi emersi dal consolidamento promuovono meno ricerche. Meno giocatori, meno innovazione.
La competitività di un settore, secondo teorie economiche classiche, viene meno quando i quattro principali player controllino il 40% o più del mercato. L’industria dei semi tuttavia continua a superare questa soglia sia a livello complessivo, sia sulle singole linee di produzione. Basti pensare che già prima dell’avvento delle Big 4 tre soli gruppi – Monsanto, Syngenta e Vilmorin – controllavano il 60% del mercato globale delle sementi di ortaggi.
La concentrazione aggregata dei conglomerati industriali sementieri a ben vedere investe l’intera economia agroalimentare a livello planetario. Collide con gli interessi pubblici, quelli collettivi e dei singoli operatori, e interferisce con le politiche economiche e di settore. Laddove i plutocrati, in tutta evidenza, hanno facilità a manipolare a loro esclusivo vantaggio le decisioni politiche e influenzare quelle amministrative. (4)
Concentrazioni, food security e SDGs
Il dominio delle Big 4 influenza sia l’agricoltura convenzionale, sia quella biologica. L’inaccessibilità di un’ampia serie di genetiche vegetali a ricercatori pubblici, agricoltori e allevatori indipendenti limita gravemente la possibilità di migliorare i sistemi agricoli e alimentari. Come è invece indispensabile, per raggiungere i Sustainable Development Goals (SDGs) adottati dalle Nazioni Unite.
La resilienza delle piante deve venire promossa, grazie alla sinergia pubblica e privata. Per realizzare l’interesse pubblico di consentire la prosperità dei raccolti senza ricorrere a pesticidi e fertilizzanti di sintesi, né all’ingegneria genetica.
Bisogna consentire alle colture di resistere naturalmente alle malattie, di adattarsi ai cambiamenti climatici e alle condizioni ambientali. Affrontare il problema cruciale della food security – vale a dire, la sicurezza degli approvvigionamenti alimentari – e migliorare le qualità nutrizionali dei nostri cibi.
Le autorità incaricate di vigilare sulla concorrenza e il libero mercato in ogni area del pianeta – in USA e in Europa, oltreché in Italia, segnatamente – paiono avere abdicato alle loro responsabilità di indagare e perseguire le violazioni delle legislazioni c.d. antitrust (o anti-monopolio) nel settore agroalimentare. A riprova di ciò si annota con rammarico il disinteresse dell’AGCM (Autorità Garante per la Concorrenza e il mercato) verso le nostre segnalazioni di alcuni degli abusi posti in essere da Amazon. (5)
Chi controlla il petrolio controlla gli Stati, chi controlla il cibo controlla i popoli (Henry Kissinger)
Spetta al settore pubblico, nelle democrazie moderne, intraprendere azioni atte a garantire la concreta esistenza di un mercato e di un’economia favorevoli all’iniziativa economica individuale e alla libera concorrenza. Ostacolando le intese commerciali restrittive e gli abusi di posizione dominante. A maggior ragione in settori vitali come l’agroalimentare, ove gli abusi possono mettere a concreto rischio la sostenibilità e sicurezza dell’approvvigionamento al cibo.
Food security e SDGs, che fare
Il diritto umano fondamentale al cibo deve venire messo in cima all’agenda politica, in Europa come in tutti i Paesi che aderiscono all’ONU. ‘Zero Hunger’ è il secondo dei 17 SDGs e non può venire affrontato senza risolvere il guaio della concentrazione aggregata delle Corporation delle sementi.
Bisogna risvegliare le autorità Antitrust in catalessi, sostenere gli investimenti in programmi di selezione di piante che rispondano alle esigenze dei sistemi agricoli regionali e possano venire condivisi nell’interesse pubblico. Sostenere le comunità scientifiche e contadine che già ora custodiscono i semi democratici del progresso. Recuperando il controllo delle riserve che possono venire conservate attivamente. Migliorando e generando più diversità nei nostri campi. (6) Torna alla mente l’insegnamento di uno dei profeti del software libero – ideatore del progetto GNU/Linux – che chi scrive ebbe la fortuna di ascoltare dal vivo, a Bologna, all’alba del nuovo millennio.
‘Sharing is when you’re giving someone else something you have got. One of the main political issues today is to eliminate plutocracy and restore democracy’ (Richard Stallman, fondatore della ‘Free Software Foundation’).
Note
(1) Il monopolio di fatto sui codici di programmazione ha consentito ai colossi IT di impedire e comunque ostacolare in misura significativa lo sviluppo di nuovi software al di fuori del loro controllo
(2) Cfr. P. Mooney, rapporto ‘Blocking the chain’ (2018), ETC Group,
(3) V. P. Howard, ‘Global seed industry changes since 2013’ (2018). Le soluzioni proposte per affrontare il problema su http://www.ipes-food.org/reports/
(4) In merito alle concentrazioni aggregate, si veda Michal S. Gal e Thomas Cheng, ‘Aggregate Concentration: An Empirical Study of Competition Law Solutions’, Journal of Antitrust Enforcement (2016)
(5) Si riferisce alle segnalazioni di Great Italian Food Trade citate nei precedenti articoli https://www.greatitalianfoodtrade.it/consum-attori/amazon-troppi-illeciti-nella-vendita-di-alimenti-gift-si-appella-all-antitrust, https://www.greatitalianfoodtrade.it/consum-attori/amazon-pantry-cosa-non-va, https://www.greatitalianfoodtrade.it/consum-attori/amazon-fuorilegge, https://www.greatitalianfoodtrade.it/consum-attori/amazon-cyber-bullismo. Segnalazioni che hanno dato luogo a due procedimenti, entrambi archiviati senza neppure procedere a istruttoria poiché ritenuti ‘non in linea con le priorità d’intervento’ dell’Antitrust di Roma
(6) V. Farmer to Farmer Campaign, rapporto ‘Out of Hand: Farmers Face the Consequences of a Consolidated Seed Industry’ (2009), http://www.farmertofarmercampaign.com/
Tratto da: https://www.greatitalianfoodtrade.it/idee/sementi-i-4-padroni-del-mondo che ringraziamo per la disponibilità alla riproposizione.