Ecco com’è nato Passamano, il primo negozio senza soldi




di Elena Risi.


La società del consumo ci ha abituato a buttare via un oggetto quando si rompe o si rovina. Ma cosa succede quando qualcuno decide di invertire la rotta cominciando, invece, a riparare e riciclare? La storia di oggi prova a darci una risposta attraverso l’esperienza di Alessandro Borzaga, fondatore e gestore del primissimo negozio in cui i soldi non si usano: si chiama Passamano e si trova nella città di Bolzano ...

All’inizio è solo un’idea, nata durante gli incontri tra alcuni componenti del Movimento della Decrescita Felice locale e i ragazzi del movimento Transition: creare un negozio che raccogliesse gli oggetti dismessi dalle persone per cederle a chi potrebbe averne bisogno. Niente cassa ma solo un bancone, per una “compravendita” che non prevede il portafoglio. Di lì a poco, l’immaginazione comincia a stuzzicare la realtà e si comincia a pensare ad una realizzazione concreta del progetto.

Per cominciare ho avuto la fortuna di ricevere in eredità dai miei genitori i locali del loro vecchio negozio” – spiega Alessandro – “così riducendo le spese iniziali al minimo siamo partiti”. Quando il negozio viene inaugurato, nel 2012, è subito un successo. Partecipano più di 500 persone e il via vai di persone che prendevano e lasciavano oggetti era davvero impressionante.

Generalmente abbiamo sempre un surplus di oggetti dismessi, ma per evitare che i più maleducati si approfittino della filosofia del dono abbiamo messo un limite massimo di cinque oggetti”. L’obiettivo del negozio infatti è quello di prendere esclusivamente le cose che possono servire davvero, senza “arraffare” per il solo gusto di prendere gratuitamente qualcosa. Il concetto è rispettato e apprezzato dalla maggior parte delle persone e i clienti lasciano spontaneamente un’offerta, se vogliono anche in Scec. Ma i soldi lasciati dalle persone non sono mai destinati all’oggetto che si sta portando a casa ma al sostentamento del progetto. “È chiaro che, seppure in misura estremamente ridotta, i soldi servono per portare avanti questa iniziativa”, precisa Alessandro, “perché anche se non c’è il costo dell’affitto bisogna pagare tasse e bollette”. Il negozio, ripete più volte il proprietario, si regge dunque sulla disponibilità dei volontari e sulla generosità degli abitanti di Bolzano.

Come complemento del progetto “Passamano” è nata l’officina “SecondArt”, un laboratorio di riparazione degli oggetti rotti ceduti dai cittadini di Bolzano. Perché quella del riciclo per Alessandro è una vera e propria passione, “mi è sempre piaciuto lavorare con le mani e fin da piccolo sono stato abituato a riparare oggetti nella cantina di mio padre”. Anche la sua casa sembra una vetrina allestita per un’esposizione artistica del riuso. Levigare e dare nuova vita a qualcosa di rotto non è solo un processo fisico e meccanico ma un lavoro più profondo su sé stessi. “Aggiustare gli oggetti ha un potere terapeutico sulle persone. È come se attraverso la riparazione delle cose che abbiamo tra le mani passasse la riabilitazione di noi stessi”, spiega il fondatore di Passamano, poi aggiunge “ma non abbiamo inventato niente, si chiama ergoterapia ed è praticata da molto tempo”.

D’altronde anche l’obiettivo finale di questo progetto è molto profondo. Nato da un gruppo di ambientalisti contrari all’incenerimento del ciclo dei rifiuti, lo scopo è quello di ridurre gli scarti, lottare contro gli sprechi e donare nuova dignità agli oggetti usati, oltre che creare una rete umana di scambio e condivisione di cultura e conoscenze. Proprio su questi principi si sono sviluppati i laboratori che oggi si tengono in questo “negozio” sui generis, sede – tra l’altro – del circolo locale del Movimento della Decrescita Felice.

C’è la Ciclofficina popolare, gestita da due rifugiati africani che oltre ad offrire un servizio di importanza impareggiabile, hanno la possibilità di raccogliere un po’ di denaro grazie alle offerte lasciate per il loro lavoro. Oltre a questo, gli stessi due ragazzi si occupano anche del laboratorio di riparazioni elettroniche, settimanalmente si tengono poi il corso di sartoria e quello di riciclo creativo, il RecyclArt. Per promuovere la cultura del dono come buona pratica per la sostenibilità ambientale ma anche per lo sviluppo delle relazioni e delle espressioni artistiche, dando vita a un luogo in cui il bello non si crea ma si riusa.

Tratto da: http://www.italiachecambia.org/2015/05/io-faccio-cosi-71-borzaga-passamano-negozio-senza-soldi/

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