A cura di Luca Colombo.
Secondo la FAO, nel 2015 si rendono disponibili 2.940 calorie al giorno pro-capite e saranno 3.050 nel 2030, più di una volta e mezzo il necessario, rispetto alle 1.800-2.100 calorie giornaliere richieste dal nostro metabolismo a seconda di età, attività, latitudine. La produzione agricola, pastorale, ittica è dunque in grado di sfamare una popolazione mondiale pari ad almeno 10 miliardi di persone, ben superiore agli attuali 7 e anche al picco demografico di 9,5 previsto per il 2050. Non è dunque quanto produciamo il problema, ma come lo facciamo e che utilizzo ne facciamo ...
Se l’uso va reindirizzato a soddisfare bisogni e diritti, lavorando sulle sensibilità, sull’etica del cibo e sulle politiche di consumo, il come richiede cambiamenti profondi e traiettorie di transizione. Di queste transizioni ve ne sono due necessarie e urgenti. Una prima transizione è quella agroecologica. Ricondurre l’agricoltura alla sua primaria funzione di produrre alimenti in sintonia con gli equilibri ambientali, facendoci i conti, lavorando con la natura.
Il relatore speciale delle Nazioni Unite sul diritto all'alimentazione, nella sua relazione del 2011 presentata al Consiglio dei diritti umani, "Agroecologia e diritto al cibo", conclude che l’agroecologia è un modello di sviluppo agricolo che "dimostra non solo forti connessioni concettuali con il diritto al cibo, ma che ha dimostrato di dare risultati effettivi e di muoversi rapidamente verso la realizzazione di questo diritto umano in diversi paesi e ambienti". Spunti, traiettorie, pratiche da condividere, esigenze di policy saranno dibattute nel quadro del progetto Agroecology for Sustainable Food Systems in Europe di cui FIRAB è partner e il cui incontro di avvio si è tenuto in Germania questa settimana. Si tratta di un progetto che mira a consolidare un discorso sociale sull’agroecologia, fondato su concrete alternative produttive e studio delle reti ecologiche, certi di ragionare su un campo che è al tempo una disciplina, una pratica e un movimento sociale. L’agroecologia una e trina. Il biologico è già su quella strada. Bio c’è.
Obiettivi del progetto sono lo sviluppo di sistemi socioeconomici circolari che riproducano le dinamiche e gli equilibri degli ecosistemi naturali; l’identificazione di aree di cambiamento nei concetti economici volti a sistemi alimentari sostenibili e resilienti; l’identificazione di proposte politiche e normative per l’affermazione dell’agroecologia; la promozione di sistemi agroecologici ricchi in biodiversità e vocati alla resilienza combinando conoscenze empiriche e scientifiche. Proprio quest’ultimo aspetto rappresenta la seconda transizione necessaria, quella dell’innovazione e della ricerca. L’agricoltura si fonda su un intreccio di saperi complessi, socialmente determinati e pertinenti ai territori in cui si sono sviluppati.
La transizione della conoscenza deve portare a miscelare saperi antichi, stratificati e competenze nuove, ‘attuali’; proporre il loro intreccio. Saperi che vanno riarticolati e rilegittimati oltre che posti al confronto con le sfide della modernità fatte di tecnologie, reti di comunicazione, velocità. Saperi su cui costruire traiettorie di innovazione che coniughino efficacia e rispetto, aperti alla condivisione di competenze e pratiche, democratizzati tramite una co-formulazione degli obiettivi e una co-validazione dei risultati.
Tratto da: http://aiab.it/index.php?option=com_content&view=article&id=3024:transizioni&catid=221:bioagricoltura-notizie-27-marzo-2015&Itemid=163