Dal grano duro alle cavallette



di Alessandro Mortarino.


Mentre si moltiplicano le iniziative di moltissimi Gruppi di Acquisto Solidali per il recupero delle tradizionali filiere di "grani antichi", la dura realtà agricola si affaccia in tutta la sua moderna debolezza con il crollo delle quotazioni per il grano duro prodotto nel sud d'Italia, addirittura al di sotto dei costi di produzione, e la conseguente riduzione della sua coltivazione. La pasta del futuro sarà dunque a base di cavallette ed altri insetti essiccati e macinati ? ...

Pare questa l'inevitabile direzione, se pensiamo che nel nostro Paese, nel 2013, le superfici dedicate alla coltivazione di grano duro sono calate del 17% (pari a 220 mila ettari) e la produzione complessiva è diminuita dell'11% (meno 458 mila tonnellate), con una resa per gli agricoltori tra 22 e 24 euro al quintale, di molto inferiore ai costi medi di produzione, che si aggirano attorno ai 30 euro. Causa principale è certamente la stagnazione della domanda interna da parte dell’industria di trasformazione.
Il comparto del grano duro è strategico per il nostro sistema agroalimentare: il nostro Paese, con una produzione stimata intorno a 3,7 milioni di tonnellate, è il primo produttore europeo ed il secondo nel mondo. Con più di un milione di tonnellate, siamo anche il primo paese importatore dell'intero mondo.

Il grano duro, come sappiamo, è una delle basi delle nostra alimentazione mediterranea, essendo l'ingrediente essenziale della pasta ma anche di molti tipi di pane e di derivati. Potremo fare a meno del grano duro ?
Stando a quanto afferma un gruppo di ricercatori canadesi dell'Università McGill di Montreal, sì. Puntando su un'alternativa che farà rabbrividire i cultori della tradizione gastronomica italiana, ma tutt'altro che distante dalle abitudini alimentari di molte popolazioni del sud est asiatico: la farina di cavallette e di altri insetti simili raccolti nelle aree agricole di Messico, Thailandia e Kenya.

I ricercatori hanno già avviato una sperimentazione nei campi di erba medica messicana, abitualmente infestati dalla presenza degli insetti, e la pingue raccolta ha consentito di passare alla fase successiva di trasformazione, che consiste nel lavaggio, essiccazione e macinazione degli insetti per ricavare una farina che pare garantire un "ottimo" pane e una altrettanto gradevole pasta.

L'utilizzo di insetti nella catena alimentare umana potrà quindi consentire di sfamare la crescente popolazione mondiale e di continuare a destinare rilevanti quote di coltivazioni di cereali alla produzione di biocombustibili: un'autentica follia, per chi vuole accorgersene.

Ben vengano, quindi, le azioni dei Gruppi di Acquisto Solidali per fronteggiare la nuova debacle dietro l'angolo: si stima che solo in Italia vi siano oltre 600 mila ettari di terreno fertile non utilizzato, perfetto per la coltivazione di cereali essenziali.
Sarebbe utile iniziare a mappare ognuno di questi ettari disponibili e tentare di costruire progetti - solidali - per la loro nuova destinazione.

Anche ad Asti si inizia a parlarne, all'interno della costituenda Rete di Economia Solidale e Sostenibile Astigiana (R.E.S.S.A.), guardando con interesse all'esempio toscano della "Banca della Terra": tocca ai cittadini (sensibili e pensanti) fare oggi qualcosa per restituire valore vero al mondo contadino !

Il progetto "Banca della Terra", promosso dalla Regione Toscana, intende censire le migliaia di ettari di campi lasciati a gerbido o abbandonati ai rovi (pubblici e privati) per offrirli a canoni equi concordati (e con eventuali sussidi) ad agricoltori privi di terreni coltivabili, con particolare priorità ai giovani.
Analoghe iniziative iniziano a svilupparsi anche in Liguria, mentre a Milano è stato varato un sito web (http://www.terraXchange.it) attraverso cui creare un contatto diretto tra i proprietari di terreni abbandonati attorno alla città e quanti siano alla ricerca di un lembo di terra fertile da coltivare. Ovviamente l'accordo tra le parti sarà frutto di una trattativa privata diretta, con un "pagamento" previsto non in termini monetari, ma con la fornitura di prodotti raccolti negli stessi appezzamenti: un buon modo di restituire un significato alla vita di comunità e al senso valoriale della terra !

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