Le tre rane di fronte alla crisi



di Andrea Saroldi e Davide Biolghini (introduzione del libro curato dal Tavolo Res-Reti di economia solidale per «Un’economia nuova: dai Gas alla zeta», Altreconomia).


La nostra civiltà si trova su di un’isola circondata dall’acqua che inizia lentamente a salire (per il cambio climatico …), con la prospettiva di sommergerla; di fronte a questo scenario di crisi sistemica ed ecologica, da parte degli abitanti dell’isola ci sono tre tipi di comportamento ...

1. Il primo è quello di chi cerca di rimuovere la crisi godendosi il sole e l’acqua alle caviglie, pensando che si tratti solamente di un flusso di marea un po’ più alto del solito. Questo atteggiamento richiama “Il principio della Rana Bollita” (del linguista Usa Noam Chomsky, che lo riprende da “Mente e Natura” di Gregory Bateson). “Immaginate un pentolone pieno d’acqua fredda nel quale nuota tranquillamente una rana. Il fuoco è acceso sotto la pentola, l’acqua si riscalda pian piano. Presto diventa tiepida. La rana la trova piuttosto gradevole e continua a nuotare. La temperatura sale. Adesso l’acqua è calda. Un po’ più di quanto la rana non apprezzi. Si stanca un po’, tuttavia non si spaventa. L’acqua adesso è davvero troppo calda. La rana la trova molto sgradevole, ma si è indebolita, non ha la forza di reagire. Allora sopporta e non fa nulla. Intanto la temperatura sale ancora, fino al momento in cui la rana finisce – semplicemente – morta bollita”.

2. La seconda reazione è quella competitiva che scatta quasi in automatico, anche perché a questa siamo stati addestrati dal modello economico, sociale e culturale dominante: ogni abitante dell’isola cerca di costruire la sua zattera. Parte così la corsa a tagliare gli alberi e accaparrarsi le funi per costruire ognuno la propria fragile imbarcazione, tutti contro tutti, anche perché è evidente che gli alberi dell’isola non saranno sufficienti a realizzare tante zattere quanti sono gli abitanti. Qualcuno sarà inesorabilmente costretto a rimanere sull’isola che affonda. In questo caso il pensiero va alla favola “La rana e il bue” dello scrittore greco del VI secolo A.C. Esopo. “La rana vide una volta il bue al pascolo e presa da invidia per tanta grandezza gonfiò la pelle rugosa: poi chiese ai suoi figli se fosse più grossa del bue. Loro risposero di no. Tese di nuovo la pelle con sforzo maggiore e nello stesso modo domandò chi fosse più grande. Loro dissero il bue. Alla fine, esasperata, mentre cercava di gonfiare ancora di più tutta se stessa, il suo corpo scoppiò e così giacque”.

3. La terza risposta potrebbe essere quella più efficace per soddisfare i bisogni di ciascuno e di tutti nel contempo: prevede la realizzazione di una piccola flotta di arche in grado di trasportare tutti gli abitanti, con le provviste, un po’ di orto e qualche animale per affrontare la traversata. In questo caso gli alberi e le corde presenti sull’isola possono bastare, ma bisogna riuscire ad organizzarsi e a dividersi i compiti, ed è necessario il contributo di tutti. La capacità di inventare soluzioni cooperative è propria solo di una parte del genere umano (minoritaria ?) e non sempre "scatta" in essa quando si trova in situazioni difficili: la creatività di alcuni nei confronti della passività di altri è ben rappresentata dalla favola delle ‘Due rane’ dello scrittore francese del ‘600 La Fontaine. “Due rane cascano in un secchio di latte. Una rana è pessimista e dice: “Non ho nessuna possibilità di sopravvivere, meglio morire subito che soffrire a lungo e inutilmente”. Così smette di nuotare e annega. La seconda rana che aveva una gran voglia di vivere, non seppe far altro che esprimere tale voglia: si dimenò, si agitò, si dibatté. Sino a che, scosso da tanto ribollire, il latte divenne burro. Ed essa si salvò”.

Le modalità di rispondere alla crisi delle tre rane si possono applicare non solo alle risposte dei singoli ma anche alle reazioni dei gruppi e delle organizzazioni della "società civile" di fronte alla crisi (anche se spesso non è facile immaginare quale possa essere la terza risposta: creativa, cooperativa e capace di futuro). Se proviamo ad applicare questo schema ai comportamenti di una delle parti che sembra potenzialmente più “creativa” dell’attuale genere umano (italico …), i Gas (Gruppi di acquisto solidale), protagonisti per quanto riguarda la Lombardia dell’indagine di cui si presentano e analizzano i risultati in questo libro, possiamo evidenziare tre possibili modi diversi di porsi:

1. rimanere chiusi nel proprio Gas, ritenendo sufficiente l’acquisto di prodotti alimentari più o meno biologici per migliorare la propria salute e qualità della vita;

2. affrontare con atteggiamenti competitivi la relazione con altri Gas o realtà ecosol, con l’intento di mostrare la propria “superiorità” di intervento;

3. farsi carico del futuro sostenibile del proprio territorio cooperando con gli altri Attori che hanno obiettivi analoghi e complementari.

Questa catalogazione di comportamenti, un po’ brutale, speriamo possa tornare utile ai Gas per orientare la propria attività verso quelle pratiche che costruiscono futuro, come scriveva Pietro Raitano nel 2010 introducendo il precedente libro “Il capitale delle relazioni”: “Quello che state per intraprendere è un viaggio – nel futuro. [...] Il futuro dell’economia è questo: fiducia, incontro, confronto. Le esperienze che raccontiamo in questo libro nascono tutte da qui e da una capacità precisa che si chiama lungimiranza. I gruppi di acquisto solidali, le reti, le cooperative, le botteghe del commercio equo, i distretti di economia solidale, questo hanno in comune: non di visionari si tratta, ma di persone che amano guardare lontano”.

Ma non sempre le cose vanno in questa direzione, come mostrano le difficolta di molti soggetti ecosol ad entrare in rapporto con i Gas, anche se propongono prodotti o servizi ‘solidali’ (si vedano i problemi sorti nella filiera tessile ‘Made in NO’ o le poche relazioni dei Gas con la finanza etica di cui si parla in questo libro); taluni gasisti, cadendo in particolare nel secondo modo di porsi, quello competitivo, sembra non si rendano conto di rischiare di divenire preda di una degenerazione della ‘sindrome di Penelope’: ci riferiamo ai comportamenti di coloro che di giorno non solo operano all’interno e a supporto dell’attuale sistema di mercato, ma quando la sera si propongono di disfare la tela ordita durante il giorno tramite le pratiche di ‘consumo critico’, invece di contrastare solo il principale nemico, i Proci appunto, ben descritti nell’Odissea, sono fin troppo ‘critici’ anche verso coloro che hanno scelto di dedicare tutta la propria giornata lavorativa all’impegno ecosol, non comprendendo come sia importante sostenere chi fa coerentemente questa scelta difficile, rischiosa e ben poco remunerata. In una delle testimonianze riportate in ’Davide e Golia’ (Bertell L. et al., Jaka Book 2013 p.103) si dice: “Trovavo forte la contraddizione di lavorare durante il giorno, e la sera nel volontariato cercare di rimediare a quello che ti rende complice di un sistema [...]; ho lasciato un contratto a tempo indeterminato e uno stipendio buono e non avevo la garanzia che avrebbe funzionato”.

Dopo tre anni dal libro “Il capitale delle relazioni”, torniamo con il volume che avete tra le mani, in cui proviamo a rendere conto degli sviluppi che ci sono stati nel frattempo, presentando in una prima parte dati e riflessioni relativi ad un’analisi ‘scientifica’ di quali sono le strategie d’azione e le dinamiche organizzative dei Gas, la cui diffusione e numero continuano a crescere. Se il primo libro voleva dare un’idea dei singoli percorsi avviati dai soggetti italiani dell’economia solidale (come creare un Gas, il rapporto tra produttori e coproduttori, come avviare un Des, etc.), questo vorrebbe scendere ancora più nello specifico della ‘intrapresa’ ecosol, mostrando, nella seconda parte, i dettagli di alcune esperienze significative per capire meglio cosa le fa funzionare, ma anche quali ne sono i limiti: il tutto sempre con una scrittura a molte mani, proposta direttamente da chi sta vivendo le storie che racconta (i ‘co-autori sono 50 …). Per questo motivo i diversi contributi sono stati scritti con la richiesta da parte di editore e Tavolo Res di rispondere a questa domanda: “a quali condizioni – professionalità, ascolto dell’altromercato, tecnologie appropriate ma anche adeguate, reti ben strutturate – si può fare impresa in economia solidale?”.

Non ci basta riconoscere l’importanza delle reti di relazioni per garantire la sopravvivenza dei progetti ecosol, vorremmo capire come organizzare i flussi (economici, informativi, culturali, ecc.) di queste reti e come mantenere le filiere (e le relazioni …) che le sostengono. Dovremmo imparare quali sono i meccanismi che funzionano ed i comportamenti organizzativi che facilitano e favoriscono la risposta più ‘sostenibile’ ed efficace, quella collaborativa.

Questi comportamenti possono diventare le nostre abitudini di ‘altraimprenditoria’, ne abbiamo bisogno per affrontare insieme la grande traversata che ci sta innanzi in questo passaggio d’epoca appena iniziato, segnato da una crisi sistemica. A questo proposito si può fare un’altra osservazione, che proviene dall’analisi di taluni comportamenti emersi nella ricerca “Dentro il capitale delle relazioni” e nelle esperienze raccontate; anche tra i soggetti ecosol del nord e del sud ci sono alcune differenze: i Gas (e le fasce di reddito dei gasisti rilevate in Lombardia …) sono più diffusi al Nord, i produttori proattivi, in particolare quelli ‘contadini’, che si fanno carico di percorsi complessivi nel loro rapporto con i Gas del Nord sono più presenti al Sud (si veda nel cap.9 il progetto ‘Sbarchi in Piazza’ e ‘Sbarchi in classe’ ad esso collegato).

Anche in questo caso si potrebbe far riferimento a ‘favole’ per altro più vicine, come quelle che vedono protagoniste le due maschere più note delle nostre commedie del ‘700: da un lato l’Arlecchino dei palazzi veneziani, con la pancia piena, poco propenso a soluzioni creative e collaborative, dall’altro il Pulcinella dei bassi napoletani, sempre con la pancia vuota, ‘costretto’ ad inventarsi soluzioni sempre diverse per far fronte al problema quotidiano del cibo e a una crisi ‘esistenziale’ persistente nel tempo. Contiamo sul fatto che anche le iniziative e le proposte pro-attive che vengono dal nostro sud contribuiscano a far prevalere nel movimento ecosol e in particolare tra i Gas che costituiscono la sua ‘base di massa’, la consapevolezza del ruolo ‘politico’ che può svolgere nei processi di trasformazione economica, sociale, ecologica, culturale e ‘simbolica’ necessari per cercare di far fronte alle conseguenze nefaste della crisi che attanaglia non solo il nostro paese. Tale ruolo ‘politico’ è stato riproposto nelle conclusioni dell’Incontro Nazionale Gas e Des 2013, di cui pure si riportano nel libro alcuni spunti.

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