Il diritto di uso civico


A Monastero Bormida la locale Banca del Tempo rispolvera un'antica consuetudine e si assume la responsabilità di condurre alcuni terreni secondo l'uso civico, affidando ad alcuni giovani il compito di coltivarli ad ortaggi e fragole, dalla cui vendita (rigorosamente locale) verrà tratto un sostentamento economico per gli stessi neo-agricoltori. E' una forma di nuova micro-economia basata su uno strumento comunitario vecchio come il mondo. Ma come "funziona" l'uso civico ? ...

Diciamo subito che il diritto di uso civico è il diritto originario del "civis" e, contestualmente, della comunità di abitanti di cui egli è parte, di trarre dal territorio i prodotti necessari per la vita e sopravvivenza propria e della comunità. Stiamo dunque riferendoci a terreni utilizzabili per il pascolo, il legnatico, ecc. o in cui raccogliere funghi, lumache, erbe, cacciare ...
L'uso civico nasce, insomma, per offrire sostentamento vitale alle popolazioni, dal momento che la terra rappresentava l'unico elemento dal quale trarre i prodotti necessari alla sopravvivenza.

Da un punto di vista giuridico, si tratta di un tema parecchio delicato e complesso, che riguarda il diritto pubblico e l'esatta collocazione sistematica del godimento collettivo di quelle popolazioni che potevano invocarne il diritto.
Il dato giuridico originario è costituito dalla proprietà collettiva; successivamente, mentre in molte zone montane è rimasta pressoché immutata, nel resto d'Italia ha subito violenze, manomissioni ed erosioni e la titolarità del diritto si è andata mano a mano svuotando.

In origine, l’utilizzo dei beni prescindeva dal concetto di proprietà della terra, un concetto che si formerà solo in anni successivi.
I diritti di uso civico potevano essere esercitati sui beni di appartenenza originaria della comunità territoriale di abitanti (comunità di villaggio) in modo collettivo e solidale (promiscuo) a vantaggio del singolo e dell’intera comunità (jura in re propria) ovvero sui beni di proprietà privata di un terzo (in epoca feudale il signore ed oggi i suoi aventi causa), in base a un titolo concessorio o a un possesso di fatto protratto nel tempo (jura in re aliena).
Gli usi civici possono esistere su terre di dominio della collettività (nelle cui terre utilizzabili come bosco o come pascolo permanente, l'uso civico può essere destinato a durare indefinitamente) oppure su terre utilizzabili a coltura agraria, (in cui il fondo agricolo può essere ripartito in quote ed essere assegnato alle famiglie di coltivatori diretti del Comune, con obbligo di migliorie e di pagamento di un canone).
Gli usi civici sui beni della comunità sono soggetti ad un regime di tipo pubblicistico e non possono essere rinunciati od alienati.

Il corpus normativo di riferimento è costituito, principalmente, dalla Legge dello Stato 16/6/1927, n. 1766 e dal relativo Regolamento di attuazione 26/2/1928, n. 332; inoltre, dalle successive norme (nazionali e regionali) in materia di usi civici.
La Legge n. 1766 indica due diverse tipologie di diritti che possono fare capo ad una popolazione:
- i diritti di uso e godimento su terre di proprietà privata;
- il dominio collettivo su terre proprie.
I primi sono soggetti a liquidazione.
I secondi che abbiano destinazione silvo-pastorale sono invece destinati ad essere fortemente valorizzati e sono sottoposti alla normativa di tutela dell´ambiente e del paesaggio, mentre quelli a vocazione agraria sono destinati alla privatizzazione.

Come si accerta l´esistenza di usi civici?

Il presupposto logico della liquidazione risiede quindi nell´accertamento dell´esistenza, dell´estensione e nella valutazione degli usi stessi.
A tale accertamento provvede la Regione sulla base di denuncia di parte, la quale assolve alla funzione dichiarativa di far conoscere gli usi esercitati o che si pretende di esercitare.
La dichiarazione è necessaria esclusivamente per gli usi gravanti su terre private e non già invece per le terre comuni gravate, le quali non sono soggette a liquidazione, ma solo eventualmente a quotizzazione (per le terre a destinazione agraria).
Circa la prova degli usi civici, vale il principio che in caso di inesistenza della prova documentale è ammesso ogni mezzo di prova, purché l´uso non sia cessato anteriormente al 1800.

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