Un appuntamento di studio davvero importante per mettere in luce concreti dati sulle reali disponibilità del territorio proprio mentre “imperversano” le richieste di autorizzazione di nuovi impianti fotovoltaici, a biomasse o biogas lungo tutta la provincia …
Il convegno era organizzato dall’amministrazione provinciale di Asti e lo studio presentato, che è durato tre anni, è stato effettuato in collaborazione con il Centro Studi per lo sviluppo rurale della collina che fa capo all'Università di Torino, facoltà di Agraria, e che ha la sede presso il polo universitario di Via Testa ad Asti.
Altro Ente di ricerca che ha partecipato al progetto è i.rur. Innovazione rurale.
Al di là delle molte informazioni tecniche ed economiche fornite dai Relatori, è stato affrontato proprio l'argomento della fattibilità degli impianti di cui si parlava; cioè, fondamentalmente, impianti a biogas, impianti a biomasse e fotovoltaico.
Ma per quest'ultimo non si trattava di dimostrare ormai nulla di nuovo, dato che l'esperienza positiva di chi ha installato negli anni passati i pannelli sui tetti delle proprie abitazioni o delle costruzioni rurali ha fatto da apripista per nuove installazioni, tanto che nelle richieste di finanziamento giunte alla Provincia per l'anno 2009 la totalità degli impianti risulta esattamente di questo tipo.
E proprio per l'esistenza dei generosi finanziamenti pubblici, è stato detto, potrebbe essere agevole costruire gli impianti a biogas o a biomasse, altrimenti ritenuti troppo costosi sia per il costo di impianto sia per la manutenzione.
I Ricercatori intervenuti, Silvia Novelli del Centro Studi per la Collina e Luca Milanetto di i.rur, hanno illustrato oltre a quella dei costi, le altre criticità per la realizzazione di impianti a biogas e impianti a biomasse in un territorio come quello astigiano.
Prima di tutto la dimensione delle aziende costituisce una grande limitazione all'effettivo utilizzo di queste agroenergie. Soprattutto per quanto riguarda le biomasse, si andrebbe incontro ad un problema di continuità di approvvigionamento e quindi anche alla possibilità antieconomica di importarle da altri territori.
Inoltre, la natura stessa delle biomasse presuppone una grande stagionalità nel loro reperimento, con conseguente carenza periodica.
Per gli impianti a biogas si è parlato di aspetti critici quali la reale efficienza di eventuali impianti che dipenderebbe dalle dimensioni medie aziendali, di necessità di disporre nell'azienda stessa di un tecnico altamente formato sulla gestione dell'impianto, cosa piuttosto difficile da raggiungere.
La relazione dedicata agli interventi economici pubblici sulle agroenergie è stata affidata invece ad Andrea Bressi, collaboratore del Csc.
Dopo una serie di interventi, alcuni di grande interesse, il professor Giau, presidente del Centro Studi nonché docente di Economia ambientale e Politica forestale ad Agraria, ha concluso la mattinata rispondendo alle domande del pubblico e riproponendo in sintesi vantaggi e svantaggi degli impianti sopra descritti.
Innanzitutto attualmente è l'intervento pubblico, piuttosto sostanzioso, che sta determinando queste scelte energetiche. Considerando i costi di trasporto e stoccaggio dei materiali vegetali, la realizzazione di un impianto a biomasse potrebbe risultare incompatibile con un bilancio in attivo dell'azienda.
Per quanto riguarda l'aspetto della fertilità del suolo, citato nell'intervento dell'ingegner Giuseppe Ratti, il professor Giau ha convenuto di temere per il mantenimento di una situazione in equilibrio là dove si provvedesse a fornire biomassa in forma di una monocoltura ripetuta sullo stesso terreno per più anni, a dispetto delle fondamentali leggi agronomiche della rotazione.
Altro punto toccato: il concetto di filiera corta, inteso molto spesso dal punto di vista chilometrico, mentre il principio economico si riferisce alla presenza di pochi soggetti implicati. Se il significato è invece riferito al concetto chilometrico (distanza corta che deve essere percorsa dai vari prodotti per raggiungere l'utilizzo finale) occorre considerare il concetto di tracciabilità come irrinunciabile.
Altro passaggio interessante è stato quello dedicato a spiegare come si tratti di operazione saggia quella di utilizzare solo gli scarti della produzione boschiva come combustibile, permettendo che il tronco dell'albero sia utilizzato in un nuovo elaborato per un tempo almeno pari a quello impiegato dall'albero stesso a crescere; si tratta di operazione “spregevole”, invece, l'utilizzo di tronchi interi come combustibile.
L'intervento del “solito” Alessandro Mortarino, del Movimento Stop al Consumo di Territorio, a proposito dei pannelli fotovoltaici collocati su suolo agricolo, ha fatto sì che il professore dichiarasse apertamente l'assurdità di questa tendenza che alcuni agricoltori seguono per motivi puramente economici, ma che non possono essere accettati, a meno di fare esplodere, in maniera folle, un conflitto tra il settore agricolo ed il resto della società.
Infine, le osservazioni sulle potenzialità delle agroenergie. Al momento, dice Giau, vi è un reale problema di disponibilità di dati: quelli raccolti ed illustrati ad Asti sono appena l'inizio di un nuovo filone di ricerca da approfondire nel settore energetico da fonti rinnovabili nella provincia.
Inoltre si constata l'assenza di filiere agroenergetiche, la criticità per filiere da biomasse legnose di origine forestale (di cui sopra) e un'opportunità di approfondimento per la produzione di energia da biogas in aziende zootecniche medio-grandi.
E' stata inoltre distribuita prima del workshop una pubblicazione accurata ed esaustiva degli argomenti toccati in cui, tra l'altro, si riporta il punto di vista delle associazioni di categoria.
In questa parte si legge che, tramite colloqui con i rappresentanti, è emersa:
la loro “preferenza generale per l'approccio di filiera corta”;
la “preferenza per un'organizzazione dei processi agroenergetici basati sulle risorse locali e primariamente degli scarti delle attività agroforestali”.
Inoltre: “nell'ipotesi della realizzazione di colture energetiche ad hoc è, in ogni caso, priorità comune quella di sostenere processi che non pongano le colture agroenergetiche in competizione con quelle destinate all'alimentazione umana e animale ... per tali processi è dunque ribadita la necessità di operare a seguito di idonee valutazioni agro-ambientali e mediante l'adozione delle corrette tecniche agronomiche ...”.
Ci auguriamo pertanto che queste dichiarazioni di massima e soprattutto le considerazioni emerse dal convegno siano un buon punto di partenza per ragionamenti che guardino con più lungimiranza al futuro del nostro territorio.