La generale crisi economica illumina una volta di più quello che io ritengo essere una vera emergenza, la più importante, ad essa collegata: il destino del paesaggio italiano.
L’ amore che io porto per la luce della Bellezza, che mi ha aiutato a crescere, ben rappresentata dall’espressione che una volta si diceva, ITALIA: GIARDINO D’ EUROPA, insieme a tutto ciò che ruota attorno alla parola PAESAGGIO, che indago confrontandomi con luoghi, persone e arti, mi ha stimolato una riflessione accorata ...
Sia a livello locale che nazionale, il paesaggio italiano è nelle mani di una massa di personaggini trasversali che, travestiti da politici ma non solo, agiscono con la missione di seminare bruttezza, spesso anche con la complice incoscienza del popolo votante.
La società italiana oggi si muove guidata dalla televisione, che rassicura e rilancia per servire suddetta missione, in modo arrogante, continuo e subdolo.
E’ il braccio di un potere che, da quando è terminata la seconda guerra mondiale, in Italia non è mai stato così lontano dal concetto di democrazia.
Circa la questione di com’è cambiata l’Italia in 20 anni, significherà pur qualcosa se il Camminamare storico del 1985, progetto ideato e realizzato da Riccardo Carnovalini, consistente nel camminare lungo le sponde italiane da Trieste a Ventimiglia in 6 mesi, in termini di attenzione era stato fortemente seguito dai media, dalle istituzioni e dall’opinione pubblica e invece il Camminamare di Liguria e di Toscana di questi ultimi 2 anni, sempre ad opera di tale persona, si è svolto con difficoltà e disinteresse!
Lo tsunami di parole, immagini e significati transgenici ha dilagato, soprattutto con l’avvento della tv commerciale, nelle menti degli italiani in particolare, modellando, appiattendo e svuotando di senso il principio di Bellezza.
Da qualche tempo, quando si parla di bellezza in Italia, quale s’intende invece?
Il paesaggio italiano esiste solo come sfondo della pubblicità.
Credo pure che ci sia una diretta relazione tra violenza nei confronti di Madre Terra e dell’umanità.
Quelli che cercano di opporsi a questa deriva non riescono a far sistema e quindi non riescono più di tanto a farsi sentire, apparendo molto meno di quanto non siano in realtà.
E’ facile perciò tacciarli di conservatorismo o di cose del genere.
Anche quando una certa parte di paesaggio riesce ad essere salvaguardata, il rischio è sempre quello, comunque, di veder aperto un minimo cantierino per un qualche lavoretto.
“Dopotutto bisogna stimolare l’economia, è necessario farla ripartire al più presto.
Piccole opere, grandi opere, piccole strade, grandi strade, piccole autostrade, grandi autostrade, piccole infrastrutture, grandi infrastrutture, infine il piano casa: bisogna metter mano al mattone e all’asfalto facendo riaprire i cantieri se vogliamo far ripartire l’ Italia!”
Quanta demagogia per servire l’ossessione del p. i. l. (prodotto interno lordo), sia da sinistra che da destra.
E così il paesaggio italiano e la sua Bellezza risultano sempre più ridotte, massacrate a fin di bene sull’altare dell’economia nazionale, in realtà a favore di pochi e a danno di molti.
Questa procedura è infingarda, perché serve alla crescita di tale indicatore, solo economico, che non ha nulla a che fare con la qualità della vita per ognuno di noi.
Gli effetti son quelli dell’invasivo inquinamento dell’intreccio di parole, significati e immagini, che non stanno più insieme, ma ognuno va per suo conto, disgregando il legame tra Memoria, Identità e Paesaggio di ogni persona.
Le conseguenze di un paesaggio stuprato, reso non più riconoscibile, costituiscono una fase di passaggio di un qualcosa di ancor più grave.
In esso, non scaturisce il principio del cammino/del viaggio, cioè del percorso: rito del corpo.
Con esso, non scaturisce il principio del rapporto, cioè dello scambio: rito della mente.
Da esso, non scaturisce il principio dell’ immaginario, cioè dell’ emozione: rito dello spirito.
Corpo, mente e spirito: la consapevole fusione di questi elementi dovrebbe renderci animali in grado di cogliere la Bellezza della vita in ogni sua sfumatura, di saperla riconoscere, amare e proteggere.
Da sempre, ogni essere umano è quello che è in base al rapporto che tesse col paesaggio che lo circonda e al linguaggio che usa per pensarlo e per definirlo.
Tutto quello che sta avvenendo costituisce la possibilità di sconfessare tale principio, per sempre.
Ci stiamo quindi ammalando di una malattia che, prima del corpo, è dell’ anima, ma pochi se ne stanno accorgendo.
Non c’è tessitura di relazioni tra le persone, anche con se stesse, perché non c’è più tessitura di relazioni tra le persone e i luoghi.
Non vive in esse il principio del paesaggio che li fa aprire al mondo, per vivere emozioni che si trasformino in esperienze, che stimolino a loro volta riflessioni, che restino alla fine come ricordi.
Una comunità si crea se c’è un rapporto stretto, vitale ed emotivo tra la popolazione e il luogo abitato.
Dov’è il senso di comunità oggi in Italia?
Forse è rimasto qualcosa nei piccoli paesi.
Se ne sente parlare solo quando viene opportunamente sbandierato dall’alto per mettere mano furbescamente al tema della sicurezza e, in questi giorni, al simbolo del crocifisso.
Che c’azzecca il crocifisso con la cultura?
Che ipocrisia urlare falsi slogan identitari per scopi di pura, mera e bassa propaganda!
Io son stato in Bosnia e ho parlato con la gente: ho visto le conseguenze nefaste di tali strepiti.
Si diceva dell’Italia una volta: 100 città e 1000 paesi, circondati da ricca biodiversità ambientale.
Andando avanti così, avremo solo città unite dalle periferie, come in Lombardia, in Veneto, lungo la Via Emilia e la Riviera Ligure.
Non si creda però che il mio scritto riservi solo dispiacere e amarezza.
Memore di quanto insegnava Gandhi, quando ricordava che ogni cambiamento deve partire da noi stessi, con piccoli gesti capaci di diventare sempre più grandi, io voglio sostenere l’urgenza di riprendere, in corpo, mente e spirito, i nostri sentieri.
Non per nulla ogni rivoluzione è sempre nata da un cammino.
Questo noi dovremo fare, INSIEME, PER FARE SISTEMA o altrimenti resteranno solo belle parole, ma vuote, un paesaggio perso per sempre e tante anime miserabili.
Non è un’ assurdo pensare di lasciare ai nostri figli e ai figli di questi le scorie nucleari invece che la Bellezza del paesaggio italiano?
Bisogna ripartire con un cammino che sappia essere tenero e allo stesso tempo condito di rabbia, non fine a sè stessa e distruttiva, ma civile e consapevole.
E’ ora che ogni persona ripensi per sé stessa al legame tra Memoria-Identità e Paesaggio, è ora di restituire senso all’intreccio di parole, immagini e significati, com’è sempre stato, è ora di salvare l’idea di cultura nel suo senso più antico e nobile, quella per la quale hanno combattuto i nostri padri, i nostri nonni, da quest’ondata di razziatori in doppiopetto.
Quando una vita muore, ritorna al tempo dell’inizio: è legge di natura.
Da vari punti di vista, questa sembra un’epoca avviata al tramonto.
Lo è per noi, però, non certo per quelli che scappando da guerre, fame o miseria, hanno costruito in Occidente nuove speranze di vita.
Quindi in futuro noi non potremo accampare scuse per esser stati rassegnati, silenziosi e complici.
Dobbiamo reagire, partendo dalla cosa più semplice e naturale, sapendo che la luce della Bellezza è sempre negli occhi di chi guarda.
Il cammino è l’atto di rigenerazione di cui abbiamo bisogno, per riprendere confidenza con essa.
Seminando attenzione autentica e umile, dal basso, ad ogni sfumatura della realtà, contribuisce a riallacciare relazioni, principio di comunità.
Il cammino illumina ogni cosa e la fa risultare altra, diversa, aperta, accogliente, quindi è politico nel senso più vero.
I protagonisti del Camminamare sono pronti a rilanciare la sfida, per l’ ennesima volta.
Non ci interessa però il cammino tutto bello, in un paesaggio fuori dal mondo, lontano dai problemi.
Ci interessa camminare incontro al mondo, per andare in un paesaggio dove ci sia bellezza e bruttezza da cogliere insieme, come accade nella vita.
Vorremmo essere fastidiosi orzaioli negli occhi della modernità, vorremmo essere per il paesaggio ciò che Rino Gattuso è per il calcio: persone che, mordendo negli stinchi l’attuale idea di sviluppo, spendono sudore con passione, per promuovere un futuro più accogliente.
Proviamo quindi, a cominciare da noi stessi, a colorare la vita, riprendendoci il potere del sogno ad occhi aperti: l’unica possibilità per riuscirci è ricominciare dalla semina dell’autenticità umana, che possa creare oasi nel deserto che avanza.
Racconto ed ascolto reciproci, farciti di bellezza, verità e libertà, significano resistenza al dolore, alla bruttezza ed al male del nostro vivere.
Nell’epoca che vorticosamente scorre e fa toccare gli estremi, il cammino, primissimo viaggio umano, potrebbe far resuscitare il principio perduto di umanità e suggellarne un nuovo inizio.
Il prossimo anno, con partenza il 25 Aprile e arrivo attorno alla fine di maggio/inizi di giugno, compiremo quindi un Ge-Mi-To a piedi, per ricordare il famoso triangolo industriale Genova-Milano-Torino.
Fece un bel boom negli anni ’60: cosa ne è rimasto?
Cammineremo da Genova a Torino, poi a Milano per ritornare a Genova, con la speranza che i media, le istituzioni e l’opinione pubblica collaborino con noi, ci assistano e ci seguano, gratuitamente, anche solo per una tappa.
Cammineremo tra bellezza e bruttezza per ritrovare e riconoscere il paesaggio italiano, fatto di luoghi e di genti, che chiedono urgentemente di essere riascoltati.
Ogni cammino dona il tempo della consapevolezza: l’ anima, specchiandosi nel paesaggio, si apre al futuro.
Gianluca Bonazzi
L’Associazione Camminamare, di cui Gianluca Bonazzi fa parte, sta lavorando attorno alla stesura definitiva del progetto di questo lungo trekking nel GeMiTo; non appena pronto lo divulgherà e noi con loro.
Perché il sudore di un corpo in movimento e la visione centrale e periferica che solo chi cammina sa utilizzare, ci appartengono. E questo lento viaggio tra bellezze e asprezze della nostra civiltà imbarbarita vuole essere anche il nostro modo di gridare: non più, ora basta …
Un passaggio.
Dal GeMiTo al gemito al grido.
All’abbraccio finale.