di Alessandro Mortarino.
Se qualcuno avesse avuto ancora qualche incertezza nel decifrare la vision dell’attuale maggioranza connessa alla tanto sbandierata “transizione ecologica“, le parole pronunciate dal senatore Maurizio Gasparri durante l’avvio della presentazione del nuovo Rapporto Ispra sul consumo di suolo crediamo abbiano fugato ogni possibile dubbio...
Gasparri, infatti, ha candidamente – e onestamente – affermato ciò che i suoi colleghi di maggioranza, alla guida del Paese, fino a ieri avevano appena sussurrato o fatto intuire. Con parole (abbastanza) chiare e inequivocabili: «Noi abbiamo da un lato il tema della necessità di non consumare suolo, il che vuol dire non continuare edificazioni, occupazioni di vari ambiti, perché abbiamo esigenze di spazi verdi e di varia natura. Pur avendo esigenze di abitazioni e di case, poi abbiamo patrimoni privati o spesso anche pubblici non ristrutturati, non ben gestiti e quindi da un lato c’è un esubero e dall’altro c’è una richiesta. Quindi il tema è far coincidere la domanda con l’offerta, prima ancora di edificare ulteriormente. Dopo di che abbiamo un’altra esigenza, quella della ristrutturazione, che poi è connessa anche ai temi della riduzione di CO2, quindi cappotti termici, impianti di riscaldamento, tutto ciò che può determinare minori consumi energetici, quindi minori costi, minori consumi, minori emissioni, minori inquinamenti. Talvolta questo obiettivo è indicato con tempistiche e modalità eccessive (…) e quindi la Direttiva sulla casa green, che si connette a questi temi, va rivista dalla nuova Commissione Europea per la tempistica e per gli oneri, perché se noi vogliamo perseguire degli obiettivi dobbiamo, come si è fatto per il PNRR, trovare anche dei fondi pubblici».
Gasparri non è un politico alle prime esperienze: da 32 anni siede tra gli scranni di una delle due Camere parlamentari, è stato Ministro della Repubblica e ora è anche il primo firmatario di quel disegno di legge dedicato alla Rigenerazione Urbana, di cui abbiamo già messo in rilievo le principali criticità.
E più o meno nelle stesse ore del suo intervento in sede Ispra, anche Giorgia Meloni aveva ufficializzato la posa della ennesima pietra miliare del suo mandato: «Il governo italiano lavorerà per fare in modo che la transizione ecologica torni a camminare di pari passo con la sostenibilità economica e sociale, semplicemente perché non possiamo inseguire la decarbonizzazione al prezzo della desertificazione economica. Banalmente, in un deserto non c’è niente di verde. Alcune scelte europee degli ultimi anni hanno pagato un prezzo troppo alto all’ideologia e hanno di fatto chiuso la porta alle ragioni di chi fa impresa. Dobbiamo garantire un quadro regolatorio certo, evitando però rigidità eccessive che danneggiano chi fa impresa e crea occupazione».
Come vedete, ancora una volta le emergenze ambientali vengono liquidate come un fastidio, un ostacolo al fluire sereno dell’economia e non come un precipizio incombente a pochi passi da noi. A cui dovremmo ovviamente aggiungere anche l’azione “edulcorante” che la nuova legislatura europea a guida Ursula von der Leyen pare prossima a delineare per il suo stesso Green Deal, già notevolmente fiaccato dalle retromarce sulla PAC agricola, e da sommare al silenzio quasi tombale con cui il nostro Paese sta affrontando la definizione del Piano per la Nature Restoration Law (da presentare all’UE entro luglio 2026).
Questo è (e continua ad essere) il limite della politica odierna. Giorgio Gaber, in una delle sue più note canzoni, salmodiava profeticamente «… tutte cose giuste, per un’altra generazione».
Nel nostro caso, una generazione a cui affideremo un’eredità davvero pesante, perché «il nostro paese è in fiamme», come ha sottolineato nel suo intervento a Roma il professor Paolo Pileri.
E quando l’incendio avanza, il colibrì si ostina a portare la sua goccia d’acqua, mentre il leone fugge rapido…