Deroghe, deroghe e poi ancora deroghe. Per la Regione Piemonte i piani regolatori comunali sono superflui e da sopprimere…

A cura del coordinamento piemontese del Forum Salviamo il Paesaggio.

Sin dal suo insediamento, nel giugno 2019, l’amministrazione regionale in carica ci ha posto nella condizione di seguire costantemente e con massima attenzione e vigilanza lo sviluppo di tutte le sue attività normative in materia di urbanistica, comparto in cui la maggioranza di governo ha chiaramente mostrato di ritenere prioritario stimolare gli impulsi squisitamente economici rispetto alla – per noi – più logica tutela e custodia del territorio. Nel corso di questi anni abbiamo assistito ai reiterati tentativi di riforma di molte norme regionali orientate al rilancio economico del comparto edile, ma palesemente in contrasto con la visione del Green Deal dell’Unione Europea e, addirittura, in disaccordo con vigenti norme nazionali...

Ritenevamo che l’apice di questa ostinazione normativa da parte della Regione si fosse raggiunto in occasione della stesura della legge 13/2020 (più nota come “Riparti Piemonte”) in cui comparivano diversi profili incostituzionali, da noi prontamente rilevati e segnalati ai Ministeri competenti affinché venissero contestati e impugnati dal Governo, come fortunatamente poi avvenuto attraverso una meritoria azione che ha consentito di eliminarne i danni più evidenti, registrando anche alcune “spontanee retromarce” della stessa Regione, al fine di ricondurre la norma entro i limiti del dettato costituzionale.

Purtroppo l’amministrazione regionale non si è fermata qui e ha provocatoriamente provveduto a ipotizzare anche una riforma della legge Urbanistica piemontese, scatenando non poche reazioni.
Negli ultimi mesi questa riforma era apparsa come “silenziata” se non, addirittura, riposta in un cassetto. E la brusca sospensione dell’iter ci aveva sorpresi e allarmati allo stesso tempo, risultando abbastanza strano che le velleità derogatorie dell’amministrazione potessero essere così repentinamente riposte. E ci domandammo se non vi fosse, dunque, qualche altro maggiore obiettivo in vista, tale da suggerire all’amministrazione regionale di non “sprecare energie” per riformare una legge Urbanistica profondamente avversata da più parti.

Non ci sbagliavamo. E il “grimaldello” si è materializzato nella legge regionale n° 7 del 31 maggio 2022Norme di semplificazione in materia urbanistica ed edilizia”, approvata dal parlamento subalpino.
Ancora una volta si tratta di una norma indirizzata a incentivare e semplificare ulteriormente gli interventi sull’esistente patrimonio edilizio, con l’introduzione di innumerevoli deroghe ai vigenti strumenti urbanistici generali (P.R.G.) e di nuove estensioni e facilitazioni per le varianti urbanistiche, che comporteranno ulteriore consumo di suolo; il tutto in piena controtendenza, o meglio in contrasto, con quanto recentemente introdotto in Costituzione all’art. 9 (in merito alla tutela dell’ambiente e nell’interesse delle future generazioni) e all’art. 41 (in merito all’iniziativa economica privata che non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana).

Nella nuova norma vengono addirittura introdotte alcune “subdole e ingannevoli” disposizioni, che hanno l’evidente scopo di “scardinare” ulteriormente i già blandi provvedimenti regionali per il contenimento del consumo del suolo e perfino del suo metodo di conteggio, al fine di considerare come suolo già consumato (e quindi già cementificato) tutte le previsioni non ancora attuate “in pancia” ai vigenti P.R.G. piemontesi (migliaia di ettari), anche se attualmente utilizzate a fini agricoli o naturali (in pieno contrasto con tutte le disposizioni regionali o dell’ISPRA-Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale sul metodo di conteggio del consumo del suolo).

I tecnici del coordinamento piemontese del Forum Salviamo il Paesaggio (Rete civica nazionale formata da oltre 1.000 organizzazioni e decine di migliaia di singoli aderenti individuali) e di Pro Natura Piemonte hanno ancora una volta analizzato a fondo il testo della norma approvata e individuato molte incongruità e diversi profili dalla chiara evidenza incostituzionale e redigendo puntualmente un documento molto dettagliato che, nei giorni scorsi, è stato trasmesso ai Ministeri competenti. Anche in questa occasione è stato richiesto ai Ministeri di valutare con attenzione le analisi tecniche proposte e di avviare con tempismo tutte le procedure di incostituzionalità della norma regionale per una necessaria “impugnazione” da parte del Consiglio dei Ministri avanti alla Corte Costituzionale.
La particolare complessità della materia in questione rende difficile sintetizzare in forma divulgativa i rilievi critici oggetto dell’analisi del Forum: qui in allegato proponiamo pertanto il documento integrale, ora in corso di valutazione da parte degli Uffici legislativi dei Ministeri competenti.

Ci limitiamo a segnalare, in particolare, che questa legge regionale 7/2022 rischia di scardinare in buona parte le attuali pianificazioni locali, senza peraltro assicurare una “certezza” del risparmio del consumo del suolo che, al contrario, in alcuni casi potrebbe gravemente aumentare, vista l’assenza di una disposizione in tal senso.
L’autorevolezza del P.R.G. (che dovrebbe essere espressione di programmazione del territorio) viene così relegata nella condizione di essere ridotta – per non dire “ridicolizzata” – da leggi che “prescindono” dal territorio, inteso come unico e non ripetibile, marginalizzando sempre di più il Comune, come promotore sia della pianificazione e sia della successiva gestione. Scompare, cioè, completamente il ruolo del Comune che, fino ad oggi (attraverso il Consiglio comunale), esercitava una funzione di mediazione fra un P.R.G. svilito e le richieste dei privati, lasciando ora tutto alla libera iniziativa, senza alcuna possibilità di valutazione “politico-discrezionale”, con deroghe (ai parametri igienico-sanitari, quantitativi e di sicurezza) e con la previsione di “ampliamenti premiali” che possono arrivare all’aumento fino al 75% dell’attuale superficie o volume, incrementabile degli eventuali ampliamenti già previsti dal P.R.G. vigente; ampliamenti ammessi anche nei centri storici (o aree similari), a meno che un Comune non ne deliberi una limitazione per il solo centro storico: in alcuni casi specifici (rilocalizzazioni) sono possibili ampliamenti anche al 100% dell’attuale superficie o volume.

L’augurio è che i Ministeri, con l’ausilio del Consiglio dei Ministri, riconducano la norma sui corretti binari costituzionali, in attesa che le grandi crisi già in atto e prossimamente nell’evidenza di una situazione di totale emergenza (cambiamento climatico, desertificazione dei suoli, carenza idrica, perdita della sovranità alimentare…) non inducano anche l’ostinata idea di “sviluppo” dell’amministrazione regionale a una ben differente visione del futuro…

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