A cura di Legambiente Piemonte e Valle d'Aosta.
Gli ecoreati non conoscono crisi: dallo smaltimento illegale alle agromafie, tutti i settori dell’illecito ambientale sono in crescita.
Piemonte al 9° posto in Italia con oltre 1.326 reati nel 2020 e al 5° per quanto riguarda l’illegalità nel ciclo di rifiuti...
Nonostante le drammatiche conseguenze della pandemia COVID-19, i reati ambientali scoperti nel 2020 hanno toccato quota 34.867 (+0,6% rispetto al 2019), alla media di oltre 95 reati al giorno, 4 ogni ora. Si registra l’incremento delle persone denunciate, ben 33.620 (+12,9% rispetto al 2019), delle ordinanze di custodia cautelare eseguite (329, in crescita del 14,2%) e dei sequestri effettuati, che hanno raggiunto la cifra di 11.427, in assoluto la più alta degli ultimi 5 anni, con una crescita del 25,4% rispetto al 2019.
Un ulteriore elemento di preoccupazione è rappresentato dalla crescita dei reati ambientali accertati nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa (Campania, Puglia, Calabria e Sicilia), esattamente 16.262, pari nel 2020 al 46,6% del totale nazionale. Il Piemonte si colloca al nono posto nella classifica generale nazionale e al quinto per quanto riguarda l’illegalità nel ciclo di rifiuti.
È questo in sintesi quanto emerge dalla presentazione del Rapporto Ecomafia 2021. “Dal 1994 Legambiente lavora sul tema degli Ecoreati – afferma Stefano Ciafani, Presidente di Legambiente - Ci abbiamo messo 21 anni ad ottenere la legge sugli Ecoreati, legge di cui ancora oggi sottolineiamo la bontà e l’importanza. Ora è fondamentale un deciso cambio di passo che porti a completare il sistema normativo inserendo i delitti ambientali e di incendio boschivo tra i reati per cui è possibile, vista la loro particolare gravità e complessità, prorogare i termini di improcedibilità previsti dalla riforma della giustizia, approvata dal Parlamento. Va aggiornato il Codice penale inserendo tra i delitti anche le agromafie, il traffico di opere d’arte e di reperti archeologici e il racket degli animali. È poi fondamentale – continua Ciafani - alzare il livello qualitativo dei controlli pubblici ambientali in tutta Italia, a partire dal Centro-Sud. Servono nuove risorse finalizzate all’aumento del personale per le valutazioni e le ispezioni e all’acquisto della strumentazione innovativa per effettuare i monitoraggi. Si deve procedere speditamente all’approvazione dei decreti attuativi della legge 132 del 2016, che ha istituito il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente”.
“La pandemia non ha fermato le attività illegali – dichiara Giorgio Prino, Presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta - In questo periodo le Ecomafie hanno fatto un lavoro “eccezionale”, senza fermarsi. Nel 2020 sono diminuiti del 17% i controlli, eppure sono aumentati del 12% i crimini e del 14% gli arresti per ecoreati. Il fatto che nemmeno l’emergenza pandemica sia riuscita a fermare o a fare calare l’incidenza delle pratiche delinquenziali è un dato estremamente allarmante. Con Libera condividiamo la volontà di lanciare un segnale forte su come andranno utilizzati i fondi del PNRR e quali saranno i soggetti che ne beneficeranno, che saranno chiamati a eseguire le opere finanziate. Va scongiurato in ogni modo il rischio di infiltrazioni ecomafiose nei cantieri per la realizzazione di opere ferroviarie e portuali, impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e di riciclo dei rifiuti, depuratori, interventi di rigenerazione urbana, infrastrutture digitali, solo per fare qualche esempio delle opere che servono alla transizione ecologica del Paese”.
FOCUS SUI RIFIUTI
Nel 2019 il ciclo dei rifiuti resta il settore maggiormente interessato dai fenomeni più gravi di criminalità ambientale: sono ben 198 gli arresti (+112,9% rispetto al 2018) e 3.552 i sequestri con un incremento del 14,9%. A guidare la classifica per numero di reati è la Campania, con 1.930 reati, seguita a grande distanza dalla Puglia (835) e dal Lazio, che con 770 reati sale al terzo posto di questa classifica, scavalcando la Calabria. Per quanto riguarda le inchieste sui traffici illeciti di rifiuti: dal primo gennaio 2019 al 15 ottobre del 2020 ne sono state messe a segno 44, con 807 persone denunciate, 335 arresti e 168 imprese coinvolte. Quasi 2,4 milioni di tonnellate di rifiuti sono finiti sotto sequestro (la stima tiene conto soltanto dei numeri disponibili per 27 inchieste), pari a una colonna di 95.000 tir lunga 1.293 chilometri, poco più della distanza tra Palermo e Bologna.
I DATI PIEMONTESI
Nella classifica dell’attività operativa in applicazione della l.68/2015 sui reati ambientali il Piemonte si classifica 5 con 63 reati registrati con 126 persone giuridiche denunciate e 47 persone denunciate.
Nella classifica sulla corruzione ambientale (lo strumento principale usato dalle mafie per legarsi al mondo economico, oltre che a quello istituzionale, raggiungendo obiettivi di lungo periodo e garantendosi affari illimitati) in Italia dell’ultimo anno in materia ambientale il Piemonte si classifica 8 con 14 inchieste, il 3,6% sul totale nazionale, con 48 persone arrestate, 32 denunciate e 35 sequestri effettuati. La Valle d’Aosta si classifica 14 con 4 inchieste, 1% del totale nazionale, 20 persone arrestate, 23 denunciate e 23 sequestri effettuati.
Nella classifica regionale dell’illegalità del ciclo dei rifiuti nel 2020 il Piemonte si aggiudica una triste 5 posizione in classifica con 569 reati accertati, il 6,8% del totale nazionale, con 524 denunce, 148 sequestri, ma nessun arresto. La Valle d’Aosta chiude la classifica con 30 reati accertati e 38 denunce. Se si considera la classifica provinciale svetta quella di Cuneo, al 17 posto su base nazionale, con 81 reati accertati. La classifica degli incendi negli impianti di trattamento, smaltimento, recupero dei rifiuti in Italia (2013- settembre 2021) purtroppo conferma la 5 posizione del Piemonte a livello nazionale con 101 incendi negli impianti.
I fanghi di depurazione rimangono uno dei tasti dolenti della gestione dei rifiuti, che troppe volte attiva percorsi ecocriminali. Una delle inchieste più importanti è quella che ha riguardato mezza provincia di Brescia con i fanghi prodotti dall’azienda Wte (contaminati da metalli pesanti, idrocarburi e altre sostanze inquinanti) scaricati senza adeguati trattamenti nei campi agricoli in Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia-Romagna
Il buco nero delle cave illegali: risale agli ultimi mesi del 2020 una vicenda in Piemonte, a Romagnano, in provincia di Novara, lungo le sponde del fiume Sesia, i Carabinieri forestali hanno messi i sigilli a una cava abusiva di materiale litoide e di sabbie, che poi veniva riempita di fanghi. Il proprietario di un impianto di frantumazione di terre e rocce da scavo presente accanto alla cava è stato denunciato per gestione di rifiuti e attività estrattiva non consentita.
Nella classifica regionale degli incendi dolosi, colposi, generici in Italia nel 2020 il Piemonte si piazza 10 con 142 reati, il 3,4 % del totale nazionale, con 36 denunce e 4 sequestri. La Valle d’Aosta chiude la classifica con 5 reati e lo 0,1% del totale nazionale. Nella classifica provinciale degli incendi del 2020 emerge Torino al 18 posto con 63 reati.
La classifica regionale dell’illegalità contro la fauna nel 2020 colloca il Piemonte al 16 posto con 126 reati, 99 persone denunciate e 73 sequestri, mentre la Valle d’Aosta risulta al 20 posto con 3 reati.
Un’operazione di particolare interesse per quel che riguarda le filiere illecite dell’agroalimentare ha riguardato il Piemonte, e in particolare l’area dell’astigiano. Nel Nord più economicamente sviluppato, con un’agricoltura specializzata e vicina alle grandi vie commerciali europee, venivano praticate forme particolarmente gravi di caporalato e sfruttamento della relativa manodopera. Nello specifico, alcuni criminali sfruttavano braccianti agricoli immigrati, durante la vendemmia nel Monferrato, pagandoli 3€ l’ora, facendoli lavorare fino a dieci ore ininterrotte al giorno, tutti i giorni del mese. Tre caporali albanesi sono stati arrestati la mattina del 1° maggio 2020 dai Carabinieri del Nucleo operativo della compagnia di Canelli (Asti), i quali hanno anche denunciato a piede libero altre 5 persone. I tre arrestati erano a capo di una cooperativa locale, specializzata nell’intermediazione illecita e nello sfruttamento del lavoro, spesso con l’aggravante della finalità di discriminazione razziale. Tutta la manodopera di origine straniera era originaria di Nigeria, Gambia, Senegal e Mali.