La variante 19 al Piano Regolatore, portata in discussione nel Consiglio Comunale di Asti, è piuttosto una “invariante”, della serie ormai infinita degli atti pubblici mossi da interessi privati. L'idea di far “volare” le previsioni del Prg da un punto all'altro del territorio urbano, aree destinate a servizi o volumi destinati all'edilizia residenziale che siano, non è nuova ed ispira da tempo le azioni della cosiddetta “urbanistica contrattata” ...
Di che si tratta ? In principio (in principio era il verbo …) ci sono i progetti della lobby dei costruttori. C'è anche il Prg, ma è ciò che resta della vecchia idea di programmare con finalità sociali l'uso del territorio. Si tratta pertanto di realizzare i progetti nonostante il Prg. Ecco perché prima di venire alla ribalta pubblica i progetti sono “lavorati” con discrezione negli uffici dell'assessorato, in modo che possano essere presentati senza difetti formali (purché sia salva la faccia).
Facciamo, semplificando, un esempio. La lobby, attentissima ai valori del mercato immobiliare, ha osservato che in collina (diciamo: Viatosto) qualche villa, o qualche alloggio in un piccolo condominio tra il verde, potrebbero trovare acquirenti (ovviamente tra i cittadini ricchi). Problema: in quello scenario naturale (splendido) non ci sono aree fabbricabili, ma la lobby possiede a Viatosto un'area a destinazione agricola. Bene, “lavorando” il progetto in assessorato si possono prospettare due soluzioni.
Prima soluzione. La lobby possiede delle aree a destinazione mista, quindi anche residenziale, in una zona di “trasformazione” (nel linguaggio del Prg significa, zona degradata, di nessun pregio, con impianti industriali dismessi, ecc.; esempio: l'area tra Viale Pilone e Corso Alessandria) con previsioni molto teoriche. Soluzione: la lobby può trasferire i suoi diritti edificatori da questa area a quella di Viatosto, purché l'assessorato cambi la destinazione d'uso di quest'ultima, da agricola a residenziale.
Seconda soluzione: l'assessorato cambia destinazione d'uso ad una porzione dell'area a servizi di Viatosto, vende la porzione alla lobby e quest'ultima realizza il suo progetto, trasferendo lì i diritti edificatori che possiede nell'area di “trasformazione” di cui si è detto. Detto per inciso, la locuzione “diritti edificatori” è invalsa insieme alla “urbanistica contrattata” per sottolineare la centralità della lobby (e la fine del primato dell'ente pubblico).
Il “lavoro” dell'assessorato, soprattutto quando i progetti sono più di uno, comprende l'attenzione a che i progetti non sforino i vincoli del Prg e quindi le norme della legge regionale. Nel caso della variante 19, i vincoli da rispettare erano due: l'invarianza della capacità insediativa del Prg e ad una variazione (in più o in meno) delle aree a servizi non superiore allo 0,5 %. A lavoro fatto possiamo dire: bene, un uso intelligente (e truffaldino) dei divieti. Già, perché fuori da quei vincoli la legge regionale prevede la “variante strutturale”, vale a dire un esame meno formale dei progetti, affidato ad enti regionali. Detto per inciso, la capacità insediativa del nostro Prg, vale a dire grosso modo la quantità di suolo urbanizzato per singolo abitante, è assolutamente sovradimensionata, non corrisponde a nessuna reale previsione dei bisogni e delle attività della comunità cittadina.
Ecco fatto, la variante 19 è più o meno tutto questo.
Ovviamente tutto ciò, soprattutto se è giustificato con la necessità di fare cassa per l'amministrazione, non ha niente a che fare con l'urbanistica o con la buona urbanistica. Possiamo chiamarlo “strategie per la valorizzazione dei suoli urbani” (dunque per l'arricchimento dei proprietari di questi suoli). Le conseguenze di questa cattiva urbanistica sono ormai note: scenari da day after atomico, case e terrapieni che crollano al primo acquazzone, cementificazione così estesa da alterare gli equilibri del suolo, negazione del diritto all'abitare per una parte non trascurabile della popolazione, un mercato immobiliare strumento delle più spregiudicate operazioni finanziarie, tutto l'insieme degli eventi intrecciati dalla stessa irresponsabilità sociale e dallo spirito più animale del mercato.
Per reagire in modo giusto a questo stato di cose (e ai poteri che le conservano) bisogna allora prendere atto che l'urbanistica come strumento di programmazione delle città e di uso/controllo “pubblico” del territorio è una attività finita da un pezzo, nella complicità interessata e nel silenzio generale di politici di ogni colore, lobby e corporazioni. Complice un realismo da quattro soldi che avrebbe “costretto” l'ente pubblico a rinunciare al suo primato. Così l'esaurimento delle aree e il loro costo altissimo, la mancanza di risorse fino all'impossibilità di rinnovare i vincoli delle aree a servizi e l'arroganza dei fautori del libero mercato, non avrebbero trovato alternative diverse da questa cattiva urbanistica, l'“urbanistica contrattata”.
Invece le alternative ci sono.
Qualche esempio di buona amministrazione del territorio, accompagnato da una riflessione seria sugli esiti di una urbanistica sottratta al primato dell'ente pubblico, c'è stato (Cassinetta di Lugagnano, http://www.comune.cassinettadilugagnano.mi.it) e ha trovato minoranze non prezzolate di tecnici, ingegneri, architetti e urbanisti farne scuola. Per chi volesse approfondire questo percorso si consiglia qualche visita al sito web di Eddyburg (http://www.eddyburg.it). Invece un modo diverso di vedere le cose c'è. Basta essere finalmente consapevoli che il territorio è un bene comune, come l'aria e l'acqua, pertanto va trattato come tale, nell'interesse delle comunità. E queste ultime, a loro volta, vanno intese come organismi vivi di relazioni potenzialmente autoregolantesi, cioè partecipative e inclusive. Insomma bisogna sapere che non si danno beni comuni senza l'esercizio di una democrazia reale, cioè non solo delegata o solo rappresentata.
Di questa sensibilità sociale e ambientale, di questo civismo, si è fatto interprete qui da noi il movimento “Stop al consumo di territorio” visibile con tutte le sue iniziative all'omonimo sito web (http://www.stopalconsumoditerritorio.it/); aderirvi e sostenerne le iniziative è doveroso.