Immaginatevi che sia un Giovedì sera. Immaginatevi che fra due giorni sia il 28 di Febbraio, giorno che per la Meteorologia corrisponde alla conclusione dell'inverno climatico. Immaginatevi di trovarvi nella cornice di una sala incontri tutta a volte in mattoni vecchi, in quel di Portacomaro, a pochi chilometri da Asti, luogo di colline mai eguali e “patria” del miglior grignolino. Immaginatevi che il papillon sfavillante di Luca Mercalli sia al centro della scena e che lui (il divulgatore-uomo, non il suo papillon) dica senza remore “sono stufo, demotivato, deluso, demoralizzato: gli italiani non capiscono nulla e parlare con loro offrendo notizie e considerazioni scientifiche e culturali non serve ad innescare reazioni. Io smetto”.
Immaginatevi di sentirvi a disagio ... Immaginatevi che le considerazioni di uno stanco Mercalli, in fondo, siano (nel vostro piccolo ...) anche le vostre perché anche voi (sempre nel vostro piccolo ...) è da anni che andate dicendo cose simili, cioè che non è questo lo sviluppo umano migliore possibile, l'unico e miglior modello di società; e che il futuro che attende noi - ed ancor più le prossime generazioni - sarà drammaticamente duro. E (ancor sempre nel vostro piccolo) vi siete sentiti come marziani troppe volte: minoranza di minoranze, corpuscolo estraneo, escrescenza fastidiosa di una omogenea istantanea puramente cerimoniale. Solo che, ultimamente, qualche fatto episodico si è unito ad altre casualità e la cosa vi ha fatto riflettere: più isole possono/potrebbero costituire un arcipelago ...
Insomma, immaginatevi che la nascita del Movimento per lo “Stop al Consumo di Territorio” abbia generato entusiasmi sorprendenti e mosso all'azione centinaia e centinaia di persone, a macchia di leopardo (in corsa ...) in angoli molteplici della nostra (ex) Bella Italia e che Luca Mercalli sia stato uno dei primi firmatari di quel nostro “naifeggiante” manifesto nazionale: come si coniuga fermento attivo comune con scoramento individuale ?
Bene; se vi siete immaginati tutto ciò, avete già la risposta in mano: come dar torto al buon Luca ? Che da anni sciorina da pulpiti importanti (il medium televisivo, quotidiani nazionali, conferenze pubbliche, congressi scientifici ...) un messaggio che stenta ad assumere la forma di un progetto di “altra politica” ? Il che provoca (non può essere diversamente) giuste frustrazioni.
Ma da qui a gettar la spugna ...
A ben vedere, però, l'appuntamento di Portacomaro - dopo l'avvio in chiave negativista - è filato via leggero per un buon paio d'ore di amabile conversazione fra l'ospite, il giornalista televisivo Carlo Cerrato e, infine, il pubblico. E col passare dei minuti la stanchezza di Mercalli è stata sopraffatta dalla sua verve carica di ironia e di concretezze. Tanto che alla fine, a tutti è parso chiaro che le sue pubbliche disperazioni fossero un malcelato desiderio di provocazione.
Riuscitissimo.
Dal pubblico, qualcuno si è alzato ed ha iniziato a calare sul territorio il senso di quelle alte perlustrazioni “planetarie” fino a quel punto indagate da Mercalli e Cerrato e, all'improvviso, il re è apparso nudo, tra le ombre di quell'incombente impianto di bitumaggio che gli amministratori di quell'oggi fatto di sola “crescita e sviluppo” vorrebbero incasellare nel mosaico cromatico della natura millenaria delle colline di Portacomaro.
A quel punto (e solo a quel punto) si è capito come buchi nell'ozono, effetto serra, fragilità dei suoli, depositi di scorie nucleari, irreversibilità delle scelte di consumo del territorio, economie di predazione, inaridimento delle falde acquifere, risorse solari sprecate ... siano nella realtà situazioni del nostro quotidiano, opportunità gettate, pericoli reali, materializzate sciagure imminenti.
Non “roba” lontana, ma ragioni di vita o di morte. E in molti hanno alzato indici accusatori, con vigore e sobrietà e cognizione di causa e cuore e cervello ...
Mercalli sorrideva, sornione. In silenzio, quasi. Tanto che alla fine era il “povero” Cerrato a doversi travestire da intervistatore ad intervistato, per provare a rimettere paletti delimitatori laddove il vento della logica aveva spianato ogni deposito di pregiudizi.
Ma la gente (non le masse: questo no. Semplicemente la gente ...) era lì; viva e partecipe, protagonista, tutt'altro che “Pubblico”.
Mercalli poteva permettersi due battute finali, una (a microfono aperto): “vedete, ora posso smettere; il testimone è già nelle vostre mani” ...
La seconda (a microfono spento o forse da noi ascoltata ad una precedente sua conferenza altrove, probabilmente a Collegno qualche settimana or sono): “il fatto è che tutti sostengono che in Italia l'ambientalismo ha detto troppi “NO” e lo considerano ora defunto a causa delle proprie colpe. Ma non si rendono conto che l'ambientalismo è morto perché una coscienza ambientale, forte e nuova, è ormai diventata parte integrante dell'homo italicus di oggi. Ed è una strada senza ritorno” ...
Le colline ringraziano. Ringraziano donne e uomini che hanno capito che amministrare un qualunque pezzo di “cosa pubblica” è compito di una collettività. E non solo di un pugno di “delegati”: la moderna società è troppo complessa per essere affidata alle decisioni di pochi.
Questo lo abbiamo capito tutti: delegati e deleganti ...