Ascoltando un po' di umori tra i movimenti e le associazioni, traspare qualche elemento critico in diversi settori. Limitandoci ai temi ambientali, due considerazioni emergono in modo diffuso. La prima riguarda la scelta del nuovo ministro all'ambiente, la seconda le clausole previste dal contratto di governo tra Lega e Movimento 5 Stelle in merito alla gestione degli acquedotti ...
Sergio Costa, nuovo ministro dell’Ambiente nel governo Conte, è un generale di brigata dell’Arma dei carabinieri ed ex comandante della Regione Campania dei Carabinieri forestali.
Ha guidato l’inchiesta sulla Terra dei fuochi in Campania, distinguendosi nel contrasto alle ecomafie e al clan dei Casalesi. E' dunque, sulla carta, un'ottima figura sotto il profilo investigativo; ma dall'arcipelago ambientalista trapela ugualmente qualche malumore: nel ruolo di ministro si sarebbe preferito avere una figura con una visione ecologista a 360°, capace di sviluppare politiche che abbiano al centro il ripristino e la valorizzazione degli ecosistemi (sia naturali e sia urbani) e un corretto approccio alla green economy, che desse insomma forma ad una nuova "mentalità ambientale". Dunque meglio sarebbe stato un ministro "analista ecosistemico" più che un generale: la tutela ambientale ha bisogno di un cambiamento epocale, non solo di interventi di controllo e repressione ...
Molto dettagliate le valutazioni del Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua che riportiamo integralmente:
«il “contratto di governo” M5S-Lega sull'acqua è solo uno specchietto per le allodole e non rispetta assolutamente il referendum del 2011. Come Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua, promotori del referendum sull'acqua e sui servizi pubblici del 2011, intendiamo esprimere una nostra valutazione in primo luogo perchè viene esplicitamente toccato il tema della gestione del servizio idrico. Inoltre, poiché riteniamo che l'acqua e la sua gestione pubblica e partecipativa costituiscano un paradigma di un altro modello di società da cui risulta per noi imprescindibile prendere parola anche sull'impianto complessivo delle scelte di governo.
Dobbiamo evidenziare come la parte relativa all'acqua sia del tutto insufficiente e inadeguata. Anzi rischia di ottenere il risultato di consolidare l'attuale assetto gestionale e di governance volto alla massima mercificazione del bene. Facendo esplicito riferimento all'applicazione della volontà popolare espressa nel referendum del 2011 e utilizzando l'aggettivo “pubblica” si ammanta di un'accezione con cui si prova a celare la totale assenza di contenuti.
E' gravissimo che si provi a ridimensionare l'esito referendario alla sola esigenza di implementare gli investimenti per la ristrutturazione e sanificazione della rete idrica, tra l'altro senza specificare chi dovrebbe fare tali investimenti.
Altrettanto grave e pericoloso che si preveda la gestione tramite “società di servizi a livello locale”, ovvero il modello aziendale privatistico già previsto dalle leggi vigenti. Come si vede il “contratto” segue pedissequamente la legislazione esistente che non rispetta il referendum!
Non si prende minimamente in considerazione la necessità di mettere in campo una modifica radicale della normativa in materia di servizi pubblici locali e in particolare del servizio idrico integrato verso la ripubblicizzazione. Una svolta necessaria rispetto alle politiche, trasversalmente condivise negli ultimi vent’anni, che hanno fatto dell’acqua una merce e del mercato il punto di riferimento per la sua gestione, provocando dappertutto degrado e spreco della risorsa, precarizzazione del lavoro, peggioramento della qualità del servizio, aumento delle tariffe, riduzione dei finanziamenti per gli investimenti, diseconomicità della gestione, espropriazione dei saperi collettivi, mancanza di trasparenza e di democrazia. Ovvero, il totale fallimento degli obiettivi promessi da una martellante campagna di promozione comunicativa in ordine ai benefici della privatizzazione e del cosiddetto partenariato pubblico-privato - maggiore qualità, maggiore economicità, maggiori investimenti - che, alla prova dei fatti si sono dimostrati totalmente inconsistenti.
Non si fa accenno alla ridefinizione di un sistema tariffario che escluda definitivamente qualsiasi voce riconducibile al profitto, stante che quello predisposto dall'ARERA contraddice chiaramente l'esito referendario facendo rientrare dalla finestra quanto espulso dalla porta tramite il referendum.
In ultimo, non si prende in considerazione la necessità di togliere le deleghe sull'acqua all'ARERA vista la gravità delle scelte operate e l’enorme conflitto di interessi in atto (il controllore è finanziato dal controllato), riportandole sotto la competenza del Ministero dell'Ambiente.
Eppure questi avrebbero dovuto costituire dei punti fermi almeno per il M5S, visto che nella scorsa legislatura la stragrande maggioranza dei parlamentari aveva aderito all'intergruppo per l'acqua bene comune, sottoscrivendo e depositando la proposta di legge “Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico” che li contiene tutti in maniera esplicita.
Sulla base di queste considerazioni non possiamo esimerci dal definire tale punto del “contratto” come un vero e proprio specchietto per le allodole.
D'altra parte il concetto stesso di acqua bene comune e diritto umano universale è parte di una concezione del mondo e della società basata su valori imprescindibili quali l’antifascismo, l’antirazzismo e la solidarietà fra i popoli e le persone. Valori difficili da trovare in un “contratto di governo” in cui emerge con forza un tratto che non possiamo esimerci dal definire razzista e xenofobo, che punta a mettere in campo una serie di azioni contro i più deboli, i migranti, i rom e dichiara guerra a chi combatte l'emarginazione e si batte da anni per il diritto all'abitare attraverso l'occupazione di immobili abbandonati al degrado o peggio alla speculazione.
Allo stesso modo non può esserci acqua pubblica senza giustizia sociale sostenuta da adeguate misure economiche e fiscali, ben lontane da quelle regressive presenti nel contratto, come ad es. la cosiddetta “flat tax” che da una parte avvantaggia i redditi alti a scapito di quelli bassi e implicherà necessariamente un consistente taglio della spesa pubblica, in particolare quella per i servizi e quella sanitaria, per il reperimento delle risorse volte alla sua copertura.
Sempre a questo riguardo, nel “contratto di governo” non si mettono concretamente in discussione i vincoli di bilancio imposti dall'Unione Europea, tanto meno il patto di stabilità interno, il pareggio di bilancio, le politiche applicate con la trappola del debito pubblico e i tagli previsti dalle diverse “spending review”, ossia quell'insieme di politiche d'austerità che hanno alimentato la crisi e da tempo costretto con le spalle al muro gli Enti Locali mettendo a repentaglio la loro storica funzione pubblica e sociale, ad esempio la natura pubblica dell'acqua e di altri servizi collettivi.
Intendiamo denunciare con forza i principi ispiratori di tale “contratto” e annunciamo sin da ora che metteremo in campo tutta la nostra passione e impegno per giungere finalmente alla reale attuazione della volontà popolare e ad una gestione pubblica e partecipativa dell'acqua».
Attendiamo di vedere all'opera il nuovo governo, augurandoci che le preoccupazioni attuali possano essere cancellate dalla concreta azione.