Commentando il deferimento dell’Italia davanti alla Corte europea in materia di inquinamento atmosferico da PM10, il responsabile della campagna Trasporti di Greenpeace Italia, Andrea Boraschi, dichiara: «Il provvedimento adottato dalla Commissione europea non sorprende nessuno. Era annunciato da tempo e l’Italia ha fatto di tutto o quasi per meritarlo ...
È la conseguenza lineare dell’inazione dei governi succedutisi negli ultimi anni, e della marginalità delle politiche ambientali e sanitarie nel nostro Paese», dichiara Boraschi. «L’Italia è indietro su molti fronti, quanto a tutela della qualità dell’aria. Ma certamente quello dei trasporti mostra le maggiori criticità. Abbiamo un livello di motorizzazione significativamente più alto degli altri Paesi dell’Unione, mentre la mobilità sostenibile stenta a crescere. Un sistema che si basa sul mezzo privato a benzina o gasolio è un sistema patogeno, oltre che antitetico agli accordi sul clima», conclude.
Secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente, in Italia si registrano ogni anno oltre 80 mila morti premature a causa dell’inquinamento atmosferico. Solo lo scorso anno sono stati 39 i capoluoghi italiani in cui almeno una centralina di monitoraggio dell’aria ha fatto registrare il superamento del limite annuale di 35 giorni con concentrazioni medie superiori a 50 μg/m3 (microgrammi per metro cubo). Tra queste città, ve ne sono addirittura 5 in cui i giorni di sforamento dei limiti di legge sono stati più di 100 (e ve ne sono molte altre con valori appena inferiori). La Pianura Padana, la Valle del Sacco nel frusinate e altri territori della Penisola sono in piena emergenza ambientale e sanitaria.
Greenpeace ricorda infine che oltre al PM10, in Italia resta da affrontare seriamente il grave impatto causato dal biossido di azoto, un inquinante tipico del settore trasporti e dei diesel in particolare. Questo inquinante, in Italia, è responsabile di oltre 17 mila morti premature l’anno e sul biossido di azoto è aperta una ulteriore procedura di infrazione contro l’Italia. Il nostro Paese ha rappresentato negli ultimi anni uno dei mercati più floridi per le auto a gasolio, mentre la penetrazione della mobilità elettrica è molto più bassa rispetto ai Paesi del nord Europa. Secondo l’organizzazione ambientalista è ragionevole attendersi che, in assenza di provvedimenti radicali da parte dei prossimi esecutivi, anche la procedura d’infrazione per il biossido d’azoto possa concludersi con un deferimento dell’Italia alla Corte di Giustizia.
Da questo procedimento giudiziario, l’Italia rischia di essere condannata a pagare una sanzione forfettaria da un miliardo di euro, che ricadranno sulle tasche dei cittadini delle 13 regioni fuori limiti (tra cui il Piemonte, che dovrà pagare tra gli 80 e i 100 milioni all'anno per tutti gli anni che impiegherà a mettersi in regola ...).
Oltre allo smog, l'Italia è stata deferita alla Corte di giustizia europea anche per i rifiuti radioattivi e la Xylella. Nel primo caso in quanto non è stata assicurata la piena conformità alla direttiva in materia, in particolare sul fronte della notifica dei programmi nazionali di gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi.
Nel secondo per non aver pienamente applicato le misure Ue, per impedire la diffusione nel territorio dell'Unione del batterio killer degli ulivi.