di Chiara Ghi, Lipu Asti.
L’emergenza bracconaggio non si arresta mai. Anche quando nessuno ne racconta le storie, milioni di animali, solo in Italia, muoiono o sono gravemente feriti sotto i colpi dei cacciatori di frodo. I dati parlano di circa 8 milioni di volatili colpiti. Una pratica, quella del bracconaggio, se possibile ancora più barbara della caccia “legale”, perché va a colpire quelle specie più deboli e già in difficoltà per varie cause, spesso legate alle attività umane ...
Questa volta è la storia di un gufo reale, predatore notturno diffuso ampiamente sulle Alpi e sugli Appennini, a suonare il campanello d’allarme delle nostre coscienze e a richiamarci alla realtà di una piaga sociale da combattere: quella dei sedicenti cacciatori senza scrupoli, i bracconieri. Il gufo è stato ritrovato casualmente sulle alture di Imperia, colpito da una fucilata che ne ha lesionato l’ala sinistra. L’animale è stato conferito alla sede Lipu (Lega Italiana Protezione Uccelli) di Imperia, dove i volontari hanno prestato le prime preziose cure mediche e hanno provveduto alla sua alimentazione.
In un secondo tempo, il rapace è stato trasferito al Centro Recupero Fauna Selvatica di Tigliole, in provincia di Asti, per ulteriori e più approfondite cure mediche ed interventi chirurgici specialistici, volti a tentare, dopo un periodo di riabilitazione in voliera, una reimmissione dell’animale in natura.
Se le condizioni del rapace non dovessero migliorare e i tentativi di riabilitazione dovessero rivelarsi inefficaci, il maestoso rapace si vedrebbe costretto, grazie alla barbarie di un bracconiere, a vivere fino alla fine dei suoi giorni rinchiuso in una voliera. Spaziosa, se possibile, ma pur sempre una voliera. Il Gufo reale è la specie di gufo più grande, con un’apertura alare che va da 1,6 fino a 2,5 metri, per un’altezza che oscilla tra i 65 e gli 80 centimetri. Questi rapaci vivono ormai da anni in condizioni di precarietà a causa dell’aumento del territorio antropizzato.
Lo splendido gufo di Imperia è, purtroppo, l’ennesimo animale giunto al Centro Recupero della Lipu di Asti. Dall’inizio del 2017 gli animali protetti, vittime di bracconaggio, giunti al Centro sono stati dieci, oltre al gufo reale: tre poiane, due astori, due aironi cenerini, due sparvieri e un gheppio. Naturalmente non si contano quelli che sono stati portati via dai bracconieri, macabri trofei, e tutti quelli che sono stati feriti ma non hanno avuto la fortuna di essere trovati e soccorsi.
Fucili, archetti, reti, tagliole, roccoli e persino fumi di zolfo: sono questi gli «attrezzi» illegali che vengono usati per stanare e uccidere gli animali e che rendono l’Italia, ponte naturale tra Europa e Africa per le importanti rotte migratorie, una vera e propria “trappola diffusa” in particolare per gli uccelli. Tra le forme più diffuse e conosciute di bracconaggio, troppo spesso tollerate o protette da un diffuso atteggiamento di compiacenza e omertà, ricordiamo l’uccisione di piccoli uccelli per la preparazione di ricette locali nelle valli bresciane, in Veneto e in Sardegna; la cattura ad uso domestico e commerciale di piccoli uccelli canori con gli archetti, nelle valli alpine; la cattura dei passeriformi destinati ad essere utilizzati come richiami vivi.
Non meno gravi, le uccisione di istrici, spesso a colpi di bastone, nella Maremma toscana e laziale, per la preparazione di ricette locali; l’abbattimento di lupi e orsi per ritorsione ad ipotizzati danni, lungo tutto l’arco appenninico e sulle Alpi, l’uccisione di lepri e altri piccoli mammiferi, come ad esempio i ghiri, a fine culinario.
Cosa fare, dunque? Rieducarsi, informarsi ed educare. Domandarsi sempre qual è la provenienza di ciò che stiamo mangiando. E, soprattutto, sensibilizzare le nuove generazioni affinché i futuri uomini che cammineranno su questo pianeta lo faranno con passi sempre più leggeri e consapevoli.