Terreni in dono ai giovani contadini: un successo clamoroso!



di Francesco Bevilacqua.

Sono state tantissime le persone che hanno partecipato al bando "Antiche Terre, Giovani Progetti", con cui due coniugi hanno dato in concessione gratuita i loro terreni che non erano più in grado di coltivare. Ma questa modalità di assegnazione è piaciuta anche ad altri proprietari, che hanno contattato la coppia per mettere a disposizione i loro possedimenti ...

Alcuni mesi fa abbiamo parlato di "Antiche Terre, Giovani Progetti", l’iniziativa di due coniugi non più giovanissimi che possedevano dei terreni agricoli in Toscana e in Piemonte, di cui però non erano più in grado di occuparsi. Mossi dalla volontà di aiutare i giovani che volevano avvicinarsi all’agricoltura e, al tempo stesso, decisi a evitare che le loro terre diventassero incolte e abbandonate, hanno lanciato questa iniziativa.
Lo scopo? Individuare promotori di progetti innovativi e sostenibili a cui concedere in uso gratuito questi terreni.

A quasi due anni dal lancio dell’iniziativa, abbiamo parlato nuovamente con Lia, una delle promotrici. Come ci racconta, il successo è stato incredibile: c’è stato un grande riscontro da parte non solo di giovani con progetti agricoli virtuosi, ma anche di altri proprietari terrieri che volevano utilizzare le stesse modalità per assegnare i propri possedimenti. Nei prossimi giorni parleremo nel dettaglio di entrambi, presentando i neonati progetti agricoli e lanciando nuove call per l’assegnazione di altri terreni, sparsi in tutta Italia.


Quante sono state le richieste che vi sono giunte da quando il progetto è stato lanciato sino a oggi?

Il progetto è partito nei primi mesi del 2015 e da allora abbiamo ricevuto circa 650 richieste. Si è trattato soprattutto di giovani dai 20 ai 35 anni, disoccupati ma laureati in diverse discipline, e di alcuni cinquantenni o ultracinquantenni che hanno perso lavoro. Poche sono state le persone con istruzione bassa o media. Tutti si sono dimostrati desiderosi di un’opportunità.
Non abbiamo chiesto nessun requisito particolare se non la voglia di confrontarsi con una realtà lavorativa certo non facile. Le richieste sono state compilate sulla base di un modello di domanda preparato grazie alla collaborazione di un membro del Centro Studi Sereno Regis di Torino e inserito come allegato nel nostro sito. Ci hanno scritto non solo dall’Italia, ma dal Burundi, da New York, da Francia, Svizzera, Brasile e altri luoghi: erano persone emigrate desiderose di rientrare in Italia.


Ci puoi fare una breve panoramica dei progetti vincitori e spiegarci cosa vi ha convinto a scegliere loro?
Analizzate le domande per diversi mesi, abbiamo iniziato a prendere contatti con i ragazzi che ritenevamo più idonei a seguire il nostro progetto, ne abbiamo individuati uno per le terre in Toscana e tre per quelle in Piemonte. Per la Toscana, Federico ci è parso idoneo sia per i suoi titoli di studio, sia per i suoi intenti. La sua idea era quella di realizzare una fattoria didattica, sociale e biologica praticando la permacultura. Riguardo a questo metodo ci avevano scritto molti candidati, ma in più Federico desiderava contribuire a rivalorizzare la Maremma lavorando in collaborazione con le aziende agricole maremmane, i parchi, gli organi di gestione ambientale, nonché con le Università toscane di Siena, Pisa e Firenze. Io tengo molto a questa terra dove sono cresciuta e assistere al suo progressivo impoverimento e abbandono mi dispiace tantissimo, per cui l’idea di Federico mi è parsa particolarmente interessante. Inoltre l’intento era di fare della sua futura azienda un centro di recupero, valorizzazione e commercio di specie vegetali autoctone ornamentali e commestibili, domestiche e selvatiche, officinali e aromatiche ponendosi all’interno di una rete di imprese locali volte a collaborare tra di loro per la fornitura di beni e servizi. Questo spirito di collaborazione ci è particolarmente piaciuto in quanto lo riteniamo indispensabile per riuscire a progredire in un ambito così difficile.
Per quanto riguarda il Piemonte, l’idea di Simone e Luca ci ha attirato in quanto anche in questo caso si trattava di inserirsi nel territorio del Monferrato per valorizzarlo con attività inerenti a tale zona, in particolare la viticoltura e la produzione di vini di qualità. L’idea era quella di costituire un vigneto sperimentale per combattere la flavescenza dorata – che rappresenta un problema fitosanitario di primaria importanza nel panorama viticolo regionale – e di ristrutturare e riqualificare il cascinale esistente nel quale poteva essere realizzata una moderna cantina di vinificazione. Scriveva infatti Luca: “La realizzazione di una struttura con tutte queste caratteristiche potrebbe essere un atto di valorizzazione non solo per la borgata di San Desiderio, ma anche per tutto il territorio circostante. Pensare il ciclo produttivo aziendale non solo al servizio delle etichette della famiglia Rabezzana, ma anche al servizio della trasformazione di produzioni locali esterne all’azienda sarebbe di sicuro un’occasione di crescita territoriale. Offrire infatti un servizio di vinificazione conto terzi per i viticultori locali consentirebbe di preservare le tipicità territoriali che rischiano di scomparire con la politica delle cantine sociali e allo stesso tempo si garantirebbe la conservazione della biodiversità viticola”.
Si trattava inoltre di coltivare ortaggi e frutta secondo i dettami della permacultura e di intraprendere nella cascina ristrutturata una serie di attività socio/teatrali con l’intento di portare dinamismo culturale nel territorio e allo stesso tempo di incentivare le persone dei centri urbani prossimi a conoscere e visitare il patrimonio inestimabile della zona Monferrato già riconosciuto dal turismo straniero. Insomma anche in questo caso, come per la Toscana, veniva proposto un progetto di agricoltura sostenibile con particolare riguardo all’ambiente sociale ed economico circostante per contribuire alla sua riqualificazione e al suo sviluppo territoriale. I titoli di studio e l’esperienza lavorativa di almeno uno dei due ragazzi era l’assicurazione per un buon lavoro futuro.


Vi aspettavate che, oltre a giovani con progetti agricoli, vi potessero contattare anche altri proprietari che volevano seguire le vostre orme?

Sinceramente no, ma fin da subito si sono fatti vivi almeno in dieci. Uno dei primi è stato un signore campano, che ha già assegnato una parte delle sue terre a tre giovani. Sta anche pensando di trasformare la sua azienda individuale in una cooperativa e per questo è alla ricerca di giovani motivati e disposti a sperimentare l’idea. Un’occasione straordinaria per molti giovani di diverse specialità.
Anche la proprietaria di terre situate nei pressi di Terni ha individuato tre giovani da coinvolgere nel progetto.


Chi sono i nuovi proprietari che vi hanno contattato e perché hanno deciso di rivolgersi a voi?

Come indicato nel nostro sito appositamente messo in rete per questo progetto, altri proprietari si sono collegati con noi, sia perché la nostra notizia ha fatto il giro su moltissimi siti anche al di là delle nostre intenzioni, sia perché oggettivamente non è così facile reperire notizie in questo campo.  
In particolare, ci hanno contattato proprietari di terre situate a Capaccio, a 10 chilometri da Paestum, in provincia di Salerno, nelle vicinanze di Castelbuono e a Polizzi Generosa, in provincia di Palermo, un proprietario umbro che ha chiesto di rimanere anonimo a cui ho inviato alcuni nominativi di giovani che ci avevano scritto e – proprio in questi giorni – sto prendendo accordi con altri due proprietari, uno in Abruzzo ed uno in Toscana provincia di Grosseto.
Ad altri proprietari che volessero intraprendere la nostra strada ho più volte ribadito che – considerato anche che la vita è breve! – si possono ricavare vere soddisfazioni dal compiere qualche azione utile durante la propria esistenza! Seguire dei giovani che finalmente possono iniziare qualcosa di proprio invece di arrabattarsi continuamente tra mille lavoretti, dà fiducia a noi e a loro: il loro entusiasmo è contagioso! Oltretutto le proprie terre possono essere valorizzate invece che cadere in uno stato di abbandono: tenersi stretta tutta la “roba” – come ci ricorda il nostro Verga – in fondo non paga. Alla fine del contratto, se ci saremo ancora, potremo decidere di rinnovarlo oppure venderlo al giovane che lo ha coltivato o ancora riprenderlo in mano, salvo stabilire i compensi reciproci. Comunque sia il terreno avrà dato soddisfazioni a noi proprietari, che ancora non ce la sentiamo di abbandonare definitivamente le terre dei nostri genitori, e sicuramente a qualche giovane. Non ci rimettiamo niente, anzi! A noi di una certa età il compito di cercare di migliorare il futuro dei giovani, ai giovani quello di impegnarsi per il loro futuro.


Pensi che in futuro la modalità di assegnazione che avete ideato potrebbe o dovrebbe diffondersi sempre di più?

Sarebbe una buona cosa, è un modo per diffondere l’iniziativa e permette di conoscere direttamente le persone con le quali scambiare significative idee per lo sviluppo agricolo del nostro Paese, ma il problema diventa la gestione: se continuiamo così dobbiamo rimetterci a lavorare, sebbene in pensione! Per questo è bene che testate come la vostra ci aiutino, in fondo siete giovani anche voi!

Cosa può fare un giovane che vuole rispondere alla vostra chiamata?
Come indicato nel sito, può contattare direttamente il proprietario tramite e-mail e mettersi d’accordo. Noi che abbiamo già assegnato le nostre terre ormai facciamo solo da tramite. Sul sito compare anche una scheda che può essere utile, se richiesta dal proprietario, per specificare meglio il proprio progetto. Noi possiamo fornire consulenza assolutamente gratuita a quei giovani che volessero eventualmente fare domanda per i fondi regionali per l’agricoltura, in quanto mio marito si occupa di fondi europei per lavoro, l’abbiamo già fatto per i nostri ragazzi in Toscana e Piemonte.

Tratto da: http://www.italiachecambia.org/2017/05/terreni-dono-giovani-contadini/

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