di Alessandro Mortarino.
Ogni mattina “noi ambientalisti”, leggendo le cronache quotidiane locali o nazionali, veniamo presi dallo sconforto scoprendo che una nuova devastazione si è affacciata notte tempo. Una piccola o grande speculazione edilizia, una norma poco efficace o addirittura contraria al bene comune, un’autorizzazione concessa con leggerezza, un “buco” legislativo. Sempre, immancabilmente, ispirato dal dio denaro.
Commentando tra noi, lo sconforto è sempre pari alla rabbia di dover constatare che «è tutto sbagliato, tutto da rifare», mantra di Bartaliana memoria. Ma dobbiamo essere realisti: il cambiamento ha bisogno (purtroppo) di tempo. E qualche segnale deve insegnarci a non cedere alla voglia di abbandonare la battaglia, perché qualcosa (di buono) sta accadendo …
Non voglio certamente lanciare un editto positivista “malgrado tutto” né invitarvi a vedere solo il bicchiere mezzo pieno. Ma credo che occorra avere i piedi ben saldi sulla terra, quella terra che abbiamo scelto di voler difendere, tutelare, salvaguardare, custodire, proteggere.
Per molti lustri la “perdita di paesaggio” e l’inarrestabile consumo di suolo sono stati un tema appassionante di pertinenza di pochi, sempre gli stessi, una élite colta e autorevole ma poco seguita e ancor meno ascoltata.
Nel 2009 la nascita del Movimento nazionale Stop al Consumo di Territorio aveva determinato un primo cambio di paradigma avviando un percorso di “massa” tendente a un obiettivo chiaro e netto, che vedeva finalmente una Rete ampia, unita e diffusa sollecitare il passaggio all’azione per debellare un grave male della nostra società, poco compreso da cittadini e da amministratori: il consumo di suolo.
Nel 2011, poi, la costituzione del Forum nazionale Salviamo il Paesaggio, con le sue oltre 1.000 organizzazioni (nazionali e locali) aderenti, aveva ulteriormente amplificato il grido di dolore e di allarme: c’era (e c’è tuttora) un’emergenza e una risposta urgente da esprimere per correre ai ripari.
La richiesta era una sola, semplice e diretta: dotare il nostro Paese di una norma nazionale in grado di arrestare il consumo di suolo. Per aiutare i decisori a darne attuazione rapida, proponemmo lo strumento del “censimento del cemento” per far sì che in ogni Comune fosse palese e trasparente il dato sull’ammontare di abitazioni e capannoni esistenti ma vuoti, sfitti, non utilizzati.
Oggi sappiamo che finalmente (anche se con riluttanza evidente) nell’agenda delle priorità dichiarate dalla politica nazionale il tema del consumo di suolo è non soltanto entrato ma si è posizionato tra i gradini più alti.
E una recente sentenza del Consiglio di Stato, a proposito del Piano di Gestione del Territorio di Segrate (Milano), ci conferma quali sono le attività che comportano consumo di suolo, includendo nel concetto di superficie urbanizzata anche le aree non edificate presenti negli ambiti da trasformare ed eventualmente utilizzate per attrezzature di uso pubblico o a verde privato.
La Camera ha già approvato un testo, che ha vissuto un iter travagliato e lungo e, nell’arco di 4 anni, si è sbiadito progressivamente tanto da non trovarci favorevoli: non sarà una norma utile. Ma nel frattempo sarà (se il Senato la approverà, e su questo abbiamo le nostre perplessità …) una legge dello Stato, che si apre sancendo una verità apparentemente scontata (ma che scontata non è per la nostra legislazione): «contenere il consumo di suolo quale bene comune e risorsa non rinnovabile» e «il riuso e la rigenerazione urbana, oltre alla limitazione del consumo di suolo, costituiscono principi fondamentali della materia del governo del territorio».
Difficile – per noi – accontentarci. Ma la Storia è fatta di pietre miliari: spesso piccoli sassi capaci però di delimitare e indicare una strada.
E, oggi, anziché farci vincere dallo sconforto sempre in agguato e dal desiderio di auto confino tra le schiere delle élite, è bene osservare con il giusto distacco la situazione, spingere la leva dell’analisi corretta e passare all’azione successiva.
Due i passi, lenti ma inesorabili, che ora dobbiamo saper muovere.
Il primo è il passaggio dalla denuncia alla costruzione di un’ “altra urbanistica”, una disciplina che negli ultimi anni ci ha visto conquistare vittorie importanti in molte piccole/medie realtà comunali, con l’approvazione di Piani di Gestione del Territorio (o Piani Regolatori) a “crescita zero” o con varianti drastiche che hanno ridimensionato le possibilità edificatorie espansive.
La sfida entra ora nella sua fase più importante: le grandi metropoli.
Non sarà sfuggito a nessuno che i nuovi Assessori all’Urbanistica di Roma e di Torino si chiamano Paolo Berdini e Guido Montanari, entrambi tra i primi firmatari del manifesto fondativo del Movimento Stop al Consumo di Territorio e tra i principali ispiratori delle attività del Forum Salviamo il Paesaggio.
Poco deve importarci del “colore” delle due nuove Giunte, perché la nostra Rete era e resta estranea alle forze politiche e certamente ci avrebbe fatto piacere trovare Berdini e Montanari in due schieramenti non eguali. Ma, evidentemente, il sistema dei Partiti non ha ancora trovato il coraggio necessario per arrischiarsi a sposare il cambiamento e solo il Movimento 5 Stelle ha scelto le competenze necessarie per questo non semplice passaggio epocale. Non avranno vita facile, ma sappiamo che entrambi lavoreranno per il bene di Roma e di Torino e le loro azioni saranno la traccia operativa per una dilatazione accelerata del nostro mantra “arrestare il consumo di suolo”. Non semplicemente “contenere il consumo di suolo”.
Il secondo passo è il livello europeo. In Italia la nostra “spallata” è servita (sì, lo so: qui il bicchiere lo offro davvero mezzo pieno …) e ora “ci tocca” riprovarci su un territorio molto più ampio e con difficoltà ancora maggiori.
A settembre si avvierà una proposta d’iniziativa europea sul suolo, lanciata dalle organizzazioni italiane: People4Soil, una grande campagna, promossa da oltre 200 associazioni in tutta Europa, che ha l’obiettivo di affermare il ruolo determinante dei suoli nel creare le condizioni sociali, ambientali, sanitarie ed economiche in grado di risolvere realmente le enormi problematiche relative alla sicurezza alimentare, all’eliminazione della fame, al cambiamento climatico, alla riduzione della povertà e delineare i contorni di un equilibrato modello sostenibile, che al contempo salvaguardi il paesaggio e difenda i territori.
Il Forum Salviamo il Paesaggio è tra i principali promotori di questa ICE (iniziativa dei cittadini, cioè “dal basso”) ma la posta in gioco è altissima: occorre raccogliere le firme (sotto forma cartacea o elettronica) di almeno un milione di sostenitori in rappresentanza di almeno un quarto del numero degli Stati Membri (attualmente minimo sette). E l’Italia ha il compito di trainare tutti gli altri Stati con l’obiettivo di raggiungere almeno 55 mila sottoscrizioni, in poco meno di 12 mesi.
Un compito molto arduo, ma alla nostra portata.
Che possiamo raggiungere solo a una condizione: “dandoci dentro”, con tutta la nostra forza, con la certezza che le grandi conquiste costano sudore e richiedono tempi lunghi – lunghissimi – per manifestarsi.
Quindi niente sconforto: è il momento di “pestare” sui pedali con tutte le nostre energie perché il traguardo è sempre dinanzi a noi. Sembra irraggiungibile, eppure è davanti a noi.
Eduardo Galeano direbbe: «mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi. Cammino per dieci passi e l'orizzonte si sposta di dieci passi più in là. Per quanto io cammini, non la raggiungerò mai. A cosa serve l'utopia? Serve proprio a questo: a camminare» ...