E’ la prima giornata di sole di un giugno piovoso, ho appuntamento con un amico che mi ha promesso di mostrarmi dove vive. Siamo in bicicletta, partiamo e quasi subito ci fermiamo, il mio accompagnatore mi addita la collina ed il bosco, vorremmo addentrarci ma il terreno, reso fangoso dalla pioggia, non lo permette.
Allora decidiamo di fare un giro più ampio, imbocchiamo una via che si diparte da Corso Alba e ci ritroviamo in Valle San Pietro; subito a destra, un cancello e sul pilastro una scritta “San Jorio”: qui ci abitano i miei, dice la mia guida. Dall’altra parte della strada un bosco; “a chi appartiene questa proprietà ?”, non so di chi è si chiama “Il Chiossetto” , è la risposta. Mi viene in mente che recentemente ho letto qualcosa in proposito … ma cosa ? …
Si … in quella Villa del 1700 abitavano gli Artom, una famiglia di origine ebraica che tanto ha dato non solo alla città di Asti, ma anche alla scienza, alla Nazione, anche quando ancora era in embrione e si chiamava Regno Sardo-Piemontese; già, perché Isacco Artom fu il più valido e fidato dei collaboratori di Camillo Benso Conte di Cavour ed in questa veste partecipò all’elaborazione di tante delle tele che hanno reso famoso il “Tessitore”, ma fu anche ambasciatore e Ministro Plenipotenziario nelle trattative della Pace di Vienna del 1866 e fu ancora lui che ebbe l’incarico di convincere l’imperatore Francesco Giuseppe a non intervenire in caso di ingresso in Roma da parte degli Italiani, rivelandosi così il vero artefice di quella che passò alla storia come “La breccia di Porta Pia” (che sancì, come tutti ricordiamo, la fine delle guerre di indipendenza e realizzò l’unità d’Italia con Roma finalmente capitale del Regno).
Ma non basta; in quella villa, (che come ricorda uno degli ultimi Artom, Guido, nel suo libro “ I giorni del mondo”, viene inizialmente presa in affitto, per paura che col venir meno delle leggi Napoleoniche, potesse essere di nuovo loro sottratta) visse anche Alessandro, forse il più noto degli Artom, l’inventore, tra l’altro, del radiogoniometro, ed a cui è intestato l’Istituto Tecnico Industriale Statale cittadino, che devolvette allo Stato ogni compenso per tutti i suoi innumerevoli brevetti meritandosi per questo dal re Vittorio Emanuele III il titolo di Barone, di cui ancora oggi possono fregiarsi i suoi discendenti.
Mentre penso a tutto ciò, mi arriva la voce del mio amico, “questa è la Villa dei Montalcini”.
“Come, scusa, Montalcini chi ?” Domando …
“Della famiglia dei Levi Re Montalcini” e, quasi a prevenire la mia domanda, aggiunge: “anche di Rita … si, del Premio Nobel e senatore a vita”.
Ed allora eccomi venire in aiuto un altro libro prestatomi da un’amica, si tratta di: “Elogio dell’imperfezione”, sottotitolo “Una vita nella scienza: l’affascinante vicenda di una donna scienziato”, autrice la stessa Rita Levi Montalcini che, a proposito della villa Astigiana, scrive:
“Installai il mio laboratorio in un angolo della stanza adibita a camera da pranzo e ritrovo familiare” e poi spiega come utilizzasse per il pranzo le stesse uova che aveva privato degli embrioni per fare i suoi esperimenti scientifici … tempi duri, tempi di guerra, … non si buttava niente.
Dunque, il futuro Nobel per la medicina possiamo ben dire che ha il suo “embrione” proprio in questa villa astigiana.
Continuiamo la nostra passeggiata e ci fermiamo davanti ad un cascinale.
“Qui” mi dice il mio amico, “ha vissuto e lavorato il pittore astigiano Manzone e sempre qui- non di rado- si incontrava con il più famoso Guglielminetti, che abitava sulla collina di fronte ed anche da qui passava la Rita Levi Montalcini alla ricerca di uova per i suoi esperimenti”.
Poi una salita breve. ma ripida, durante la quale sorprendiamo un impaurito leprotto, ci porta ad affacciarci su Asti, da quello che è uno splendido balcone naturale; osserviamo a giro d’orizzonte: a sinistra la parte Ovest della città; i Comboniani, lo svincolo di Asti Ovest, il ristorante la Grotta; di fronte a noi l’Ospedale Nuovo, la Torre dell’acquedotto, e più vicini la Madonna del Portone, l’Aquilotto che sta alle spalle del palazzo della Provincia; più a destra la parte Est della città col ponte della ferrovia sul Tanaro, lo notiamo perché sta passando un treno, la tangenziale Sud, anche qui c’è del traffico … tra tutti un tir rosso, più vicino a noi l’orizzonte è chiuso da una bella villa ma facciamo ancora in tempo a scorgere il Torrazzo.
Torniamo leggermente indietro e imbocchiamo una discesa ripidissima che ci conduce sulla strada che, costeggiando la ferrovia, ci riporta verso la chiesa di corso Alba da cui siamo partiti, e, quasi alla fine della gita, ci imbattiamo in una casa sulla cui parete è incastonato quello che appare come l’arco a sesto acuto di un convento o di un edificio ecclesiastico sormontato da un angelo e più sotto da un leone alato; fuori c'è il proprietario. Gli domandiamo cosa sia e ci dice che sono i resti di un antico convento dedicato a San Bernardino e di cui, da qualche parte nella collina, dovrebbero esistere dei cunicoli che rappresentavano vere e proprie vie di fuga per i frati in caso di necessità; non sa dirci l’epoca della costruzione ma questo a noi non importa … o forse si !; … vuoi vedere che, magari, lavorando nella collina saltano fuori questi cunicoli e qualche sovrintendente blocca gli scavi ? … sarebbe un vero miracolo …
Già, perché per chi non lo avesse ancora capito stiamo parlando della collina di Vallarone, che verrà attraversata integralmente e nel senso della lunghezza dallo scavo del tunnel a doppia canna dell’eventuale Tangenziale Sud Ovest …
Ma questa collina che abbiamo aggirato e che ci si è presentata con Valle San Pietro, Villa San Jorio e ci ha salutato con San Bernardino, forse sarebbe il posto più giusto per un miracolo.
A me non resta che ringraziare il mio amico ed accompagnatore e Rita, è un omonima, che mi ha prestato i libri indicandomi i passaggi interessanti ed interessati per questa gita; ed invitare chi lo volesse, Domenica 29 giugno alle ore 16,00 davanti alla Chiesa del quartiere di Corso Alba da dove partiremo a piedi per rifare questa passeggiata. Avremo modo di gustare l’ospitalità di questa collina e di ascoltare dalla viva voce di alcuni dei co-protagonisti alcune di queste tante e - lasciatemelo dire - belle storie.