di Roberto Borri.
Su molte testate, compreso il quotidiano La Stampa, che pubblica la notizia nel numero di venerdì 5 febbraio, a pagina 51, compaiono articoli dedicati al treno che torna a solcare i binari della linea Ceva – Ormea, sulla quale il servizio viaggiatori è stato sventatamente sospeso da parte di una delibera regionale quanto meno discutibile nell’ormai lontano 2012. Inoltre, sul Vostro sito, è comparso un interessante articolo a firma Alessandro Mortarino sulla ferrovia Asti-Castagnole, anch’essa vittima delle ire di quell’infausta delibera ...
Va da sé che il ritorno del treno su di una linea è un fatto positivo, da accogliere con doveroso plauso, tuttavia la linea, al pari di molte altre, è stata oggetto di progressivi depauperamenti all’impiantistica, i quali hanno portato una tratta nata e concepita addirittura per il servizio internazionale – era, infatti, previsto il proseguimento verso la Francia attraverso Pieve di Teco, Imperia e Ventimiglia, ma è stato poi preferito il corridoio del Tenda – ad un vero e proprio budello, per non parlare della pessima programmazione del servizio, che pareva essere concepito appositamente in maniera tale da scoraggiarne l’impiego da parte dei viaggiatori, creando così le condizioni per poter dichiarare un’affluenza talmente scarsa da proporne la sospensione e la conseguente sostituzione con autoservizio.
Il quale, oltre ad essere soggetto alle condizioni meteorologiche avverse ed alle perturbazioni del traffico, non assicura né la sicurezza, né la comodità, né la velocità proprie della ferrovia; inoltre, non ostante la trazione termica, resasi necessaria dall’improvvida mancata conversione a corrente continua nel 1973, allorquando si decise di eliminare la trazione trifase anche dalla Savona – Torino (via Fossano e via Bra), il treno può contare comunque su di un vantaggio anche dal punto di vista ecologico, grazie alla marcia più fluida su sede propria ed alla capacità di trasportare un numero maggiore di viaggiatori a parità di dispendio energetico.
Da più parti sono state riportate voci che giudicano troppo onerosa la ripresa di un servizio pubblico regolare, ma occorre osservare che l’autoservizio ha dei costi diretti ed indiretti e non è affatto gratuito; occorre, invece, riorganizzare il sistema dei trasporti: nella vicina Svizzera, ad esempio, è stata vietata l’istituzione di autoservizi paralleli alla ferrovia, a meno che non si tratti di zone ad alta densità abitativa, con esigenze di raccolta e distribuzione dei viaggiatori tra le stazioni, mentre sono potenziati quegli autoservizi che, a pettine, si diramano dalla ferrovia per servire località non servite dal treno o dagli impianti a fune.
Non servirebbe un orario denso e cadenzato, ma poche coppie al giorno, una o due delle quali proseguite su Cuneo: la popolazione dovrebbe battersi con ogni mezzo per esigere dalla Pubblica Amministrazione quanto rientra nei suoi compiti per servire i suoi cittadini. È altresì doveroso rammentare che l’alta Val Tanaro è costellata di stabilimenti industriali di varie dimensioni, ancorché la gloriosa cartiera di Ormea sia (fisicamente!) emigrata altrove e punti di attività estrattiva: trattasi di realtà che ben potrebbero giovarsi del treno per il trasporto delle merci.
Il discorso potrebbe essere parimenti trasferito ad altre aree geografiche dove i nostri padri, duramente lavorando, hanno fatto sì che la popolazione potesse sfruttare gli indubbi vantaggi offerti dalla ferrovia, che, all’epoca, rappresentava la punta di diamante dell’innovazione in fatto di tecnica dei trasporti: tra queste aree, rientra o, meglio, spicca il Monferrato, recentemente incluso dall’UNESCO nel patrimonio mondiale dell’Umanità. Come noto, l’infausta delibera del 2012 ha portato alla sospensione del servizio ferroviario su tre linee direttamente afferenti alla Città di Asti: una proveniente da Chivasso, il che rappresenta una parte di un collegamento tra la Valle d’Aosta ed il Mar Ligure, attraverso la linea del Turchino (quest’ultima penalizzata dall’assenza di un servizio festivo tra Acqui Terme ed Asti, ancorché, nei giorni feriali, ci sia un ridondante servizio cadenzato orario con quindici coppie) senza impegnare il nodo di Torino; una proveniente da Casale Monferrato; ed una proveniente da Cavallermaggiore, Bra, Castagnole Lanze e Nizza Monferrato, rappresentanti non solo collegamenti con le colline delle Langhe e del Monferrato, ma anche importanti tasselli di un percorso che permette dalla Costa Azzurra di raggiungere Milano o la media Valle Padana attraverso Cuneo, anche questa volta senza impegnare il già congestionato nodo di Torino. La situazione si potrebbe schematizzare nel grafico sottostante:
Anche su queste linee è indubbia la valenza di treni speciali organizzati con finalità turistiche, ma, qualora si desiderasse veramente sviluppare il turismo, sarebbe necessario tornare quanto prima all’istituzione di un servizio regolare che non sia limitato agli spostamenti di prossimità e che consenta ai turisti desiderosi di muoversi in autonomia di adoperare il mezzo pubblico, come possibile in altre Nazioni dove residenti e turisti, viaggiatori abituali ed occasionali, sono ben avvezzi all’impiego dei servizi pubblici, che vedono nel treno il protagonista della mobilità terrestre, utilizzando, con giudizio, l’autovettura quando ve ne sia effettiva necessità.
Anche alla luce dei recenti cambiamenti climatici, che hanno visto il susseguirsi di ordinanze volte, giustamente, a limitare il traffico privato, oggi, più che mai occorre pensare ad un uso più intenso della ferrovia, senza limitarsi a sporadici treni, che, peraltro, possono avere il loro posto d’onore quale veicolo promozionale per il territorio, per le sue bellezze paesaggistiche, per i suoi beni culturali e per i suoi prodotti.
Lo stesso dicasi sul fronte del trasporto delle merci, troppo spesso affidato ad una pletora di autocarri, che si muovono anche su lunghe e lunghissime percorrenze, anche quando l’origine e la destinazione delle merci si trovano a minima distanza dalla ferrovia, ma menti per nulla illuminate hanno smantellato la quasi totalità degli scali merci, ivi compreso quello di Asti e riducendo al lumicino anche l’attività di una struttura dalle notevoli potenzialità come quella di Alessandria.
Auspichiamo che la rivalorizzazione turistica sia solo la scintilla per il rilancio del treno quale cardine dei trasporti terrestri.