di Alessandro Mortarino.
Le colline del Monferrato, del Roero e delle Langhe da molti anni, e ben prima che il percorso di candidatura a "patrimonio dell'umanità" iniziasse, rappresentano una attrazione fatale per le sensibilità di persone e famiglie di tutto il mondo che hanno finito per scegliere il nostro territorio non solo come meta turistica, ma addirittura lo hanno eletto a loro luogo di vita e di residenza. Svizzeri, tedeschi e olandesi dapprima. Oggi anche inglesi, scandinavi, statunitensi e cinesi. Tra loro spicca la storia di Maria Evi Volpato e di Karl Goran Karlsson, due ex colleghi svedesi che hanno scelto un "Bricco" di Nizza Monferrato per trasferirsi, avviare un agriturismo e progettare un suggestivo recupero architettonico che prevede anche la parziale demolizione di un antiestetico capannone ...
Il "colpo di fulmine" per il signor Karlsson scocca circa 15 anni fa, quando un amico italo-svedese lo accompagna per la prima volta in quelle terre: è amore a prima vista. Un amore che si moltiplica man mano che la relazione con la cultura, il paesaggio e la gente nicese si fa più stretta e che spinge Maria Evi e Karl Goran, dopo una comune lunga esperienza di lavoro internazionale prima e all'interno della compagnia aerea scandinava di base a Milano poi, ad acquistare assieme casa a poche centinaia di metri dalla graziosa chiesetta del Bricco Cremosina, parte privilegiata della core zone Unesco "Nizza e la Barbera". Dove, progressivamente, prenderà forma l'agriturismo "Albarossa", dal nome di uno dei frutti di questa terra generosa. "Albarossa" è, infatti, un vitigno a bacca nera ottenuto dall'incrocio di Barbera e Nebbiolo di Dronero intorno agli anni '30; un nome semplice in grado di racchiudere i valori dell'appartenenza a questo luogo: la tradizione, la conoscenza regalata dal passato, la fantasia ed il carattere del territorio.
L'agriturismo è ora in funzione e lo scorso anno ha anche ospitato un importante convegno di economia politica a livello internazionale e diversi meeting di aziende svizzere, svedesi, norvegesi. Naturalmente, l'amore per la terra del Monferrato ha ridato vita alla produzione vitivinicola, Albarossa in primis.
Il recupero della struttura è, come tutte le storie di ristrutturazioni rurali, una storia di sentimenti e di visioni ed ha il suo culmine con la caduta di una parte del vecchio tetto causata delle abbondanti nevicate del 2001-2002. E' in questo momento che viene deciso di progettare la ristrutturazione della cascina cercando di mantenere quanto più possibile della vecchia struttura, a cominciare dai vecchi travi di legno e dai mattoni a vista. Nulla viene alterato dell'antica facciata, anche se qualche modifica architettonica l'avrebbe probabilmente resa ancor più bella.
La proprietà ha però un evidente grande neo: un "ingombrante" capannone prefabbricato di circa 500 mq., retaggio degli anni '80 e ormai abbandonato e privo di utilità. Una specie di grande punto interrogativo sospeso nel cuore dell'agriturismo.
Vengono quindi ipotizzati diversi progetti per mascherarlo, ma nessuno di questi convince i neo proprietari che ritengono incongrua l'idea di armonizzare "per forza" la struttura recente con la parte dell'edificio più antica e naturalmente integrata con l'ambiente circostante.
Così nasce il dialogo con i giovani architetti Andrea Cappellino e Giuliano Gianuzzi e la paesaggista Veronica Evelina Ragogna, con i quali sviluppano un nuovo progetto incentrato sul pieno recupero dell'area attraverso la demolizione di una ampia parte del prefabbricato e un'opera di mitigazione del resto dell'edificio attraverso l'utilizzo di intonaci cromaticamente assimilabili alle sfumature della terra, pannelli in rami di nocciolo, arbusti locali, pioppi e rampicanti.
Come spesso accade, la scelta coraggiosa dei proprietari di demolire e recuperare è da leggere come un preciso suggerimento per chiunque abbia a cuore la vera salvaguardia del nostro paesaggio; un messaggio che arriva da fuori, da chi ha scelto di essere parte di un territorio. E che dovrebbe diventare patrimonio di chi, invece, in un luogo ci è nato e non ha ancora imparato ad usare gli occhi della mente e del cuore ...
Gli interventi di demolizione, spesso, sono stati considerati una sorta di tabù all'interno delle nostre comunità locali, ma negli ultimi anni iniziano ad essere presi in considerazione come chance progettuali e soluzioni paesaggistiche, di cui finalmente possiamo non più vergognarci: non si tratta di "sprecare la roba", come si potrebbe dire rubando le parole delle narrazioni fenogliane, ma al contrario di far prevalere il piacere della bellezza.
Come sostiene il prof. Marco Devecchi, presidente dell'Ordine dei Dottori Agronomi astigiani, siamo nel pieno di «una fase storica che potremmo definire come del "Restauro del Paesaggio", da un punto di vista teorico ma anche da quello pratico ed applicativo, con significative analogie con il restauro dei beni culturali, tanto che entrambe le entità - paesaggio e patrimonio storico e artistico - costituiscono sempre più un insieme inscindibile. La conoscenza di un monumento o di un oggetto d’arte non può essere disgiunta dalla comprensione dei caratteri storici del territorio di cui essi sono parte integrante e, analogamente, ogni territorio non può essere apprezzato per le peculiari valenze paesaggistiche, se non in virtù delle stratificazioni storico-culturali accumulatesi nel tempo. Il paesaggio, purtroppo, anche nella realtà astigiana, è stato esposto, a partire dalla seconda metà del secolo scorso sino ai giorni nostri, a trasformazioni e forti pressioni omologatrici, a fenomeni di disordine edilizio e di commistione caotica tra edificato e coltivato, offuscando specificità ed eccellenze, tanto da rendere irriconoscibili molti paesaggi storici, costruitisi nel corso di molti secoli. Per tali ragioni appare ineludibile la necessità di una edificazione quanto più possibile discreta, evitando stili, tipologie e volumi del tutto dissonanti rispetto al contesto locale. Occorre, in altri termini, che il paesaggio diventi l’elemento essenziale di un’economia fortemente legata al territorio, avendo anche il coraggio per talune realtà di demolire».
La demolizione avverrà in primavera e ci auguriamo porti con sè molti fiori ...