Iniziamo con le nostre aggiunte.
Al primo punto non possiamo fare a meno di partire dal tema (per noi essenziale) della partecipazione democratica alle decisioni strategiche.
E, per integrare, un richiamo (forte) alla tutela delle risorse idriche.
Incentivazione dei processi di Partecipazione Democratica
Quella che viene attualmente definita come “crisi della politica” è, in realtà, il principale richiamo ad un nuovo modello di coinvolgimento dei cittadini alle scelte e decisioni.
Che cos'è la Partecipazione Democratica ? Tutte quelle politiche che mirano a coinvolgere Enti locali, associazioni, cittadini nell’ambito dei processi decisionali di governo del territorio. Stiamo, dunque, parlando di processi decisionali inclusivi che non hanno l’obiettivo di soppiantare le regole della democrazia rappresentativa bensì quello di potenziarne alcune sue caratteristiche, tra cui la vicinanza, in termini di confronto e linguaggio, tra coloro che prendono le decisioni e la comunità amministrata; la conoscenza diffusa e dettagliata delle esigenze e delle risorse che un territorio esprime; il dialogo aperto tra i rappresentanti eletti con i cittadini e il coinvolgimento civile di quest’ultimi che garantisce un maggiore senso di responsabilità nei confronti della collettività.
I modelli di partecipazione democratica, quindi, non prescindono dal rispetto delle istituzioni e delle leggi vigenti bensì sono rivolti a migliorare la capacità del sistema rappresentativo di dare voce a tutte le istanze che compongono lo spettro di una problematica.
Tanto meno si tratta di concedere una delega in bianco alla popolazione sulle questioni che la politica ritiene essere troppo spinose, perché, in realtà, si tratta del contrario: di una maggiore responsabilità in capo ai “decisori” e agli apparati burocratici, scaturita dal mettersi in costante discussione anche quando il dibattito lambisce le questioni strettamente legate al gioco delle parti della politica.
Un processo è realmente democratico se tutte le parti in gioco partecipano alla discussione all’interno di un contesto univoco, riconoscibile e scandito temporalmente. Nel caso contrario, qualora i soggetti siano chiamati ad intervenire in momenti distinti, sotto vesti diverse, il rischio è la strumentalizzazione dell’opinione pubblica, che senza confronto dialettico può trasformarsi in un’arma plebiscitaria, per far approvare o dissentire su questioni già elaborate in altre sedi.
Uno degli aspetti che caratterizzano un sistema democratico “partecipativo” è la comunicazione, intesa come strategie di sviluppo delle relazioni con la cittadinanza. Se tenuta in considerazione, essa è un fattore discriminante nell’informazione, nei media e nelle relazioni tra i soggetti. Non va confusa con la pubblicità, che rappresenta solo una piccola parte del discorso, ancor meno con la propaganda, poiché chiama in causa i soggetti piuttosto che il messaggio.
All’interno di un modello democratico partecipativo la comunicazione è caratterizzata dall’interattività: dall’apertura di un canale di scambio (fisico e virtuale) e dalla predisposizione di regole e garanzie che mantengono in contatto i soggetti dentro un rapporto di fiducia. La comunicazione è, ormai, entrata nel vocabolario della PA ma non ha ancora permeato il modo in cui i soggetti interagiscono con le istituzioni, ancora troppo impersonale e burocratizzato, mentre gli strumenti informativi come i siti web istituzionali riflettono l’Ente in maniera autoreferenziale invece di offrirsi come “finestre” sul Territorio.
Salvaguardia della risorsa “Acqua”.
Preoccuparsi di uno dei più essenziali elementi dell’esistenza degli uomini e della natura, significa preoccuparsi di una priorità assoluta troppo spesso “dimenticata” dalle pubbliche amministrazioni. Tre sono gli aspetti che ci preme sottolineare:
• Innanzitutto, la situazione del patrimonio idrico astigiana rispecchia profondamente la grave situazione di crisi in cui versano tutti i fiumi del nostro paese e, più in generale, di quelli di ogni angolo del nostro pianeta. Nonostante l’ultimo Inverno sia stato maggiormente prodigo di precipitazioni rispetto all’anno precedente, la situazione segnalata da un recente studio di Coldiretti indica che, a livello nazionale, l’agricoltura inizia la primavera con il 27% di acqua in meno rispetto alle condizioni normali. Si tratta di una condizione che può generare notevoli problemi nei prossimi mesi; con l’inverno caldo e siccitoso si è sciolta la neve in montagna - che è una importante riserva idrica - mentre le affluenze del Po, nonostante siano superiori a quanto segnato negli scorsi periodi di crisi, sono comunque circa la metà della media storica. La tutela del Tanaro, dei suoi affluenti e di tutti i corsi d’acqua deve essere considerata una priorità locale e nazionale. E la moderna agricoltura dovrà – da oggi stesso – rivedere le sue regole ed i suoi modelli.
• Alla luce di quanto l’IPCC ha scientificamente sentenziato a proposito del cambiamento climatico e dell’innalzamento delle temperature, risulta sempre più necessario che la risorsa acqua torni ad essere considerata un diritto assoluto e non una “merce”. A questo proposito, lo scorso anno era stata promossa a livello nazionale una proposta di legge d’iniziativa popolare per la totale ri-pubblicizzazione degli acquedotti italiani. Lo scorso Luglio furono consegnate oltre 406mila firme di cittadini italiani - a sostegno della legge popolare - a mani del presidente della Camera, ma lo scioglimento del Parlamento ha interrotto l’iter di discussione della proposta che ha visto l’adesione ufficiale, formale e piena anche di oltre 3mila cittadini astigiani e di alcuni Enti locali: la Provincia di Asti, l’Autorità d’Ambito Idrico Ato 5 Astigiano-Monferrato, il Consorzio dei 101 Comuni dell’Acquedotto del Monferrato, i Comuni di Castello di Annone e Canelli, l’Ente Parchi astigiano. Riteniamo indispensabile che la prossima amministrazione provinciale confermi la sua adesione alla proposta d’iniziativa popolare e provveda con forza a sostenere ed incentivare la corretta ripresa del suo percorso deliberativo parlamentare e la sua conversione in Legge.
• In modo sempre più insistente, si parla della “convenienza” di favorire un accorpamento fra tutte le multiutility del nord/centro Italia per costituire un gestore u-nico (in forma di SpA e quotato in Borsa) erogatore di energia, gas, acqua … Ciò significherebbe allontanare sempre più dal territorio la gestione dei Beni Comuni naturali primari e trasformarli da diritti essenziale a pura merce, pertanto un grosso pericolo per tutte le nostre comunità.
Ed ecco, ora, gli ottimi otto punti proposti dal Comitato Difesa Valle Tanaro.
1. Rifiuti: no all’inceneritore, sì a una politica forte di riduzione
La recente proposta del Sindaco di Asti di costruire un inceneritore in città appare priva di ragioni. Infatti, se si decidesse che è necessario (ma è tutto da dimostrare) costruire un nuovo inceneritore per le 6 province piemontesi – tutte tranne Torino e Cuneo – consorziate nell’ATO 2, scegliere Asti significherebbe penalizzare la provincia più virtuosa, visto che nel 2006 è stata in Piemonte quella con la minore produzione di rifiuti per abitante (426 kg contro i 522 kg della media regionale) e secondo le previsioni della Regione, alla fine del 2012, quando la raccolta differenziata dovrà raggiungere per legge almeno il 65%, sarà la provincia piemontese con la più bassa quantità di rifiuti disponibili per la termovalorizzazione. Ricordiamo che un inceneritore di rifiuti genera un impatto sulla salute umana, ha costi ingentissimi, produce scorie per le quali è necessaria una discarica apposita, e ha un ciclo di vita di circa 25 anni: ciò significa che se, come è probabile, fra qualche anno la quantità da bruciare prodotta dalle 6 province non basterà ad alimentare l’impianto, occorrerà importare rifiuti da altre regioni o dall’estero.
Per ridurre nel breve periodo i rifiuti si può e si deve ancora fare moltissimo: in primo luogo, se si punta sul sistema porta a porta, la raccolta differenziata può in pochi anni superare abbondantemente il 65%, come già ora accade in diversi Comuni astigiani. In secondo luogo, occorre invertire la tendenza alla crescita nella produzione di rifiuti urbani, che, ad esempio, dal 1999 al 2006 è passata in Piemonte da 464 kg a 522 kg per abitante, e nell’Astigiano, dai 412 kg del 2000 ai 426 del 2006. La causa più evidente di questa continua crescita è l’aumento degli imballaggi, per cui è prioritario avviare una politica che incentivi le imprese a ridurli e la distribuzione commerciale a vendere dove possibile la merce sfusa e in vuoti a rendere.
2. Ad Asti un polo avanzato di ricerca sui rifiuti
In Italia, e non solo, manca un polo di ricerca integrato che ponga al centro delle proprie indagini la gestione e riduzione dei rifiuti, analizzando l’intero ciclo di vita dei prodotti, dalla loro progettazione al loro riutilizzo o recupero finale. Solo attraverso ricerche che affrontino la questione rifiuti nella sua globalità, facendo dialogare discipline come l’ingegneria, la biologia, la scienza dei materiali, l’economia e il diritto, è infatti possibile abbandonare in maniera definitiva un modello di produzione e di consumo ormai insostenibile.
Questo centro di ricerca dovrebbe collaborare con le aziende e le amministrazioni pubbliche per individuare soluzioni ottimali a problemi come i seguenti: come estrarre nel modo più ampio ed efficiente materiali dai rifiuti; come impiegare nel modo tecnologicamente migliore questi materiali; come inserirli in un circuito economico stabile e articolato; come progettare prodotti che garantiscano un uso duraturo e possano essere interamente recuperati e riciclati; come organizzare processi di lavorazione che comportino il minimo impatto in termini di sprechi e di rifiuti. Riteniamo che la Provincia dovrebbe farsi promotrice di una proposta innovativa di questo tipo, che sarebbe utile per tutta la comunità nazionale e potrebbe concentrare su Asti consistenti finanziamenti, assicurarle un importante ritorno di immagine e generare un elevato numero di posti di lavoro altamente qualificati.
3. Controllare le attività potenzialmente inquinanti comprese le cave, e studiare la possibilità di un’area naturalistica lungo il Tanaro
A tutti gli organismi preposti (compresa la Provincia, il cui ruolo autorizzativo e/o di sorveglianza è spesso molto rilevante) chiediamo di svolgere attenti e puntuali controlli sulle lavorazioni potenzialmente dannose per l’ambiente e la salute e, dove necessario, di attuarne una pianificazione adeguata. A questo proposito facciamo due esempi.
1) Le attività della Magifer, azienda di recupero e smaltimento rifiuti situata nel territorio di Costigliole al confine con quello di Castagnole Lanze, hanno destato un certo allarme tra gli abitanti della zona. Chiediamo perciò che siano monitorate al meglio.
2) Le cave lungo il Tanaro devono operare obbedendo a criteri e controlli rigorosi, in termini di autorizzazioni, di quantità estratte, di profondità dello scavo e di materiale usato per il riempimento. A questo proposito, il progetto PRUSST, che prevede fra l’altro nuove cave a Cascina Luisa nel Comune di Castagnole Lanze e vincola le ditte di estrazione a riqualificare successivamente le aree creando laghi e boschetti, dovrà essere valutato con grande attenzione, per verificare che si inquadri correttamente nel Piano cave provinciale in elaborazione e che le promesse di una seria e duratura riqualificazione siano davvero credibili. Di più: questo intervento potrebbe essere il punto di partenza per trasformare, in tutto o in parte, la sponda del Tanaro da Motta a Neive in un’area protetta (o in una vera e propria riserva naturale) che preservi l’ecosistema fluviale e lo renda davvero fruibile alla popolazione locale e ai turisti.
4. Tutelare concretamente il paesaggio
Se una comunità rispetta il paesaggio, cioè quel bene comune costituito dall’insieme delle caratteristiche osservabili del territorio, arricchisce la propria vita, attrae il turismo e qualifica l’immagine delle produzioni locali. Preservare e migliorare il paesaggio significa dunque tutelare le colture tradizionali, i boschi e la biodiversità, e passare dalla logica della cementificazione selvaggia a quella, dove possibile, del reimpiego e del miglioramento dell’esistente. Ecco alcune azioni da porre in atto: istituire ulteriori aree protette, incoraggiare i Comuni ad aumentare l’ICI su alloggi e capannoni vuoti e a diminuirla su quelli utilizzati, porre criteri precisi per un armonioso inserimento delle costruzioni nel paesaggio, fissare indici di cubatura massima sopportabili da ciascuna area, puntare sulla costruzione di cantine interrate, mascherare con alberi e siepi i capannoni e le opere impattanti (come il tristemente famoso viadotto ferroviario di Valle Tanaro), alberare i parcheggi pubblici e commerciali. La fruizione della natura e del paesaggio può inoltre essere promossa con semplici accorgimenti come la valorizzazione dei sentieri percorribili a piedi e in bicicletta, per la quale le province potranno accedere ai finanziamenti del nuovo Programma di sviluppo rurale regionale. A livello istituzionale, ciascun Comune o Unione di Comuni dovrà dotarsi della Commissione per il paesaggio prevista dal Codice per i Beni Culturali ed il Paesaggio.
5. Sì a un collegamento veloce tra Sud Astigiano e nuovo ospedale di Asti, valutando però seriamente le varie opzioni
La tangenziale Sud-Ovest proposta da Comune e Provincia di Asti dovrebbe collegare l’autostrada Asti-Cuneo con il casello Asti Ovest dell’autostrada Torino-Piacenza e con il nuovo ospedale. Il progetto, che non si basa su alcuno studio dei flussi di traffico e del rischio geologico, avrebbe però un costo altissimo (209 milioni di euro: ben 35 milioni al km) e un impatto ambientale e paesaggistico enorme: prevede infatti due lunghi viadotti, uno dei quali sull’area umida di Belangero dichiarata sito di interesse comunitario per il suo valore naturalistico, e un tunnel sotto la collina di San Pietro; la sua costruzione comporterebbe inoltre un aumento dell’11% del futuro pedaggio dell’Asti-Cuneo.
Appare perciò urgente esplorare in maniera approfondita le alternative, che consistono nella realizzazione di un raccordo con l’ospedale sull’autostrada Torino-Piacenza e nel progetto di strada lungo il Borbore elaborato dal Comune di Asti nel 2003 e poi rinnegato, un collegamento che fra l’altro costerebbe meno di un terzo della tangenziale (65 milioni di euro: 11 mi-lioni di euro al km), permetterebbe un numero maggiore di svincoli con la viabilità urbana, raggiungerebbe a sua volta il nuovo ospedale e causerebbe danni molto minori all’ambiente e al paesaggio.
6. Un Piano energetico provinciale democratico e amico del clima e dell’aria
L’amministrazione provinciale uscente ha avviato la fase di studio che dovrà portare al Piano energetico provinciale: chiediamo che tutte le parti interessate, e dunque anche le associazioni e i Comitati ambientalisti, siano coinvolte nell’individuazione dei principi generali e nella elaborazione del Piano, anziché essere consultate soltanto nella fase conclusiva del processo. Per le sue caratteristiche, l’Astigiano appare un territorio ideale per realizzare una microproduzione diffusa (per sua natura più “democratica”) di energia, composta da una rete di impianti di piccole dimensioni alimentati da fonti rinnovabili, prime fra tutte il solare fotovoltaico, il minieolico, il mini-idroelettrico e il biogas. Per quanto riguarda il riscaldamento degli edifici un’attenzione privilegiata andrà riservata alle pompe di calore geotermiche. Le iniziative già avviate per promuovere il ricorso a fonti rinnovabili e il risparmio energetico vanno dunque proseguite e rafforzate, promuovendo fra l’altro un piano coordinato di interventi sugli edifici pubblici (comprese le scuole) e sul sistema di illuminazione pubblica.
7. Educare all’ambiente e creare un museo ambientale interattivo
Tutte le azioni di tutela e miglioramento ambientale devono accompagnarsi a una sistematica azione educativa, allo scopo di accrescere le informazioni e la sensibilità verso questi temi. La Provincia può fare molto in questo senso, avviando o incentivando, nei confronti del pubblico generale e degli studenti, iniziative di educazione al risparmio energetico, alla gestione dei rifiuti, al rispetto del paesaggio, alla salute, all’alimentazione e al corretto comportamento stradale. Nelle scuole tutto ciò dovrebbe avvenire anche mediante lezioni e laboratori condotti da esperti esterni, e mediante il coinvolgimento in progetti incentrati su realizzazioni concrete. Inoltre, con risorse contenute si potrebbe creare ad Asti un museo interattivo di educazione ambientale, che in altre realtà ha già dimostrato di poter diventare un importante catalizzatore delle iniziative a favore dell’ambiente.
8. Formazione per gli amministratori comunali
Infine, secondo la proposta contenuta nella lettera aperta inviata nell’agosto scorso da esponenti di numerose associazioni ambientaliste (compresa la nostra) agli amministratori pubblici astigiani, proponiamo che la Provincia, attraverso il proprio Ufficio per i rapporti con gli Enti Locali, organizzi su base stabile corsi e seminari per i sindaci, gli assessori e i consiglieri comunali, su tutte le questioni di pertinenza dei Comuni e dunque non solo su temi ambientali. Corsi agili, informativi e di taglio pratico, che permettano anche un utile scambio di esperienze fra i vari Comuni: non un obbligo, né un “corso di recupero” punitivo, bensì un diritto fondamentale che la Provincia è tenuta a garantire, in modo da aiutare gli amministrato-ri pubblici a svolgere al meglio compiti che si fanno via via più complessi e delicati.